La presentazione dell’ultimo libro di Bruno Vespa, andata in scena alla Camera di Commercio di Roma, è stata teatro di un’accesa discussione tra Carlo Calenda e Matteo Salvini. Motivo del contendere le «nomine di livello» fatte da Donald Trump per la sua prossima amministrazione, apprezzate dal vicepremier che però – incalzato dal leader di Azione – ha faticato a snocciolare. Limitandosi a citare Elon Musk e Vivek Ramaswamy, scelti da The Donald per guidare il nuovo dipartimento per l’Efficienza del governo. «Gli altri non li conosco», ha ammesso a un certo punto Salvini, spiegando di essersi posto l’obiettivo di non leggere i giornali per non rovinarsi il fegato. Le parole del leader della Lega hanno provocato la reazione di Calenda: Musk è quello che tu arresteresti se venisse in Italia per il reato globale di gestazione per altri. Leggi i giornali, che ti fa bene, te lo dico». Un confronto, quello visto alla Camera di Commercio di Roma, che senza dubbio ha visto uscire vincitore Calenda.
Trump, da parte sua, non perde tempo e interviene a gamba tesa su guerra e immigrazione. È bastata una chiamata alla presidente messicana per ottenere ciò che voleva da tempo: chiudere le frontiere. «Ho appena avuto una bellissima chiamata con la nuova presidente, Claudia Sheinbaum Pardo. Ha accettato di fermare la migrazione attraverso il Messico e verso gli Stati Uniti, chiudendo di fatto il nostro confine meridionale», scrive il tycoon su Truth Social. «Una conversazione produttiva», l’ha definita con un filo di ironia scatenando il plauso dei suoi sostenitori.
Trump aveva annunciato un dazio uniforme del 25% su tutti i beni provenienti dal Messico se il Paese non avesse adottato misure per contenere il flusso di migranti e droghe verso gli States. La presidente Sheinbaum, prima di sentire Trump aveva fatto la “finta dura”. «Se ci saranno tariffe statunitensi, anche il Messico aumenterà le proprie», dichiarava in conferenza stampa. Ma il gioco ha retto poco e in un post successivo Trump l’ha confermato: «Il Messico impedirà alle persone di raggiungere il nostro confine meridionale, con effetto immediato.
Trump ha alzato la posta anche con l’Oriente, minacciando di imporre un ulteriore dazio del 10% alla Cina, accusata di essere la fonte primaria dei precursori chimici per il fentanyl che i cartelli messicani contrabbandano oltre il confine. «Milioni di vite distrutte inutilmente» annunciando una campagna pubblicitaria per sensibilizzare gli americani sui pericoli del fentanyl.
Secondo un rapporto della Cnn, il presidente sta valutando diverse opzioni per risolvere il conflitto ucraino. Un piano, del generale e veterano in Vietnam Keith Kellogg, prevede che gli aiuti militari americani all’Ucraina siano subordinati a negoziati di pace e a una politica di cessate il fuoco. Un’altra proposta, avallata dall’ex ambasciatore di Trump in Germania, Ric Grenell, parla di “regioni autonome” all’interno dell’Ucraina. Un termine volutamente ambiguo, privo di dettagli, che sembra un tentativo di pacificare la Russia senza perdere Kiev.
Più controversa l’idea di permettere alla Russia di mantenere i territori occupati in cambio dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato. Una soluzione che sembra avere poche chances di essere accolta dall’entourage di Trump. «La deterrenza va ripristinata» ha dichiarato il futuro consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz, insistendo sulla necessità di anticipare l’escalation piuttosto che subirla. Non a caso, Vladimir Putin ha lasciato intendere che Mosca potrebbe colpire «centri decisionali» nella capitale ucraina. La minaccia arriva poche ore dopo un attacco massiccio alle infrastrutture energetiche ucraine, che ha paralizzato intere regioni del Paese.
La leggenda secondo cui Donald Trump e Vladimir Putin segretamente si amano, detestano la Nato e spingono insieme per un nuovo ordine mondiale è una favola. La verità è che nessuno sa chi vincerà nel match fra pace e guerra, ed è proprio questo il punto: nessuno sa o può prevedere come andrà a finire e quindi i giorni dell’incubo non sono finiti.
