Migranti in Albania: ‘Paesi sicuri e diritto alla protezione internazionale’

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I giudici della sezione immigrazione del tribunale di Roma hanno deciso che i dodici migranti portati in Albania devono tornare in Italia. La decisione dei giudici e il richiamo alla Corte europea

I magistrati romani non hanno convalidato, come era pronosticabile, il trattenimento dei dodici richiedenti asilo provenienti da Egitto e Bangladesh, soccorsi nella notte del 13 ottobre dalla Guardia di finanza nelle acque internazionali della zona Sar italiana e trasferiti a bordo della nave Libra della Marina Militare fino al porto di Shengjin e dal lì al centro di detenzione di Gjader.

La ragione è semplice ed era prevedibile perché è contenuta nella sentenza della Corte di giustizia europea emessa il 4 ottobre e cioè prima che i centri per i migranti aperti in Albania sotto la giurisdizione italiana aprissero. Dice quella sentenza che un Paese per essere considerato sicuro lo deve essere in ogni sua parte e per ogni persona: non possono esserci persecuzioni, discriminazioni o torture verso nessuno in nessuna zona di territorio. E l’Egitto e il Bangladesh, così come la Tunisia, applicando i criteri della sentenza, sicuri non lo sono.

A spiegarlo in maniera molto chiara è la presidente della sezione Luciana Sangiovanni in una nota stampa: “I trattenimenti non sono stati convalidati in applicazione dei principi, vincolanti per i giudici nazionali e per la stessa amministrazione, enunciati dalla recente pronuncia della Corte europea a seguito del rinvio pregiudiziale proposto dal giudice della Repubblica ceca. Il diniego della convalida dei trattenimenti nelle strutture ed aree albanesi equiparate alle zone di frontiera o di transito italiane è dovuto all’impossibilità di riconoscere come “paesi sicuri” gli Stati di provenienza delle persone trattenute, con la conseguenza dell’inapplicabilità della procedura di frontiera e, come previsto dal protocollo, del trasferimento al di fuori del territorio albanese delle persone migranti, che hanno quindi diritto ad essere condotte in Italia”.

Il rientro obbligato in Italia

I migranti nei centri oltre confine infatti non possono restare né possono essere lasciati liberi su territorio albanese. Per cui i migranti dovranno salire nuovamente su una nave per essere riportati in Italia. Imbarcati da Shengjin su un mezzo della Guardia costiera per finire nel Cara di Bari.

Avranno poi 14 giorni di tempo per presentare ricorso contro la bocciatura della loro richiesta di asilo agli stessi giudici della sezione immigrazione che valuteranno caso per caso. Ma essendo i dinieghi viziati dalle procedure di frontiera ora inapplicabili è altamente probabile che le richieste di asilo verranno rivalutate secondo le procedure ordinarie che hanno tempi più lunghi.

Dal Libano,  la presidente del Consiglio Giorgia Meloni comunica: “Troverò una soluzione anche a questo problema. Ho già convocato un Consiglio dei ministri per lunedì per approvare delle norme che servono a superare questo ostacolo. Non credo sia competenza della magistratura definire quali sono Paesi sicuri e quali no. È competenza del governo, quindi credo che il governo debba chiarire meglio cosa si intende per Paese sicuro”.

Il 27 marzo 2023 sul sito governativo Integazionemigranti.gov.it è apparsa la comunicazione che il Governo italiano aveva aggiornato la lista dei cosiddetti Paesi sicuri.

Cosa sono i paesi sicuri?

In tema di protezione internazionale, il Decreto-legge 04.10.2018, n. 113, il cosiddetto decreto sicurezza, in sede di conversione aveva introdotto l’art. 2-bis, intitolato «Paesi di origine sicuri» nel provvedimento normativo italiano che disciplina sia le procedura per l’esame delle domande di protezione internazionale presentate In Italia sia quelle per la sua revoca e cessazione degli status riconosciuti. Esso consiste proprio in un elenco di Paesi extra Unione europea considerati sicuri per i loro cittadini perché rispettando degli standard di civiltà, democrazia e libertà.

Viene verificato che l’ordinamento giuridico di quel Paese escluda la sussistenza di atti di persecuzione forme di tortura o altre forme di pena o trattamento inumano o degradante, o pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale che invece permetterebbero al migrante che chiede protezione internazionale in Italia di ottenere l’asilo, la protezione sussidiaria o altre forme di tutela.

