Perché il Tribunale non ha convalidato il trattenimento dei migranti trasferiti in Albania?

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Il Tribunale di Roma Sezione Specializzata per l’Immigrazione il 18 ottobre 2024 ha deciso di non convalidare il trattenimento di un gruppo di richiedenti asilo, trasferiti in Albania nell’ambito del nuovo protocollo tra Italia e Albania ratificato con la Legge 21 febbraio 2024, n. 14 per la gestione dei migranti andiamo a comprendere le ragioni della mancata convalida del trattenimento. Il provvedimento riguarda 12 migranti, parte di un gruppo di 16 persone salvati nel Mediterraneo e portati in Albania per i quali il Tribunale di Roma Sezione Specializzata per l’Immigrazione ha ritenuto che il trasferimento in Albania non fosse conforme alla normativa europea, specialmente in relazione alla qualifica di “Paese terzo sicuro.” Le attività previste dal Protocollo sono in ogni caso, soggette al rispetto della Convenzione del 1951, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dei patti e dei trattati delle Nazioni Unite di cui entrambi gli Stati sono parte, nonché ai principi generali del diritto internazionale consuetudinario (ad esempio, il principio di non respingimento, il divieto di tortura, etc.), cosi come la Carta dei diritti fondamentali dell’UE – che comprende il divieto di respingimento e la garanzia del diritto di asilo all’art.18.L’esercizio del diritto di asilo deve essere garantito dall’articolo 10, terzo comma, Cost.,le cui condizioni devono essere disciplinate con norme di rango legislativo nei limiti degli obblighi derivanti dalle norme internazionali menzionate nello stesso articolo 10 e nell’articolo 117, primo comma, della Costituzione. Il Tribunale di Roma non ha convalidato il trattenimento dei richiedenti protezione internazionale, ritenendo di disapplicare la qualifica di paese terzo di origine sicura sulla base della sentenza della Corte di Giustizia Ue dello scorso 4 ottobre, così come avvenuto il 14 ottobre 2024, quando il Tribunale di Catania non ha convalidato il trattenimento di un richiedente asilo nigeriano.Al riguardo, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con sentenza del 4 ottobre 2024, si è pronunciata sul rinvio pregiudiziale del Tribunale regionale di Brno (causa C- 406/2022), laddove si era chiesto ad essa Corte di giustizia di chiarire se il diritto dell’Unione europea, e in particolare gli articoli 36, 37 e 46 della Direttiva 2013/32/UE possano essere interpretati nel senso che essi ostano a che uno stato membro designi uno Stato come Paese di origine sicuro con esclusione di zone territoriali del Paese. Ebbene la Corte di Giustizia ha affermato che l’articolo 37 della direttiva 2013/32 deve essere interpretato nel senso che esso osta a che un paese terzo sia designato come paese di origine sicuro qualora talune parti del suo territorio non soddisfino le condizioni sostanziali per una siffatta designazione, enunciate nell’allegato I di tale direttiva.In particolare, la Corte ha osservato che la designazione di un Paese come paese di origine sicuro dipende dalla possibilità di dimostrare che, in modo generale e uniforme, non si ricorre mai alla persecuzione quale definita all’articolo 9 della direttiva 2011/95, né alla tortura o a pene o trattamenti inumani o degradanti, e che non vi sia alcuna minaccia dovuta alla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato internazionale o interno (punto 68) e che dette condizioni siano rispettate in tutto il territorio del paese terzo interessato (punto 69).A ciò si aggiunga che sentenza enuncia altresì il principio secondo cui il mancato rispetto dei criteri previsti dalla direttiva per la designazione di un paese di origine sicuro deve essere oggetto di un esame completo da parte del giudice, che vi deve provvedere anche d’ufficio e che deve estenderlo anche agli aspetti procedurali di una domanda di protezione internazionale (punti 90 e 91).Il Tribunale ha ravvisato che i paesi di origine dei richiedenti asilo non possono essere, alla luce di tale giurisprudenza considerati automaticamente un paese sicuro, conseguentemente il trattenimento è privo di titolo. L’insussistenza, come esposto, del presupposto necessario per la procedura di frontiera e per il trattenimento determina l’assenza di un titolo di permanenza del richiedente protezione nelle strutture di cui all’art. 4, comma 1, del Protocollo e all’art. 3, comma 4, della Legge di ratifica.Il giudizio di convalida dei trattenimenti è uno strumento di garanzia, necessaria per principio costituzionale, dello status libertatis, che deve, quindi, essere riacquisito in caso di non-convalida.In forza del Protocollo, in caso di non convalida del trattenimento e di mancanza del titolo di permanenza nelle strutture albanesi, come nel presente caso, lo status libertatis può essere riacquisito soltanto per il tramite delle Autorità italiane e fuori del territorio dello Stato albanese, delineandosi di conseguenza, in assenza di alternative giuridicamente ammissibili, il diritto del richiedente protezione a riacquisire lo stato di libertà personale mediante conduzione in Italia. Le autorità italiane, hanno quindi il dovere di riportare in Italia le persone trattenute e così consentire loro l’esercizio del diritto di asilo sul territorio italiano.Di conseguenza, chi non proviene da un paese di origine “sicuro” ha diritto ad una trattazione della sua richiesta di protezione in procedura ordinaria, senza alcuna limitazione della libertà personale, ma con il tempestivo inserimento nel sistema di accoglienza.La sentenza del 4 ottobre 2024 della CGUE conferma quindi che il diritto dell’Unione Europea prevale sulle normative nazionali, inclusi i decreti interministeriali, quando si tratta della gestione delle domande di asilo. Le autorità nazionali sono tenute a rispettare il quadro giuridico dell’Unione Europea, e se una norma nazionale è in conflitto con una Direttiva Europe da, questa norma deve essere disapplicata.

Paolo Iafrate

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