Il giorno dopo la sentenza di assoluzione con formula piena per Salvini sul caso Open Arms, per l’ex ministro dell’Interno arriva il momento della soddisfazione e del bilancio, del sollievo e del riconoscimento, giuridico e politico, di convinzioni e scelte. L’assoluzione nel processo «è il segno che ho fatto il mio dovere e mi ripaga di tante amarezze», ha commentato a caldo Salvini. Del resto oggi, allo stato dei fatti e dei verdetti pronunciati – oltre che delle ultime, tragiche vicende che arrivano dalla Germania in queste drammatiche ore – si può dire chiaro e tondo: l’immigrazione deve essere controllata e regolamentata per il bene di tutti, anche dei migranti, oltre che per la sicurezza e la tenuta sociale dei Paesi chiamati ad accogliere e ospitare.
Il giorno dopo l’assoluzione nel processo Open Arms, Matteo Salvini è a Largo Argentina, a Roma, per incontrare i cittadini. Appena arrivato è assediato da giornalisti e tv. C’è qualche parlamentare come l’ex magistrato Simonetta Matone. C’è Claudio Durigon, sottosegretario al ministero del Lavoro. Ci sono simpatizzanti, qualche militante.
Gli consegnano uno striscione con la maxi-scritta “Il fatto non sussiste”, che Salvini, sorridente, espone davanti a telecamere e obiettivi dei fotografi. Poi il leader della Lega torna a ribadire tutta la sua soddisfazione per aver difeso i confini dell’Italia: «Essere assolti perché il fatto non sussiste vuol dire che gli intellettualoni di sinistra per tre anni hanno scritto sciocchezze o raccontato sciocchezze in tv…».
«Devo dire che in tribunale a Palermo ho visto una corretta, giusta e sana separazione di chi giudica rispetto a chi indaga. Ma non sempre è così. Quindi, ora la separazione delle carriere e la responsabilità civile dei magistrati, concludendo con: «separazione delle carriere e responsabilità civile per i magistrati», ha invocato il vicepremier e leader della Lega.
La sentenza di primo grado del processo Open arms è il “segnale che abbiamo la stragrande maggioranza di magistrati preparati e coraggiosi, che applicano le leggi prescindendo dalle loro idee politiche” e che “questo processo, fondato sul nulla, non si sarebbe nemmeno dovuto cominciare: e comunque avrebbe dovuto coinvolgere anche Conte, allora presidente del consiglio”. Così il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, in un’intervista al Messaggero in cui affronta tutti i temi caldi sul fronte della giustizia.
“Bisognerà pur pensare a risarcire le persone che finiscono nella graticola giudiziaria per anni, perdendo la salute, i risparmi, e magari il posto di lavoro, perché qualche pm non ha riflettuto sulle conseguenze della sua iniziativa avventata e, in questo caso, incomprensibilmente limitata a un ministro solo”, aggiunge Nordio prendendo spunto dall’assoluzione del vicepremier e ministro Matteo Salvini al processo Open Arms.
Secondo il Guardasigilli “come la magistratura dev’essere indipendente dalla politica, così quest’ultima deve esserlo dalla magistratura. Auspico, nello stesso interesse della magistratura, che ogni sua inchiesta venga considerata assolutamente ininfluente nell’ambito politico”. Ecco perché, a suo dire, la separazione della carriere serve per “garantire la terzietà del giudizio”, spiegando che “entro l’estate dovremmo avere la doppia lettura” anche se “difficilmente ci saranno i due terzi, quindi si andrà a referendum. E me lo auguro: se ci fossero i 2/3, vista la malizia politica, qualcuno potrebbe insinuare accordi sottobanco. Mentre con il referendum saranno i cittadini a decidere”.
Secondo Nordio la riforma della giustizia “sicuramente è quella che ha più possibilità di arrivare in fondo e nei tempi più rapidi”. Poi aggiunge: “Questa è la riforma Nordio-Meloni, e lo rivendico”. Quanto a un possibile sciopero dei magistrati, secondo il ministro “sarebbe di una gravità assoluta e il governo non cederebbe di un centimetro. Non è un colpo di Stato pensare di varare una riforma costituzionale secondo le procedure fissate dalla stessa Costituzione”.