Bucci vince in Liguria e conferma il centrodestra alla guida delle Regioni italiane: 14 governatori contro i 5 del centrosinistra

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Con la vittoria di Marco Bucci in Liguria, che subentra a Giovanni Toti, il centrodestra si conferma saldamente alla guida delle Regioni italiane con 14 governatori contro i 5 del centrosinistra.  Sono pertanto 14 i governatori che fanno capo alla maggioranza di governo, contro 5 quelli sostenuti dal centrosinistra (più uno a guida autonomista). Da quando il governo Meloni è in carica c’era stata anche la riconferma dell’esponente di Fratelli d’Italia Marco Marsilio alla guida dell’Abruzzo (marzo 2024) e ancora prima di Arno Kompatscher (Südtiroler Volkspartei, appoggiato anche da FdI e Lega).

La sola e unica vittoria del 2024 che va in controtendenza è quella di Alessandra Todde in Sardegna (febbraio 2024), candidata grillina sostenuta dal centrosinistra. Una affermazione che aveva illuso il campo largo lasciando sperare in una rimonta che non c’è mai stata.

In precedenza gli elettori avevano premiato il centrodestra con Francesco Roberti (Forza Italia) alla guida del Molise nel mese di giugno, avevano riconfermato Massimiliano Fedriga (Lega) in Friuli-Venezia Giulia e ad aprile avevano firmato il bis del leghista Attilio Fontana in Lombardia a febbraio. In coincidenza con quella data era arrivata anche la vittoria simbolo  Lazio che era stata vinta dall’ex presidente della Croce rossa Francesco Rocca (indicato da Fratelli d’Italia). L’anno precedente, nel 2022, la coalizione guidata da Giorgia Meloni aveva vinto le politiche a livello nazionale, mentre l’unico appuntamento regionale era stato quello in Sicilia, conquistato da Renato Schifani (Forza Italia), subentrato a Nello Musumeci, attuale ministro del governo Meloni.

Fino a qualche mese fa, sottolineano nel centrodestra, l’opposizione sperava in un 3 a 0, considerando non solo le elezioni in Liguria, ma anche quelle in Umbria e in Emilia Romagna. “Ora puntiamo alla vittoria anche in Umbria”, la convinzione. “Ci sarà un 2 a 1 per noi”, il ‘refrain’. È chiaro che quello che si sta prefigurando per il dopo-Toti è un successo che i leader della coalizione rivendicheranno ad alta voce. “Poco più di venti giorni fa il centrodestra era sotto di venti punti – il ragionamento ricorrente -, poi è arrivato Bucci… E tutto il centrodestra unito a suo sostegno”. L’idea Bucci, dopo un lungo tira e molla nell’alleanza, è stata partorita da Salvini, Tajani e Meloni, ma è stata proprio la premier a fare la telefonata decisiva per convincere il sindaco di Genova a scendere in campo. Pure per questo motivo, anche se sotto traccia qualcuno tra gli alleati sottolinea il calo di Fdi, nel partito di via della Scrofa si rimarca come la vittoria che si annuncia per Bucci è targata soprattutto Meloni.

Il centrosinistra meno Renzi perde in Liguria e il Partito Democratico vince doppiando Fratelli d’Italia. In questi due dati è racchiusa la delusione del centrosinistra per una vittoria che, fino a ieri, sembrava alla portata per Andrea Orlando, ma che è sfumata al fotofinish.  Per il Pd e i suoi alleati ha pesato il veto di Giuseppe Conte su Matteo Renzi. Lo dicono i numeri, al di la’ di qualsiasi dubbio: 238.389 voti per Bucci contro i 235.492 di Orlando. Una differenza di poco più di tremila voti. Una incollatura. Tanto che da Italia Viva, Francesco Bonifazi osserva con una punta di amarezza: “Se penso che il centrosinistra per colpa di Conte ha rifiutato Italia Viva…Finirà per qualche centinaio di voti. E dire che solo Renzi alle Europee ha preso in Liguria 6.500 voti di preferenza. E Paita altri 4.200. Che follia”. Matteo Renzi non usa la stessa diplomazia e attacca il leader M5s: “Ha perso Giuseppe Conte, certo, e tutti quelli che con lui hanno alzato veti contro Italia Viva. Solo le mie preferenze personali delle Europee sarebbero bastate a cambiare l’esito della sfida, solo quelle”, osserva il leader Iv: “Aver messo un veto sulla comunità di Italia Viva ha portato il centrosinistra alla sconfitta. Senza il centro non si vince: lo ha dimostrato la Basilicata qualche mese fa, lo conferma la Liguria oggi. Vedremo se qualcuno vorrà far tesoro di questa lezione”. Ai voti potenziali di Italia Viva si sommano, infatti, quelli mancati al Movimento 5 Stelle. Il partito di Giuseppe Conte soffre da sempre le elezioni locali, ma il 4,7 per cento incassato è sotto qualsiasi aspettativa. Meglio hanno fatto gli alleati di Avs con il loro 6,19 per cento. 

Schlein  ha preferito impegnarsi in quello che le riesce meglio, girare la regione in lungo e in largo per cercare di riportare al Pd quel consenso che aveva perduto nel corso degli anni. Chi si è gettato nella mischia fin dalla scorsa primavera, ben prima che esplodesse il caso Toti, è stato il candidato Andrea Orlando con un tour che aveva come obiettivo quello di ricollegare il Partito Democratico con il territorio. Un tour che poi, dopo l’arresto dell’ex presidente della Regione, si è trasformato in una campagna elettorale strada per strada, casa per casa. Uno sforzo che ha dato i suoi risultati, stando ai numeri: alle scorse elezioni regionali, quattro anni fa, la partita era finita con il centrodestra in vantaggio di 17 punti percentuali sul centrosinistra che candidava Ferruccio Sansa.

Il Pd molto bene, fa il doppio di Fratelli d’Italia e questo per noi è molto importante”, sottolinea Dario Nardella. Ora, gli alleati di centrosinistra hanno di fronte venti giorni di campagna in vista delle regionali in Umbria ed Emilia-Romagna. Se la seconda regione rappresenta una sorta di fortino del Pd, in Umbria la sfida è più aperta.

Alla Festa del Cinema di Roma Carlo Verdone ha presentato in anteprima la terza stagione della sua serie Vita da Carlo. E in una lunga intervista a Daniele Priori su Libero si espone politicamente, parla dei problemi di Roma e stigmatizza il modo di fare della segretaria del Pd Elly Schlein.

Quanto alla Schlein che vada pure sul palco di J-Ax.. Ma mi piacerebbe sentirla parlare in maniera un pochino più diretta dei problemi delle persone uscendo dai soliti cliché…».

L’immagine della segretaria del principale partito d’opposizione che canta insieme al rapper J-Ax  è il simbolo di un nuovo Pd a trazione Ztl. La decisone di Schlein di salire sul palco del Forum di Assago è sintomatica dell’oscillazione tra un “nuovo” partito e la ricerca di appigliarsi al contempo al passato comunista. Una crisi di identità ancora più visibile quando il nuovo corso “musicale” della dem prova ricerca l’ancoraggio a figura del passato come Enrico Berlinguer.

Verdone è chiaro: “Berlinguer  è un personaggio del passato, oggi non interessa più perché è passato troppo tempo, fa parte di un’altra epoca, è cambiata la società. La gente oggi vota solo chi fa pagare di meno…”.

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