A Roma, il corteo delle femministe contro Meloni e Valditara perchè ‘stupratori’. Bruciata la foto del ministro

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Migliaia di persone hanno sfilato a Roma e in varie città italiane nei cortei organizzati dall’associazione contro la violenza sulle donne ‘Non una di Meno’, in vista del 25 novembre.
Poco prima della manifestazione di Roma, un gruppo di ragazzi appartenenti a vari collettivi ha dato fuoco a un’immagine del ministro davanti alla sede del dicastero dell’istruzione. Prima del corteo ufficiale, un gruppo di manifestanti appartenenti a vari collettivi si è radunato proprio sotto la sede del ministero per l’Istruzione e il Merito, per contestare il ministro Valditara.

La marea, fortemente rossa con cori da ultrasinistra, dalle proteste “nude look” delle femministe, dagli slogan pro Pal, fino alle foto del ministro Valditara bruciate in piazza a Roma. Il patriarcato, forse anche i femminicidi, per le donne femministe di “Non una di meno”, che hanno sfilato nella Capitale, sarebbero colpa sua. Quindi, invece di bruciare le foto degli assassini, al rogo vanno le immagini del ministro e gli insulti, le accuse di essere “stupratori”, sono per la premier Meloni e il ministro della Pubblica istruzione.

Il corteo di “Non una di meno”, promosso in occasione di oggi, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, si è trasformato in una sfilata di di follia e di odio . Sullo striscione che apriva la manifestazione si leggeva ‘disarmiamo il patriarcato’ mentre su un altro appeso al lato di uno dei due tir presenti nel corteo ‘La vergogna deve cambiare lato’. In testa al corteo i centri antiviolenza femministi. Tra i tanti slogan e cartelli si leggeva: “Siamo rivoluzione”, “se il patriarcato non esiste perché continuiamo a morire”, “vietare alle donne di lavorare è violenza”, “principessa sei solo mia, possedere non è amare e la scuola lo deve insegnare”. Cosa dire? Stupore, visto che nulla c’entra con il governo di destra? E se il corteo doveva essere “apolitico” perché prima dell’inizio una fotografia del ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara è stata bruciata da alcuni manifestanti di fronte al ministero?

“A noi non interessa chi commette la violenza ma se guardiamo i dati a noi risulta che si tratta soprattutto di uomini italiani. Se vogliamo stare sui dati è interessante vedere che più dell’80% delle persone che commettono violenza sono partner o ex partner. Questo ci dice che non conta la nazionalità ma la relazione che le donne instaurano con gli uomini e il senso di possesso che gli uomini hanno sulle donne che considerano proprie e questo è vero a ogni latitudine e in ogni parte del mondo“, ha spiegato, in piazza, Carlotta di “Non una di meno” rispondendo poi sulle dichiarazioni del ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara. “La violenza è trasversale, il patriarcato lo è, può assumere forme diverse ma sicuramente non c’è un aumento dei femminicidi dovuto a un cambiamento della popolazione italiana. Questo è indubitabilmente un governo patriarcale: non basta avere una donna presidente del Consiglio perché il governo cambi di segno – afferma ancora Carlotta – Quello che dobbiamo guardare sono le politiche e le politiche ci parlano davvero di un rafforzamento della famiglia patriarcale in cui le donne vengono considerate valide solo in quanto madri e mogli”. Poi, le folli conclusioni: “Gli stupratori sono i violenti, gli stupratori sono Giorgia Meloni e il ministro Valditara perché fanno violenza di Stato, non ci vogliono libere”.

“A un anno dal femminicidio di Giulia Cecchettin altri 106 nomi, rimasti anonimi, si sono aggiunti. L’assassino, il violento, l’abusante sono figli della nostra società e hanno quasi sempre le chiavi di casa” recita il comunicato dell’associazione.

Durante la presentazione dell’associazione contro la violenza sulle donne dedicata a Giulia Cecchettin, il ministro dell’Istruzione Valditara ha tenne un intervento che ha fatto discutere per alcune affermazioni sul patriarcato e sugli episodi stessi di violenza in Italia.
Il dibattito sul patriarcato si infiammò: nella notte comparvero scritte contro Valditara sulle mura del Ministero dell’Istruzione.

“La visione ideologica vorrebbe risolvere la questione femminile lottando contro il patriarcato. Ma come fenomeno giuridico è finito con la riforma del diritto di famiglia del 1975, che ha sostituito alla famiglia fondata sulla gerarchia la famiglia fondata sulla eguaglianza”, esordì il ministro: “Occorre non far finta di non vedere che l’incremento dei fenomeni di violenza sessuale è legato anche a forme di marginalità e di devianza in qualche modo discendenti da una immigrazione illegale”, concluse, creando la partenza delle polemiche.

Nella notte del 20 novembre, sulle mura esterne del Ministero dell’Istruzione e del Merito a Roma, sono comparse scritte contro il ministro Giuseppe Valditara. Messaggi come “104 morti di Stato, non è l’immigrazione ma la vostra educazione” e “Valditara fai schifo, non può patriarcare per sempre, dimettiti” sono stati accompagnati da simboli anarchici e dalla stella a cinque punte.
Elena Cecchettin, sorella di Giulia, ha condannò le parole pronunciate durante un evento dedicato alla memoria della vittima, accusando il governo di fare propaganda su temi delicati: “Forse, se invece di fare propaganda si ascoltasse, non continuerebbero a morire centinaia di donne ogni anno“, ha dichiarato.

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, difese Valditara. Su X (ex Twitter) scrisse: “Le scritte intimidatorie e i simboli anarchici comparsi sul Ministero dell’Istruzione sono un gesto vile e inaccettabile. Piena vicinanza al ministro Valditara, sicura che il suo impegno non sarà fermato da queste provocazioni”.

Questa, in sintesi è la storia che vede coinvolti Valditara e la premier, all’origine delle violente proteste di ‘Non una di meno’.

La prima performance di “Non una di meno” al corteo a Roma ha visto diverse giovani incappucciate con passamontagna ricoperti di lustrini, volendo replicare il gesto della studentessa iraniana, Ahoo Daryaei, che si è spogliata davanti all’università a Teheran per protestare contro l’imposizione del velo. “Siamo il grido altissimo e feroce di tutte quelle donne che più non hanno voce”, lo slogan con cui si è aperta la performance. Le giovani, coperte dallo striscione sopra il quale c’era la scritta “il corpo è mio, decido io”, si sono tolte le maglie e sul finale hanno tirato giù lo striscione mostrandosi a seno nudo.

Ma si sono sentiti anche cori in favore dei palestinesi. “Preparate le chiavi di casa, siamo solidali con le sorelle palestinesi, cacciate dalle case per l’occupazione israeliana. Le chiavi di casa sono simbolo di auto difesa e rivolta: fermiamo le guerre che normalizzano la violenza”, erano gli slogan delle attiviste di ‘Non una di meno’ quando il corteo è arrivato all’altezza del Circo Massimo e di fronte alla Fao

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