Il primo ministro Benjamin Netanyahu non andrà ad Auschwitz il 27 gennaio, perché teme il mandato d’arresto internazionale dopo il pronunciamento della Corte penale internazionale nei suoi confronti. La cerimonia celebrerà l’80esimo anno della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau in Polonia. La notizia sull’assenza del primo ministro israeliano per ragioni legali è stata riferita dal quotidiano polacco Rzeczpospolita. Netanyahu, dopo aver appreso di essere sotto inchiesta, ha espresso tutta la sua indignazione, dicendo che il processo era come il “Caso Dreyfus”. Quando poi è arrivata la sentenza col mandato di arresto, il premier israeliano ha parlato di “decisione antisemita”.
Secondo un retroscena, il tutto sarebbe interpretato da Varsavia come l’avvisaglia di un forfait, legato al fatto che la Polonia ha annunciato che avrebbe dato seguito al mandato di arresto dell’Aja.
L’assenza di Netanyahu al campo di concentramento nazista di Auschwitz ha scatenato un caso politico-diplomatico, con il vice ministro degli Esteri polacco Wladyslaw Bartoszewski, che sta organizzando l’evento, secondo quanto riportato da Newsweek, ha ribadito che la Polonia “è impegnata a rispettare” il verdetto della Cpi. Israele, a ridosso della sentenza, ha annunciato due ricorsi alla corte dell’Aja, ritenendo che nella decisione ci fossero carenze procedurali e che la Cpi non ha alcuna giurisdizione sui cittadini israeliani.