Sanità pubblica, mancano 63mila infermieri

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Negli ultimi anni, la carenza di infermieri in Italia è diventata una delle problematiche più urgenti del sistema sanitario, con effetti diretti sulla qualità dell’assistenza ai pazienti. Gli infermieri, protagonisti della lotta alla pandemia da COVID-19, si trovano ora a fronteggiare una situazione critica che compromette non solo il loro benessere professionale, ma anche la sicurezza e la qualità delle cure.

Secondo la Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche (FNOPI), mancano più di 63.000 infermieri per garantire uno standard di assistenza adeguato. Questo dato riflette una situazione di emergenza in un settore già messo a dura prova. Rispetto alla media europea, il rapporto infermieri-pazienti in Italia è inferiore di circa il 20%, un divario che si traduce in turni estenuanti e carichi di lavoro insostenibili per il personale attivo.

Le ragioni di questa crisi sono molteplici. Da un lato, l’invecchiamento della popolazione ha determinato un aumento della domanda di cure specialistiche e di lungo termine, che il sistema fatica a sostenere. Dall’altro, un numero crescente di infermieri italiani emigra verso altri Paesi europei, attratti da condizioni di lavoro e retribuzioni migliori.

Le Conseguenze per la Cura dei Pazienti

La carenza di infermieri ha ricadute significative sulla qualità delle cure. Con meno personale a disposizione, l’assistenza rischia di diventare frammentaria e priva di continuità, compromettendo l’esperienza e la sicurezza del paziente. I tempi di attesa aumentano, rendendo più difficile garantire il supporto psicologico ed emotivo, soprattutto nei reparti di oncologia, terapia intensiva e geriatria.

Inoltre, i turni prolungati e il sovraccarico di lavoro mettono a rischio sia la salute dei pazienti sia quella degli stessi infermieri, spesso soggetti a elevati livelli di stress e a un alto rischio di burnout. La scarsità di personale porta a una minore attenzione alle esigenze individuali dei pazienti e a un incremento degli errori, spesso causati dalla mancanza di riposo e lucidità.

Un’opportunità per arginare il problema potrebbe essere quella di rendere più attrattiva una professione che sta vivendo un momento di profonda crisi. Disegnare nuovi modelli professionali che riconoscano le competenze degli infermieri e offrano opportunità di sviluppo di carriera è un primo passo. Facilitare l’accesso alla formazione infermieristica, con contributi per chi intende frequentare questo corso di laurea, potrebbe rendere la professione più accessibile e sostenibile. Anche le istituzioni stanno discutendo possibili soluzioni, anche se talvolta si ha l’impressione che le proposte non siano all’altezza delle sfide e possano aggravare le difficoltà per i professionisti.

Rinnovare i contenuti dei corsi di laurea e integrare le nuove tecnologie potrebbe supportare gli infermieri e migliorare la loro qualità di vita. L’adozione dell’intelligenza artificiale e delle soluzioni digitali, per esempio, rappresenterebbe un passo avanti nella ridefinizione dei processi organizzativi, alleggerendo il carico di lavoro degli infermieri.

Certamente, la crisi degli infermieri in Italia non può più essere ignorata. Investire in una formazione adeguata e implementare politiche di reclutamento che rendano attrattiva questa professione per le nuove generazioni è essenziale. La qualità dell’assistenza sanitaria e la sostenibilità del sistema dipendono dalla capacità di affrontare con urgenza questa sfida.

Valentina Alvaro

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