Manovra, tra tagli alle spese dei ministeri e tempi fissati dalla Commissione europea

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Il Consiglio dei ministri di ieri,  15 ottobre,  ha avuto l’obiettivo di rispettare proprio i tempi dettati dalla Commissione europea, che vuole che la legge di bilancio sia sottoposta ai parlamenti dei Paesi membri entro il 20 ottobre.

Approvato il primo testo ufficiale della manovra finanziaria per il 2025, con già diverse misure considerate fondamentali. Il Governo proverà a raccogliere nuovi fondi sia dai “sacrifici” delle banche preannunciati dal ministro Giorgetti nei giorni scorsi, sia dai tagli lineari ai ministeri. Prevista la conferma del taglio del cuneo fiscale e nuovi fondi alla Sanità e alla Pubblica amministrazione, senza per il momento la conferma di aumenti alle tasse, come la parificazione delle accise.

Sarebbe proprio la necessità di rispettare le tempistiche Ue, che vorrebbero che i Parlamenti degli Stati membri iniziassero a discutere le rispettive leggi di bilancio a partire dal 20 ottobre, ad aver costretto il Governo ad accelerare.

Il Documento programmatico di bilancio mette un limite a quanti soldi lo Stato italiano potrà spendere nei prossimi anni, incluso il 2025. La legge di bilancio dipende direttamente da quanto riportato dal piano, che prevede tra l’altro una netta riduzione della spesa pubblica partendo dal contenimento della voce più gravosa: la previdenza sociale.

Il Decreto fiscale è invece parte della delega che il Governo ha ricevuto dal Parlamento per riordinare il sistema di tassazione italiano, intervenendo soprattutto sulle aliquote Irpef. Grazie alle risorse recuperate in manovra, l’esecutivo dovrebbe essere in grado di rendere strutturale, quindi permanente e non annuale, il taglio del cuneo fiscale. La pressione delle imposte sui redditi italiani dovrebbe calare dal 42,3% del 2024 al  42,1% il prossimo anno.

Oltre al Documento programmatico di bilancio e al Decreto fiscale le questioni più complesse da risolvere per il Governo negli ultimi giorni sono state quelle legate alla raccolta dei fondi necessari, circa 25 miliardi di euro, senza aumentare troppo il deficit e quindi accumulare ulteriore debito. Un aiuto importante è arrivato da un inaspettato gettito fiscale extra, proveniente dagli aumenti dovuti all’inflazione. Per i restanti 10 miliardi però, l’esecutivo ha dovuto trovare soluzioni alternative.

La prima è un contributo delle banche, i cosiddetti “sacrifici” del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Questo però sembra essere uno dei punti ancora da risolvere all’interno della maggioranza stessa. Forza Italia ha posto il veto a qualsiasi tassa sugli extraprofitti, gli incassi non previsti che gli istituti di credito avrebbero ricavato dall’aumento dei tassi di interesse su prestiti e mutui a seguito della crescita del costo del denaro. Il ministero dell’Economia stesso sta trattando per trovare una soluzione che permetta di incassare una grossa somma di denaro senza scontentare parte della maggioranza.

“La manovra non sarà facile, ma la dobbiamo scrivere tutti quanti insieme. Non c’è uno che la scrive e gli altri che la approvano. La scriviamo tutti assieme, la approviamo tutti quanti assieme in Consiglio dei ministri, e poi tutti quanti assieme la approveremo in Parlamento”. Così il vicepremier e segretario di FI, Antonio Tajani: “Non possiamo pensare di fare la guerra alle banche. Ripeto che io non ho alcun interesse, nessuno mi ha chiesto di fare qualcosa per le banche. Non ho mai chiesto nulla alle banche, ma penso che siano utili al nostro sistema economico. Non possiamo imporre una tassa in base a un principio degli extraprofitti. Devono dare un contributo, concordando col governo, e dire come possono aiutare. Non deve essere per forza una tassa, può anche essere una scelta di favorire per esempio la possibilità di garantire più liquidità”.

Al momento la prospettiva più auspicata dalle banche sarebbe un intervento sulle imposte differite attive, le Dta, voci a bilancio che risultano da un pagamento eccessivo o anticipato delle tasse e che in Italia diventano automaticamente crediti fiscali. L’altra opzione riguarderebbe le stock option, contratti di Borsa che danno a chi li detiene la possibilità, ma non l’obbligo, di acquistare o vendere un’azione per un certo periodo. Al di là dei metodi però, la trattativa sarebbe in questo momento impostata sull’entità di questo contributo.

Infine il Governo vorrebbe evitare nuove tasse, in particolare la parificazione delle accise sul gasolio che ne aumenterebbe il prezzo a una cifra media vicina a quella della benzina. Per questa ragione si procederà ai cosiddetti tagli lineari ai ministeri. Giorgetti elaborerà quindi un piano di riduzione delle spese per tutti i dicasteri, dato che, nonostante la richiesta ufficiale del ministero dell’Economia, nessun ministro ha presentato un progetto di taglio dei costi. Da questa operazione l’esecutivo spera di risparmiare 3 miliardi di euro.

L’inflazione ha toccato delle vette preoccupanti e la crisi economica galoppante ha investito anche il settore specifico delle quattro ruote. L’incremento delle accise sul gasolio, con una equiparazione tra benzina e diesel, è previsto nel Piano strutturale di bilancio su cui il Governo sta lavorando da tempo. Già i prezzi ai distributori sono elevati per gli automobilisti italiani e un ulteriore rincaro determinerebbe una stangata definitiva per i possessori di auto diesel.

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