I dati preoccupanti arrivano dal terzo Rapporto sulla Salute ed il Sistema Sanitario realizzato da Fondazione Enpam ed Eurispes: il 52% dei medici ed il 45% degli infermieri dichiara di soffrire di burn out. Tra i sintomi: esaurimento emotivo, cinismo e perenne senso di inadeguatezza. Conseguenze inevitabili, visto l’altissimo livello di stress a cui sono sottoposte tutte le categorie di professioni sanitarie (ogni 100 pensionati ci sono sempre meno assunti e sempre più precari), ma che osteggiano l’erogazione di un servizio di qualità.
Infatti, per quanto le ricerche non si possano ancora definire scientificamente complete, gi studi concernenti gli effetti psicologici del ricovero sulla buona riuscita della terapia fisica sono tanti e suggeriscono esista una stretta correlazione tra le due cose. Una ricerca pubblicata sull’ “International Journal of Cardiology”, per esempio, mostra come pazienti cardiopatici, che hanno intrapreso un percorso psicoterapico a seguito dell’operazione, abbiano riscontrato un generale miglioramento nelle condizioni mediche e di vita rispetto a chi, invece, tra di loro non l’ha fatto. Per un medico o un infermiere è, quindi, indispensabile entrare in empatia con il paziente, per una rosa di motivi differenti: immedesimarsi per trovare la giusta diagnosi nel minor tempo possibile e capire quando il problema è di natura psicosomatica sono tra i primi.
Chi si occupa della salute altrui deve essere dotato degli strumenti per farlo al meglio e deve essere retribuito in maniera adeguata: medici ed infermieri italiani guadagnano circa il 20% in meno rispetto ai loro colleghi in Europa, condizione che contribuisce ad aumentare lo stress lavorativo. Il rapporto restituisce l’immagine di un Ssn che non solo non può permettersi di curare tutti al meglio, ma è la prima causa di malessere per chi ne fa parte e cerca, a costo della propria sanità mentale e fisica, di fare ciò che può. Definirli eroi è giusto, ma fin troppo comodo.
