Caso Albania, il Cdm approva il decreto legge su migranti e Paesi sicuri

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In cdm il governo intende rimediare agli effetti della sentenza del tribunale civile di Roma, che venerdì ha respinto la convalida del fermo nei confronti di 12 migranti, di nazionalità egiziana e bengalese. Il tribunale ha richiamato la decisione della Corte di giustizia europea del 4 ottobre che, richiamando la direttiva sui Paesi sicuri (la 32 del 2013), prescrive che i Paesi di provenienza dei migranti debbano essere sicuri nella loro interezza e per tutte le categorie sociali. Non basta cioè che siano solo parzialmente sicuri. Nel caso dell’Egitto e del Bangladesh questi requisiti mancano. E dunque il tribunale di Roma venerdì ha negato la convalida del fermo e ha avviato i 12 migranti al sistema dell’accoglienza ordinaria, ordinandone il trasferimento dal Cpr di Gjader in Albania al Centro per richiedenti asilo di Bari.

Il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge in materia di migranti. Il provvedimento dovrebbe rendere norma primaria l’indicazione dei Paesi sicuri per il rimpatrio, e non più secondaria, come è invece il decreto del ministro degli Esteri, di concerto con quelli di Interno e Giustizia, con cui finora è stato annualmente aggiornato l’elenco.

Resta alto lo scontro tra il governo e le toghe sulla questione Albania e migranti. “Noi non siamo contro il governo, sarebbe assurdo pensare che l’ordine giudiziario, un’istituzione del Paese, sia contro un’istituzione del Paese quale è il potere politico. Non è lo scontro istituzionale quello a cui tendiamo, tendiamo a difendere l’autonomia e l’indipendenza dell’ordine giudiziario”, ha detto il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia.

“Sappiamo – ha poi aggiunto Santalucia parlando ad Agorà su Rai3 della normativa sugli Stati sicuri – che un regolamento dell’Unione europea renderà questa materia più flessibile, ma entrerà in vigore nel 2026. Oggi dobbiamo applicare la direttiva che c’è. Per come lo vedo io, non è uno scontro con la magistratura italiana, ma con le istituzioni europee”.

“Siamo a conoscenza della sentenza in Italia e siamo in contatto con le autorità italiane: al momento non c’è una lista europea sui Paesi terzi sicuri, gli Stati membri hanno liste nazionali, ma è previsto che ci lavoreremo”, ha detto una portavoce della Commissione Ue soffermandosi sul caso Albania. Tornando al Protocollo Roma-Tirana la portavoce ha spiegato che “ad essere applicato è il diritto nazionale ma anche standard legati alla protezione internazionale che sono forniti dal diritto Ue. Abbiamo anche detto che tutte queste misure devono essere pienamente conformi con il diritto comunitario e non devono indebolirlo”.

Il capogruppo del M5s in commissione Affari Costituzionali Alfonso Colucci annuncia di aver presentato oggi un esposto alla Corte dei Conti, “sottoscritto da tanti colleghi del M5S, per accertare ipotesi di responsabilità erariale per il trasporto di 16 migranti nel centro allestito dal Governo Meloni in Albania”. “In particolare – aggiunge – chiediamo se sia configurabile l’adozione di provvedimenti con dolo o colpa grave idonei a configurare una responsabilità erariale per l’utilizzazione di ingenti risorse pubbliche per lo svolgimento di attività non legittimate in base alla corretta applicazione delle norme di legge.

Stefano Musolino, sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, segretario di Magistratura democratica, osserva: ‘C’è in atto un conflitto con questo governo, ma non è il conflitto tra una parte, la magistratura, e l’altra, il governo in quanto tali. È un conflitto che origina dalla gestione delle politiche migratorie, una gestione che è molto complicata. Perchè sulle paure generate dalla migrazione si muove il consenso elettorale. Tutti i sondaggi, in Sassonia come in Austria dicono che la paura delle migrazioni ha smosso consenso a favore dell’ultra destra. E’ una paura che a volte è reale, a volte è indotta. Su questa paura si costruisce consenso politico. Il punto di crisi dipende dal fatto che il governo non accetta che su questa materia la normativa nazionale sia sottordinata a quella europea. Non accetta che i margini delle azioni di governo siano condizionati dalla normativa europea. E’ questo che crea il conflitto. Il magistrato non può che privilegiare e dare preferenza alla norma europea rispetto a quella nazionale. Il magistrato in caso di conflitto dà priorità alla norma europea. Il governo sembra voler reclamare una sua sovranità legislativa nazionale in contrasto con un sistema multilivello che a costituzione invariata prevede che le norme europee prevalgono su quelle nazionali. Il pericolo a cui faceva riferimento Marco Patarnello è questo: c’è uno scontro che pare irrisolvibile. Quando ci accusano di applicare la normativa europea, noi stiamo semplicemente svolgendo il nostro ruolo. Questo crea la crisi. Si parla di un decreto legge, quindi un atto avente forza di legge, con cui il governo ribadisce la lista dei Paesi sicuri, ma non mi pare che questa sia la soluzione, non risolve quel conflitto di cui dicevo. Provo a ricostruire: c’è una direttiva europea, la 32 del 2013, sui Paesi sicuri. Poi c’è una sentenza della Corte di giustizia europea che interpreta quella direttiva. Poi ci sono le norme nazionali. Ora il sistema costruito dal governo in Albania prevede il ricorso alla procedura accelerata di respingimento alla frontiera, che comporta anche una certa compressione di diritti delle persone. Ma la si può fare, ai sensi della normativa europea, se queste persone vengono respinte verso un Paese sicuro. La sentenza della Corte di giustizia del 4 ottobre precisa che le condizioni di sicurezza del Paese devono valere per tutto il territorio e tutte le categorie sociali. Tutte le minoranze devono essere tutelate perché con la procedura accelerata si stanno accorciando i tempi di difesa della persona, quindi devi essere sicuro che quando viene respinta non corra rischi. Ma se per stessa ammissione del ministero degli Esteri quei Paesi, Egitto e Bangladesh, non sono interamente sicuri, è chiaro che la procedura accelerata di respingimento alla frontiera non è legittima. E infatti la sentenza del tribunale di Roma non dice, come erronamente riportato, che possono venire in Italia tutti i migranti. Dice che vanno ricondotti alla procedura ordinaria e quindi con più garanzie. La magistratura non deve collaborare con il governo, ma tutelare i diritti. Il sistema istituzionale italiano è fatto di pesi e contrappesi. Gli organi di garanzia tutelano i diritti anche quando altri poteri dello Stato li mettono in pericolo. Questa recriminazione di una collaborazione è figlia di una errata percezione dei rapporti tra istituzioni. La magistratura non è chiamata a collaborare col governo, ma a tutelare i diritti. Lo fa in applicazione delle norme. E hai voglia a fare norme nazionali in contrasto con quelle internazionali. Se quelle internazionali tutelano in maniera più puntuale i diritti, il magistrato deve applicare quelle. Il problema non è la qualità della norma interna. Deve cambiare la norma europea. Noi siamo obbligati ad applicare quella. Per questo ha ragione Patarnello: c’è un punto di crisi nel rapporto con le istituzioni perchè non viene riconosciuta alla magistratura l’autonomia e l’indipendenza che non sono un privilegio ma stanno nel dettato costituzionale. Meloni immagina una magistratura dipendente dal governo, una magistratura asservente, che dia migliore esecuzione dei desiderata del governo. È un difetto percettivo pericoloso per la magistratura’.

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