Il Cremlino non ha dato alcun segno di apertura di credito a Trump ma al contrario ha ribadito in maniera ossessiva e in puro stile sovietico che la Russia è vittima di un grande complotto dell’Occidente che mira a smembrarla e farla sparire come entità politica. L’idea di smembrare la Russia è accarezzato dalla Repubblica Popolare Cinese, formalmente alleata, maggior acquirente del petrolio russo e fornitore di tecnologia per uso sia civile che militare. Per ora Russia e Cina hanno reciproche convenienze per simulare un fronte unito, ma la Cina è sul filo della crisi di nervi per la retorica nucleare di Putin e il presidente Xi Ji-Ping ha un partner solidissimo come la Francia di Emmanuel Macron.
Gli americani, invece, non vogliono una Russia smembrata, memori dei disastri seguiti alla dissoluzione degli imperi austro-ungarico e ottomano. Putin si sente minacciato più dall’Europa che dagli Usa, ma teme che una parziale vittoria in Ucraina potrebbe portare a un cambio di regime a Mosca e allo smembramento del più grande impero della Terra.
Putin ha giocato la carta del missile con cui minacciare l’Europa con armi atomiche come uno spot pubblicitario: Mosca se vuole può distruggere non obiettivi militari ma le capitali europee con tutti i loro abitanti. Questa è la minaccia che ha fatto scattare Trump spingendolo a una dichiarazione che non si era mai sentita prima. È frustrante ripetere che il nostro destino è legato a una partita in cui c’è chi è pronto a vedere il bluff di Putin sfidandolo alla guerra, e chi teme che Putin possa davvero lanciare la terza guerra mondiale attaccando uno più paesi della Nato perché prigioniero del suo personaggio e del fortissimo partito di suoi fan.
Trump ha intimato a Putin di smettere di minacciare missili e bombe atomiche sull’Europa perché l’America – ecco la novità assoluta – sarà schierata in difesa dei suoi alleati. Nello stesso discorso Donald Trump ha ricordato di non aver mai fatto morire un solo essere umano e di avere soltanto avviato il progressivo abbandono di tutte le basi militari. La sua formula è semplice: gli Stati Uniti sono e saranno la sola potenza con un potere di dissuasione. E non hanno più bisogno del vecchio sistema delle basi sparse ovunque, salvo quelle destinate a proteggere lo Stato di Israele. Nella sua visione strategica ogni potenziale nemico dell’America è già da considerarsi nel mirino se tentasse di usare la forza contro Stati Uniti e contro i suoi alleati, cioè noi europei.
Trump considera alleati i membri della Nato, la Corea del Sud, il Giappone l’Australia e naturalmente Il Regno Unito. Queste parole hanno fatto scattare in Putin un orgoglio nazionalistico anche verbale da parte di Putin. Dopo i primi lanci ucraini di missili americani Attacks, dando notizia della nuova “dottrina nucleare” e mostrando sul campo di battaglia l’unico prototipo di missile a gittata intermedia multipla e annunciando nuove “linee rosse” che provocherebbero, se varcate, la guerra. Queste minacce, espresse con parole molto decise, sono tuttavia soltanto parole, ma segnano un nuovo corso che durerà presumibilmente fino all’insediamento di Trump alla Casa Bianca il 20 gennaio 2025. E la decisione di Joe Biden di autorizzare gli ucraini a lanciare i missili Attacks mostra di fatto una sintonia fra il vecchio Biden e il non più giovane Trump. Tutte le fonti aperte e quelle riservate stanno lavorando in maniera operosa e non è un caso che Joe Biden abbia vinto la sua mano imponendo la tregua in Libano.
Nel mentre, Mosca non perde occasione di stringere la morsa sui dissidenti. Dmitry Talantov, avvocato e critico della guerra in Ucraina, è stato condannato a sette anni di carcere per aver definito, in alcuni post su Facebook, le azioni dell’esercito russo «pratiche estremamente naziste». L’Onu ha chiesto il suo immediato rilascio, ma il Cremlino sembra determinato a usare il pugno di ferro contro quella che definisce «quinta colonna».