Il Tribunale Bologna rinvia il decreto Paesi sicuri alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea

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La certezza nella definizione delle regole che governano la nozione di paese di origine sicuro rappresenta difatti nell’attuale quadro normativo un elemento essenziale del sistema, in ragione delle indubbie ricadute sui processi di protezione internazionale, sulle procedure in materia di trattenimento forzato, sulle stesse dinamiche dei rapporti internazionali con i paesi terzi e sullaprosecuzione o definizione di ulteriori accordi bilaterali aventi ad oggetto l’eventuale trasferimentocoatto dei richiedenti asilo in paesi terzi.Il D.L. n. 158/2024 ha determinato l’inclusione nel primo comma dell’art. 2-bis del D.L.vo n.25/2008 di una lista di paesi ritenuti sicuri, comprendente: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia.Tale lista non prevede alcuna eccezione, né per aree territoriali né per caratteristichepersonali. Mentre nel vigore del precedente decreto interministeriale si era dubitato se l’inclusionedei paesi nella lista fosse stata operata con alcune eccezioni, che potevano desumersi dalle “schedepaese” richiamate nella motivazione del detto decreto, non può esservi dubbio alcuno che il decreto legge abbia voluto includere i 19 paesi senza alcuna eccezione. Se è vero, difatti, che il secondo comma del menzionato art. 2-bis continua a prevedere in astratto che «la designazione di un Paese di origine sicuro può essere fatta con l’eccezione di categorie di persone», essendo stata rimossa soltanto la possibilità di cause di esclusione territoriali (in ossequio al disposto della decisione della Corte di Giustizia del 4 ottobre 2024), è pure vero che lo stesso effettua in concreto tale designazione senza contemplare alcuna causa di esclusione («sono considerati Paesi di origine sicuri i seguenti:…»).Né a diversa conclusione può giungersi in ragione del richiamo, nel preambolo del detto decreto-legge, al Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 maggio 2024, n.2024/1348/UE, il quale reintrodurrà la possibilità di eccezioni (prevedendo che «La designazione di un paese terzo come paese di origine sicuro a livello sia dell’Unione che nazionale può essere effettuata con eccezioni per determinate parti del suo territorio o categorie di persone chiaramente identificabili»). Al riguardo appare molto interessante il ragionamento condotto dal Tribunale di Bologna il 25 ottobre 2024 secondo il quale L’indicazione nel preambolo del decreto-legge per cui tale futura disposizione «ha indicato l’orientamento condiviso da parte degli Stati membri dell’Unione europea» appare allo stato priva di un effettivo contenuto giuridico, posto che le designazioni effettivamente contenute nel testo della legge sono, come detto, prive di eccezioni, men che meno per «categorie di persone chiaramente identificabili», e posto che il Regolamento, seppure in vigore, non è ancora efficace essendo la sua applicazione nell’attualità interdetta ai sensi del suo art. 79, paragrafo 3. In conclusione, con il D.L. n. 158/2024 appare certo che la designazione del Bangladesh, così come di tutti gli altri 18 paesi inclusi nella lista, sia avvenuta senza eccezioni, né territoriali né personali.Il diritto dell’Unione risulta dotato senz’altro di efficacia diretta sicché il giudice nazionale hal’obbligo di applicare la norma europea e di non applicare quella nazionale, dovendo a tal fine verificare che la fonte normativa europea sia chiara, precisa e incondizionata. A tale ultimo riguardo, il tenore della decisione della Corte di Giustizia del 4 ottobre 2024 non lascia margini di dubbio sul carattere immediatamente precettivo delle disposizioni della Direttiva 2013/32/UE in materia di condizioni per la designazione di un paese terzo come paese sicuro.Di conseguenza, sarà interessante comprendere quali sarà la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che dovrà pronunciarsi sui seguenti punti: “se la presenza di forme persecutorie o di esposizione a danno grave concernenti un unico gruppo sociale di difficile identificazione — quali ad esempio le persone lgbtiqa+, le minoranze etniche o religiose, le donne esposte a violenza di genere o a tratta ecc… – escluda detta designazione» (come Paese sicuro); e se “il dovere per il giudice di disapplicare l’atto di designazione permanga anche nel caso in cui detta designazione venga operata con disposizioni di rango primario, quale la legge ordinaria”.Al riguardo, è opportuno sottolineare che già Il Tribunale di Roma con ordinanza del 1° luglio 2024 ha proposto rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione ai sensi dell’art. 363-bis c.p.c., proponendo il seguente quesito: «se in caso di soggetto proveniente da paese di origine sicuro, nell’ambito del procedimento conseguente al provvedimento di rigetto per manifesta infondatezza ai sensi dell’art. 28 ter, D.Lvo. n. 25/2008 emesso dalla Commissione territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale, il giudice ordinario sia vincolato alla lista dei paesi di origine sicura approvata con il decreto interministeriale, o se il giudice debba, anche in ragione del dovere di cooperazione istruttoria, comunque valutare, sulla base di informazioni sui paesi di origine (COI) aggiornate al momento della decisione, se il Paese incluso nell’elenco dei “Paesi di origine sicuri” sia effettivamente tale alla luce della normativa europea e nazionale vigente in materia». La questione proposta dal Tribunale di Roma Sezione Specializzata Immigrazione alla Corte di Cassazione sulla quale si pronuncerà il 4 dicembre non si sovrappone tuttavia a quella proposta dal Tribunale di Bologna il 25 ottobre 2024 con rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, atteso che il quesito proposto in quella sede riguarda il dovere del giudice.

Paolo Iafrate

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