Sventato un terzo attentato a Donald Trump

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”E’ stato impedito il terzo tentativo di assassinio” dell’ex presidente americano Donald Trump, afferma lo sceriffo della contea di Riverside Chad Bianco.

I suoi uomini  sono riusciti a fermare Vem Miller, 49 anni, di Las Vegas che,  armato di un fucile da caccia e di una pistola carica a Coachella, si trovava in California, dove era in corso una manifestazione elettorale del candidato repubblicano.

Nel suv dell’attentatore sono stati sequestrati un fucile da caccia, una pistola carica e un caricatore ad alta capacità. Trovate anche diverse carte di identità e passaporti con nomi falsi. Trump non era presente  sul posto quando l’uomo è stato fermato.

 “Durante le elezioni” presidenziali americani, dovrebbe essere ”schierato l’esercito contro il nemico interno”, che rappresenta ”una preoccupazione anche maggiore degli immigrati”. A chiederlo a Fox News lo stesso Trump. ”Abbiamo delle persone molte cattive, delle persone malate, dei lunatici della sinistra radicale”, ha affermato l’ex presidente, chiedendo che questa realtà venga ”gestita dalla Guardia nazionale o anche dall’esercito, se necessario”.

Vem Miller,  fermato a Coachella in California, ha confessato di appartenere a un gruppo di estrema destra denominato Sovereign Citizens. La sigla indica, riferisce lo sceriffo Chad Bianco,  “un gruppo di individui che affermano di essere cittadini sovrani”, come riportano i media internazionali. “Non direi che è un gruppo militante. È solo un gruppo che non crede nel governo e nel controllo governativo – ha aggiunto Bianco – Non credono che il governo e le leggi si applichino a loro”.

Al comizio di Reno, in Nevada, Trump ha chiesto la «pena di morte per i migranti che uccidono cittadini americani o agenti di polizia».

È una dichiarazione forte, in linea per infiammare la sua base elettorale, che lo vede come l’unico difensore di un’America assediata dall’immigrazione incontrollata. Poche ore dopo, ad Aurora, in Colorado, Trump rincara la dose, puntando il dito contro le gang venezuelane che – secondo lui – stanno portando violenza e degrado nelle città.

Trump sa giocare bene le sue carte, ma il vero pericolo risiede nella memoria corta di chi si erge a paladino dei diritti umani. La sinistra americana, pronta a sventolare la bandiera della giustizia e dell’inclusione, sembra dimenticare che fu proprio il sistema statunitense, sostenuto dal consenso popolare, a giustiziare sulla sedia elettrica due nostri connazionali senza prove concrete.

A Washington, Jenny Donnelly, influente leader del movimento “Her Voice“, ha organizzato una giornata tutta al femminile di preghiera e digiuno, al National Mall, con l’obiettivo di «invocare l’autorità del Signore sul processo elettorale e la leadership nazionale». L’incontro ha visto la partecipazione di molte madri preoccupate dalle politiche di genere e dalle questioni legate al movimento transgender, avviando una serie di iniziative pensate per orientare il voto cristiano a favore di candidato repubblicano.

Il movimento anti-transgender “Don’t Mess with Our Kid“, creato proprio da Donnelly, si inserisce in un quadro più ampio di resistenza alle politiche ultra-progressiste, supportato da gruppi come il New Apostolic Reformation, che ambiscono a lungo termine a instaurare un dominio evangelico negli Stati Uniti. Tra i sostenitori dell’iniziativa vi è anche Lou Engle, pastore conservatore antiabortista che ha paragonato la battaglia contro i diritti LGBTQ+ alla secessione del Sud durante la Guerra Civile. Secondo quanto riporta il Southern Poverty Law Center, incitando persino i tradizionalisti a seguire l’esempio del generale confederato Robert E. Lee.

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