Più si avvicinano le elezioni del 5 novembre per il presidente degli Stati Uniti, più i democratici sono preoccupati del fatto che l’America potrebbe essere meno pronta di quanto si possa immaginare ad essere guidata da una donna. Almeno i maschi americani, stando al sondaggio pubblicato da New York Times/Siena College, secondo il quale Donald Trump ha un consistente vantaggio su Kamala Harris, 51% a 40%, tra gli elettori uomini a livello nazionale.
Barack Obama, dalla Pennsylvania, prima tappa del suo tour elettorale negli stati chiave, ha rivolto ai ‘fratelli” afroamericani che non mostrano interesse e entusiasmo forse perché, ha detto chiaramente l’ex presidente, “non piace loro l’idea di una donna presidente”, puntando il dito contro gli afroamericani che non hanno mostrato lo stesso entusiasmo per la donna in corsa, accusandoli di tradire il loro stesso sangue. L’energia e la partecipazione che la comunità nera aveva dimostrato per lui nelle elezioni del 2008 e 2012 sembrano scomparse con la discesa in campo della Harris.
«Stai davvero pensando di restare a casa o di appoggiare qualcuno come l’ex presidente Donald Trump, che ha una lunga storia di denigrazione? Pensi che sia un segno di forza? Che essere un uomo significhi sminuire le donne?», ha affermato con forza, in un discorso che sapeva più di rimprovero che di incoraggiamento. E qui l’affondo: «questo non è accettabile», chiunque non supporti Harris – implicitamente chi sceglie Trump – è colpevole di una sorta di tradimento culturale, come se l’unico criterio di valutazione fosse il genere o l’origine etnica.
Obama, anziché promuovere un voto basato su idee e programmi, traccia una pericolosa linea di demarcazione etnica tra elettori, tra chi “può” votare per Harris e chi non “deve” appoggiare Trump. Il voto è un diritto costituzionale che appartiene a ogni individuo, indipendentemente dall’origine o dal genere. Etichettare il sostegno afroamericano come un dovere verso una candidata solo perché condivide una parte di identità culturale non è solo limitante, è offensivo.
Ma Obama non è l’unico a sfruttare questa narrativa. «Ricorda che sei stato cresciuto da una donna nera forte, una donna che si è presa cura di te, ti ha nutrito e ti ha dato un’opportunità nella vita», ha detto Anthony West, cognato di Harris, durante una riunione locale della NAACP: un gruppo tecnicamente apartitico i cui membri sono per lo più influenti attivisti e organizzatori statali, esortando i presenti a diffondere il messaggio.
Il messaggio che i democratici stanno lanciando non è un richiamo all’unità, ma un invito alla frammentazione. E se Obama crede di poter imporre un senso di colpa razziale agli elettori neri, si sbaglia di grosso: a dirlo sono proprio i sondaggi. L’uomo che si è sempre proclamato simbolo di speranza e inclusione ora alimenta più che mai le divisioni, e quella che doveva essere una tappa di sostegno alla candidatura di Kamala Harris si è trasformata in uno show personale di Barack Obama, che ha spostato il dibattito politico sul terreno della razza. La sua presenza, invece di potenziare il messaggio della Harris, ha di fatto oscurato la vicepresidente, trasformando la corsa alla Casa Bianca in una polarizzazione tra bianchi e neri.
Kamala Harris “gode di salute eccellente”. Sono queste le conclusioni della lettera che il medico personale della vice presidente, che compie 60 anni il prossimo 20 ottobre, ha allegato alla cartella medica che la candidata democratica ha pubblicato, anche per creare contrasto e pressioni sul molto più anziano avversario, Donald Trump che a giugno ha compiuto 78 anni.
“Possiede la resilienza fisica e mentale necessarie per svolgere con successo i compiti presidenziali, compreso quello di capo dell’esecutivo, capo di Stato e comandante in capo”, scrive il dottor Joshua Simmons, che come unici problemi di salute di rilievo di Harris indica le allergie stagionali ed episodi di orticaria. Non ci sono problemi anche nelle ultime analisi del sangue di routine, a parte dei livelli “insufficienti” di vitamina D, conclude il medico.
Intanto Harris viene data 3 punti avanti a Donald Trump in Pennsylvania in un nuovo sondaggio pubblicato oggi da The New York Times/Philadelphia Inquirer/Siena College. Il poll attribuisce alla vice presidente il 50% dei voti e all’ex presidente il 47% nello stato considerato il più cruciale tra i sette stati chiave. Lo stesso sondaggio dà invece il tycoon in vantaggio in Arizona, dove sarebbe avanti di cinque punti, con il 51% rispetto al 46% della democratica.