Negli ultimi mesi, si sono verificati gravi episodi di violazione dei sistemi informatici, perpetrati da personale infedele di banche e istituti finanziari. Questi individui, con accesso illimitato e non tracciato alle informazioni sensibili, – dichiara Luciano Tommaso Ponzi Presidente Nazionale Federpol –hanno violato i confini della legalità, talvolta agendo in collaborazione con società di consulenza e finanche di investigazione. Alcune di queste società si avvalgono di ex membri delle forze dell’ordine, che, una volta in quiescenza, continuano a mantenere legami e canali aperti con i loro ex colleghi, creando una rete di accesso che minaccia la riservatezza e la sicurezza dei dati”.
Continua Luciano Tommaso Ponzi: “Questo fenomeno, tristemente diffuso in tutta la società, come si evince dalle varie inchieste, raramente in quello investigativo privato, vede ex appartenenti alle forze dell’ordine impiegati come security manager presso multinazionali o società di capitali oppure alle dipendenze di politici e industriali. Il problema, tuttavia, non è solo relativo all’assunzione di tali figure, ma soprattutto al mantenimento di relazioni privilegiate e alla capacità di accedere a informazioni riservate anche dopo il termine ufficiale dei loro incarichi. Una prassi consolidata e tutt’altro che eccezionale che sta arrecando un danno incalcolabile all’intera categoria degli investigatori privati autorizzati.
Gli investigatori privati, infatti, pur essendo titolari di una licenza ottenuta grazie a rigorosi requisiti oggettivi e soggettivi, devono rispettare severi limiti nell’esercizio della propria professione, senza poter accedere a banche dati pubbliche essenziali come l’Anagrafe Nazionale delle Persone Residenti (ANPR) e l’ACI. Paradossalmente, queste informazioni risultano invece disponibili ad altre categorie professionali, come gli avvocati, che spesso si avvalgono dei servizi di investigatori privati per necessità legali, mentre questi ultimi si trovano a lottare per l’accesso a tali canali informativi minimi.
Le recenti notizie su accessi abusivi ai sistemi informatici del paese rappresentano un danno gravissimo per la categoria degli investigatori privati, che da anni chiede di poter svolgere il proprio lavoro con strumenti conformi alla legge sulla privacy e ai regolamenti vigenti. Questa professione, ingiustamente stereotipata e ridotta al ruolo di “spioni”, si pone al contrario come garante della riservatezza e della legalità. L’accesso tracciato e verificato a banche dati consentirebbe agli investigatori privati di svolgere indagini conformi ai diritti legali del committente, garantendo al contempo la sicurezza dei dati e la trasparenza delle operazioni.
Le inchieste in corso mettono in luce la necessità urgente di migliorare il controllo e la tracciabilità degli accessi, stabilendo un quadro normativo chiaro che possa regolamentare la categoria degli investigatori privati. Consentire loro di svolgere il proprio lavoro con strumenti adeguati significa ridurre le aree di rischio e promuovere un’operatività allineata con le normative in tema di privacy e sicurezza.
La nostra categoria, a differenza di altre, non diffonde le informazioni reperite, bensì le consegna al committente autorizzato e legittimato a riceverle, nel pieno rispetto dei diritti della persona e delle norme vigenti. È quindi fondamentale che la nostra professionalità non venga ridotta a un’etichetta denigratoria: gli investigatori privati svolgono un ruolo essenziale nella tutela della giustizia, in linea con il diritto del committente a esercitare i propri diritti in sede giudiziaria”.
Federpol si distingue nella lotta contro le violazioni ai sistemi informatici e la corruzione del settore investigativo privato
Federpol, la più antica e autorevole associazione di categoria degli investigatori privati italiani, ribadisce la sua posizione di assoluto rigore e trasparenza nei confronti degli scandali recenti legati agli abusi dei sistemi informatici da parte di figure non autorizzate. Da anni, Federpol persegue una linea ferma contro qualsiasi forma di accesso abusivo e di violazione della normativa che regola il settore investigativo, promuovendo standard di integrità e legalità in tutta la professione.
Federpol si distingue, non solo per il suo impegno nella tutela dei diritti e delle competenze dei propri associati, ma anche per il rifiuto categorico di ogni condotta non etica o non conforme alle leggi vigenti. Gli associati devono infatti rispettare uno stringente codice etico-deontologico, impegnandosi a mantenere un livello morale e professionale alto e a dimostrarsi rispettosi delle normative nazionali e internazionali. Prendiamo le distanze da tutti coloro che scelgono di non attenersi a tali principi, ricordando che l’appartenenza all’associazione è subordinata a requisiti di onestà e integrità.
Federpol tiene alta la guardia nei confronti degli abusivi tant’è che da qualche mese ha cominciato a segnalare alle Procure della Repubblica casi di sospetto abusivismo al fine di coltivare l’azione penale privata nel caso in cui la magistratura accerti delle responsabilità.
La nostra associazione ribadisce il proprio impegno per elevare la professione investigativa, contribuendo a un ambiente di trasparenza e rispetto della legge, e continuerà a supportare solo quei professionisti che condividono i nostri valori di responsabilità e conformità normativa.
Federpol: per un settore investigativo privato etico, legale e professionale.
Federpol, infine, esprime preoccupazione per l’aumento di attività investigative svolte impropriamente da “professionisti” che, pur non avendo alcuna licenza specifica, operano con accesso a informazioni estremamente sensibili. Tra queste, consulenti tecnici di parte (CTP) e consulenti tecnici d’ufficio (CTU) designati dai tribunali, nonché periti in collaborazione con le procure, spesso utilizzano il termine “investigazioni” per descrivere il proprio lavoro senza detenere alcuna autorizzazione per operare investigazioni private. Il fenomeno si estende anche a società di consulenza finanziaria e di intelligence economica che realizzano attività di dossieraggio e raccolta dati, senza rispettare le stringenti normative che invece regolano l’accesso alle informazioni per gli investigatori privati autorizzati.
A differenza degli investigatori privati iscritti a Federpol, che sono tenuti al rispetto di un rigido codice etico e sottoposti a controlli e requisiti per la concessione e il mantenimento della licenza, questi consulenti operano senza alcuna verifica dell’operato o controllo sull’uso delle informazioni riservate cui hanno accesso. La libertà di accesso ai dati per questi professionisti può rappresentare una minaccia alla riservatezza e al rispetto delle norme di privacy, compromettendo anche l’affidabilità delle informazioni che vengono impiegate in contesti giudiziari o finanziari.
Federpol ritiene opportuno e urgente aprire una riflessione pubblica e regolatoria su questi professionisti e società, che spesso sfruttano lacune normative per compiere attività di “dossieraggio” o “investigazione” non autorizzata. Raccogliere informazioni anche da fonti aperte senza rispettare i requisiti autorizzativi, o accedere a sistemi informatici e device senza le dovute licenze, espone l’intero sistema a rischi di sicurezza informatica e a un uso distorto delle informazioni.
L’associazione sollecita il legislatore e le istituzioni a intervenire per garantire che solo professionisti adeguatamente formati e autorizzati possano svolgere attività investigative o di raccolta informazioni sensibili, in modo che tali operazioni rispettino rigorosi standard di sicurezza e riservatezza. Federpol ribadisce la necessità di un inquadramento normativo chiaro e stringente che prevenga l’abuso di termini come “investigazione” da parte di coloro che non hanno licenza e non sono soggetti ai controlli a cui, invece, gli investigatori privati autorizzati sono sottoposti.