Albania: il Csm si arrocca in difesa delle toghe di Bologna, divenendo scudo ai giudici pro migranti

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«Sono stati travalicati i limiti di cronaca e di critica dei provvedimenti giudiziari», è stata turbata «la credibilità della funzione giudiziaria», ai giudici è stata lanciata una accusa di parzialità«priva di riscontri concreti». Il Consiglio superiore della magistratura scende in campo in difesa dei giudici del tribunale di Bologna che hanno stoppato il decreto governativo sui «paesi sicuri» in cui rispedire i migranti, trasmettendolo alla Corte di giustizia europea.

Nella seduta plenaria il Csm a stragrande maggioranza vota una risoluzione che attacca frontalmente i giornali e gli esponenti politici che hanno attaccato i giudici di Bologna. Ma l’obiettivo è più alto: il documento se la prende con i «titolari di alte cariche istituzionali» colpevoli anche loro di avere delegittimato i magistrati pro-migranti. Non si fanno nomi, ma il riferimento è al presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al vicepremier Matteo Salvini.

Nuova puntata, quindi, dell’attacco al governo da parte dei giudici su migranti e piano Albania. Il plenum del Csm ha approvato a maggioranza la risoluzione a tutela dei giudici di Bologna che hanno rinviato alla Corte europea di giustizia il decreto legge sui Paesi sicuri. Ventisei i voti a favore della risoluzione; mentre sono stati 5 i contrari tra i consiglieri laici di FdI, Lega e Forza Italia. Nessun astenuto. Si tratta del decreto approvato dal governo per sbloccare la situazione dei trasferimenti in Albania. Si tratta della prima risoluzione approvata dal Csm negli ultimi 15 anni. Il che rende bene l’idea dell’intensità dell’attacco in atto contro il governo.

Nella delibera approvata dal Csm a Palazzo Bachelet si legge: “Nel caso in esame, sono stati travalicati i limiti di cronaca e di critica dei provvedimenti giudiziari; così determinando un possibile indebito condizionamento dell’esercizio della funzione giudiziaria oltre che dei singoli magistrati; in violazione delle imprescindibili condizioni di autonomia, indipendenza ed imparzialità”. Ancora: “L’auspicio – si legge nella delibera – è quello di un dialogo sereno tra le Istituzioni, nel rispetto della reciproca autonomia”.

Il Csm, poi, ha posto l’accento sul fatto che il provvedimento dei giudici bolognesi “è stato oggetto di dure dichiarazioni da parte di titolari di alte cariche istituzionali; non correlate al merito delle argomentazioni giuridiche sviluppate nell’ordinanza”.

L’esecutivo di Magistratura democratica ha approvato un documento di apprezzamento per la deliberazione del Csm: “Ci troviamo in un momento storico in cui si ripetono – si legge nella nota della corrente progressista della magistratura – con frequenza e intensità crescente, ripetute aggressioni mediatiche alla persona di singoli magistrati: si tratta di attacchi gravi per i toni utilizzati, spesso sguaiati, gratuitamente offensivi, quando non violenti: e perché, spesso, provengono da persone che rivestono alti incarichi istituzionali. Finalmente, dopo anni di sostanziale desuetudine dell’istituto (vittima di prudenze e di tatticismi degni di miglior causa) il Consiglio superiore della magistratura è tornato ad esercitare una delle più alte responsabilità istituzionali affidate all’organo di governo autonomo della magistratura: approvando una pratica a tutela dell’indipendente esercizio della giurisdizione, messo in discussione da aggressioni mediatiche potenzialmente capaci determinare un turbamento al regolare svolgimento o alla credibilità della funzione giudiziaria. L’intervento a tutela non si caratterizza per la nettezza di toni che, forse, il momento avrebbe richiesto. Tuttavia, oggi il Consiglio superiore della magistratura ha posto uno scudo istituzionale a tutela del Tribunale di Bologna: bersaglio di gravi e ingiustificati attacchi. Auspichiamo che, quanto prima. Il Consiglio superiore della magistratura sappia mostrare analoga sollecitudine e fermezza per altri casi non dissimili che, come il caso del Tribunale di Catania e quello di Roma, da troppo tempo attendono una risposta”, conclude la nota di Magistratura democratica.

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