Tra Donald Trump e Kamala Harris sarà testa a testa: decisivi l’uragano Milton e gli ‘Stati in bilico’

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Tra Donald Trump e Kamala Harris sarà testa a testa. Secondo la rilevazione, condotta tra il 14 e il 16 ottobre su un campione di 2.950 possibili elettori, Harris è in testa nei consensi con il 49%, ma è tallonata dall’ex presidente che, invece è dato al 48%. Mancano circa due settimane all’election day e cresce l’attesa attorno a quello che si preannuncia essere l’evento politico dell’anno. Al momento a separare i due candidati c’è un solo punto e pare evidente che, salvo sorprese, la partita si giocherà sul filo del rasoio. Anche considerando il peso dei cosiddetti elettori indipendenti, ovvero coloro che non propendono né per il partito repubblicano né per i democratici, la situazione appare la stessa. Il distacco tra Harris e Trump resta di un punto percentuale, con la vicepresidente in vantaggio, al 50%, sul tycoon, dato al 49%. Il voto degli indipendenti potrebbe rivelarsi dunque decisivo e a pesare saranno non solo i programmi politici dei due candidati, ma anche gli avvenimenti che hanno contraddistinto questa campagna elettorale, dal forte impatto mediatico.

A determinare il risultato dell’election day sarà anche il giudizio nei confronti della gestione da parte dell’amministrazione Biden-Harris dell’emergenza causata dall’uragano Milton. Per gli elettori sarà un’occasione per decidere se premiare o meno l’operato del presidente democratico e della sua vice. In attesa del 5 novembre, gli occhi restano puntati sui cosiddetti Swing States, ovvero i cosiddetti “Stati in bilico” in cui non è possibile determinare chi vincerà tra democratici o repubblicani e su cui, pertanto, si concentrerà l’attenzione di media e politica durante quella che si prepara ad essere una lunga notte elettorale.

Kamala Harris non ha partecipato alla cena annuale di Al Smith, tradizionale ricevimento di beneficenza per le opere caritatevoli cattoliche, rompendo la tradizione presidenziale. La vicepresidente Usa è apparsa solo in un video. All’evento era presente Donald Trump che ha attaccato la rivale democratica: «Davvero irrispettoso», ha commentato il tycoon.

L’appoggio a Kamala Harris con un insistente “andate a votare”, in Pennsylvania, uno dei “swing states”, gli Stati indecisi che fanno la differenza nelle elezioni presidenziali, ma soprattutto un attacco a Donald Trump e al suo modo di far campagna elettorale: è un Barack Obama visibilmente emozionato, quello che a Pittsburgh ha suonato la carica contro il candidato repubblicano. Forse, perché consapevole del persistente rischio di una vittoria del tycoon, malgrado Kamala Harris abbia “tonificato” l’elettorato democratico dopo la rinuncia di Joe Biden.

Da Detroit, antica capitale dell’auto che ha subito fra i colpi più duri della crisi finanziaria e industriale dopo il 2008, Trump durante un comizio ha cercato di presentarsi come il campione della ricostruzione dell’industria automobilistica Made in Usa, attaccando pesantemente l’import (e nominando esplicitamente Mercedes, Bmw e Volkswagen): “Se riuscite a far prosperare l’industria automobilistica, a riportarla al livello di 50 o 60 anni fa, potete farlo anche voi e questo è il mio obiettivo. E sto approntando una politica che, a mio parere, lo farà, assolutamente. E sono stato molto bravo in questo nella mia vita. Il mio obiettivo è quello di vedere l’industria automobilistica statunitense ancora più grande di quanto non fosse nel suo periodo di massimo splendore, e che Detroit e il Michigan siano al centro dell’azione”. Anche il Michigan, di cui Detroit è la città più grande, è fra gli indecisi, e non a caso nelle stesse ore anche Kamala Harris faceva campagna in questo stato, a Flint, città con una lunga tradizione sindacale e industriale grazie alle fabbriche della General Motors. Da qui ha messo in guardia contro le facili promesse, non mantenute, del suo avversario: “Donald Trump ha un approccio molto diverso. Donald Trump fa grandi promesse e non le mantiene mai. Diceva che era l’unico in grado di riportare i posti di lavoro manifatturieri in America. Ve lo ricordate? E poi l’America ha perso quasi 200.000 posti di lavoro nel settore manifatturiero mentre lui era presidente”.

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