La classificazione di un Paese di origine come sicuro può essere fatta con l’eccezione di parti del territorio o di categorie di persone.

Posso presentare domanda di asilo in Italia se provengo da uno dei paesi sicuri?

Anche se il migrante proviene da un Paese classificato sicuro secondo la nostra legge, egli può comunque chiedere e ottenere protezione internazionale in Italia. Ci sono, però, differenze nella procedura rispetto ai cittadini di altri Paesi, come l’esame prioritario della domanda e la possibilità che questa sia dichiarata manifestamente infondata.

Ci sono, però, differenze nella procedura rispetto ai cittadini di altri Paesi, come l’esame prioritario della domanda e la possibilità che questa sia dichiarata manifestamente infondata. Il richiedente asilo, infatti, dovrà dimostrare che ci sono “gravi motivi” per considerare il suo rientro nel Paese di origine non sicura a causa della situazione particolare.

Chi decide se includere o meno una nazione nella lista dei paesi sicuri?

Lo decide il nostro Governo italiano, con un decreto interministeriale ossia un decreto ministeriale adottato dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con i Ministri dell’Interno e della giustizia. Poi, ogni tanto, la lista viene aggiornata se lo scenario del Paese muta, come successo di recente

Il primo decreto è stato emanato il 4 ottobre 2019 e pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 7 ottobre 2019 ed indicava come Paesi sicuri allora: Albania, Algeria, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Senegal, Serbia, Tunisia e Ucraina.

Come si fa a capire e decidere se un paese è sicuro o meno?

La valutazione si basa sulle informazioni fornite dalla Commissione nazionale per il diritto di asilo, che si avvale anche delle notizie elaborate dal centro di documentazione nonché’ su altre fonti di informazione, comprese in particolare quelle fornite da altri Stati membri dell’Unione europea, dall’EASO, dall’UNHCR, dal Consiglio d’Europa da altre organizzazioni internazionali competenti.

Si tengono in considerazioni diversi indici e la norma ne indica alcuni fondamentali:

a) le pertinenti disposizioni legislative e regolamentari del Paese ed il modo in cui sono applicate;

b) il rispetto dei diritti e delle libertà stabiliti nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici aperto nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura

c) il rispetto del principio di cui all’articolo 33 della Convenzione di Ginevra che garantisce rifugio a chi rischia di essere deportato in un territorio in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate.

d) un sistema di ricorsi anche giurisdizionale e di difese effettive contro le violazioni di  tali diritti e libertà.

Adesso quali paesi sono considerati sicuri?

Con decreto del 17/03/2022 e pubblicato in g.u. il 25/03/2023, viene aggiornato l’elenco dei Paesi di origine sicuri: vengono aggiunti Nigeria, Gambia, Costa d’Avorio e Georgia ed espunta l’Ucraina, la Tunisia resta al suo posto.

La lista dei Paesi sicuri adesso è questa:

Albania;

Algeria;

Bosnia-Erzegovina;

Capo Verde;

Costa d’Avorio;

Gambia;

Georgia;

Ghana;

Kosovo;

Macedonia del Nord;

Marocco;

Montenegro;

Nigeria;

Senegal;

Serbia;

Tunisia.

Provenire da uno dei paesi sicuri è solo un aspetto di cui tenere conto.

Il diritto, in tema di immigrazione e residenza per cittadini stranieri, è complesso e articolato, ed essere assistiti da un avvocato è davvero una necessità.

Ma intanto i dodici egiziani e bangladesi rientreranno a Bari a bordo della Classe de Grazia, un mezzo della Guardia costiera. Il mega centro in Albania che a pieno regime ospiterebbe un migliaio di migranti rischia di restare vuoto già a una settimana dalla sua apertura.

Eppure, nonostante la pronuncia del tribunale romano sulla scia di quella europea abbia minato alle fondamenta l’intera operazione albanese, il governo è deciso a tirare dritto. “Andremo avanti anche con queste iniziative perché dal 2026 quelle che l’Italia sta realizzando in Albania, e non solo, diventerà diritto europeo”, recita sicuro Piantedosi.

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