La torsione negoziale di Ursula von der Leyen

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I problemi che il nuovo governo dell’Ue deve affrontare e che la Von der Leyen ha enunciati sono, allo stato, tutti senza una prospettiva di soluzione. E questa potremmo definirla come la torsione negoziale della Presidente, per consentire il passaggio della nuova Commissione in seno al Parlamento anche se con una maggioranza deludente e litigiosa. Difronte alla necessità di dare un nuovo corso al governo europeo, in termini qualitativi e di competitività, la Von der Leyen ha fatto suoi tutti i temi che andranno svolti nel corso del prossimo quinquennio. Colmare il gap tecnologico con Usa e Cina, decarbonizzazione lenta ma costante, difesa comune; queste sono le direttrici principali su cui muoversi. Una mera dichiarazione di intenti, volta, a nostro avviso, ad assicurarsi la rielezione e il varo della nuova Commissione. Ma queste iniziative avrebbero bisogno di atti politici di largo respiro e di un enorme impegno finanziario. Il suo fine è evidente e lo strumento adottato è quello della politica dei due forni , non a caso la cooptazione di ECR di Giorgia Meloni. La transizione digitale e verde richiederanno investimenti di centinaia di miliardi, possibili anche con gli investimenti privati che però hanno bisogno di essere attratti da adeguate risorse pubbliche. Soprattutto per lanciare un segnale ai mercati. Completamento del mercato dei capitali e unione bancaria. A questo va aggiunta la questione migratoria e quella sociale . Tutto questo da misurare con i parametri fissi imposti dal nuovo patto di stabilità. Il tutto condito da un Consiglio europeo fiaccato, contraddittorio e privo di leadership e un Parlamento litigioso che si è diviso sul voto alla Commissione. Occorre un’ Europa che sappia porsi in modo autorevole quale interlocutrice con i grandi attori internazionali, Cina, Russia, Usa e India, ma con a supporto una politica estera che in questo momento è mancante. Un compito gigantesco, appesantito da anni privi di dibattito sulla questione della governance e sul tema di bilancio, un misero 1% del Pil , con la sola eccezione del Next Generation EU, nel 2020. Dobbiamo solo sperare che il timore di un declino, paventato da Mario Draghi nel suo rapporto, possa indurre i principali Paesi e con essi le principali forze politiche a convincersi che l’ attualità e l’ emergenza non contrastano con le visioni di medio e lungo termine, in quanto le stesse sono già un’ emergenza. Ma i cosiddetti nazionalisti/sovranisti non vogliono comprenderlo .

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