Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Roberto Cavallini il seguente articolo:
Tutto è cominciato con un colpo di tosse di uno spettatore, nel buio del teatro in attesa dell’inizio dello spettacolo, al quale è succeduto, in risposta, un altro colpo di tosse proveniente dal palcoscenico e poi altri colpi di tosse da altri anonimi spettatori (la stagione è quella che è) ai quali in risposta si sono sentiti altri colpi di tosse pari in numero ed intonazione, sempre provenienti dal palco.
Poi silenzio.
Lo spettacolo vero e proprio può iniziare.
Ma… il prologo basato sul dialogo improvviso e improvvisato dell’espulsione rumorosa e violenta di escreato e di aria conteneva in nuce molti di quegli elementi che saranno poi costituenti la rappresentazione a seguire: assonanze, improvvisazioni, associazioni apparentemente incongrue ma rivelatrici di significati altri, nascosti magari dietro un velo di scena.
Bahamuth è stato liberamente associato al “Manuale di zoologia fantastica” di J.L. Borges e M. Guerrero.
Bahamuth è un pesce colossale già presente in una leggenda cosmologica araba, che sostiene sulla propria schiena il mondo che regge a sua volta un gigantesco toro il quale a sua volta sostiene un’enorme pietra di rubino che fa da pedana per un angelo di dimensioni tali da reggere sulle proprie spalle il mondo intero ma non ha nessun supporto se non con l’oscurità che è inconoscibile per definizione.
La scenografia è essenziale, una illusionistica prospettiva (Borromini docet) costituita da elementi policromi (grande giocattolo, sviluppando l’idea delle sculture in tasca) si presta a varie utilizzazioni e simbolizzazioni durante lo svolgersi dello spettacolo, dove Rezza parte dall’immobilità di un uomo steso, che fa la veci di un tiranno.
“Portatemi in alto e poi scivola in basso, riportatemi in alto e di nuovo scivola” un gioco sadico che viene imposto ai due “servi” (?) interpretati da Manolo Muoio e Neilson Bispo Dos Santos.
Tutto spettacolo è nel ritmo: i passi, le frasi, I frammenti narrati, sono tenuti assieme dal corpo, dalla parola, anzi dal corpo-parola come lo definisce l’autore stesso.
Il susseguirsi delle vicende, è una costruzione creata con le “regole del montaggio cinematografico”, non esiste una sequenza narrativa evidente, in Bahamuth la sequenza drammaturgica viene messa in relazione i frammenti di storie con i movimenti e con i ritmi sonori della parola recitata. Verrebbe da pensare, se il riferimento non appare troppo ardito, ai principi teorici del teatro futurista che prevedevano, dal punto di vista drammaturgico, che vi sarebbe stato l’abbandono, oltre che della trama, anche del verso e della prosa a favore del verso libero, che avrebbe distrutto la sintassi e, con essa, i retaggi della precedente letteratura teatrale, concepita come antica e lontana dal dinamismo della contemporaneità.
Qui, in Bahamuth, la triade parola – corpo – spazio si manifesta a tratti sintetica e/o metaforica, apparentemente incongrua, e in altri momenti, estremamente rappresentativa.
In Bahamuth “La successione degli eventi nell’ambiente giocattolo, devia la percezione del reale dall’immagine persuasiva”.
Non dimentichiamo che Bahamuth, nel sostenere il mondo, non ha nessun supporto se non con l’oscurità che è inconoscibililità per definizione.
Bahamuth sono novanta minuti di tensione continua, dove lo spettatore pende letteralmente dalle labbra e dal corpo dell’attore che, attraverso suoni, mugugni, parole, versi, ma anche le continue contorsioni, trasformazioni, riferimenti velati, accennati, come lo sono i messaggi subliminali della società contemporanea, esprime tutta la sua capacità magnetica ed evocativa in un finale che non è veramente tale perché protratto oltre il copione con dei fuori scena di dialogo col pubblico costituito da improvvisazioni, momenti di ilarità e surrealtà.
Lo spettacolo non può finire, continuerà nel foyer.
Bahamuth
di Flavia Mastrella e Antonio Rezza
con Antonio Rezza e con Manolo Muoio e Neilson Bispo Dos Santos.
Liberamente associato al “Manuale di zoologia fantastica” di J.L. Borges e M. Guerrero (mai) scritto da Antonio Rezza
habitat di Flavia Mastrella.
assistente alla creazione Massimo Camilli
luci e tecnica Alice Mollica
macchinista Andrea Zanarin
organizzazione Tamara Viola, Stefania Saltarelli
Una produzione Rezza-Mastrella – La Fabbrica dell’Attore Teatro Vascello
Al teatro Vascello di Roma, via G. Carini 78.
Dal 07 gennaio al 12 gennaio 2025
Roberto Cavallini