Domani mattina nel cimitero monumentale di Bari, l’arcivescovo metropolita monsignor Giuseppe Satriano, alle 10 celebrerà il funerale del piccolo neonato trovato morto la mattina del due gennaio all’interno della culletta per bambini abbandonato installata davanti alla chiesa della parrocchia di “San Giovanni Battista”. Prima del funerale curato da Roberto Savarese, il titolare dell’omonima azienda di onoranze funebri che ritrovò il bambino il giorno di capodanno, il vescovo provvederà a battezzare e a dare un nome al piccolo. Il funerale come annunciato dal sindaco Vito Leccese, per volontà dell’intera amministrazione comunale del capoluogo pugliese verrà pagato dalle casse comunali e il piccolo sepolto nel cimitero di Via Francesco Crispi. Intanto in procura si iniziano a mettere in ordine i tasselli dell’inchiesta che al momento ha due capi di imputazione distinti. Il primo contro ignoti per abbandono di minore con conseguente morte e il secondo a carico del parroco don Antonio Ruccia e dell’elettricista installatore Vincenzo Nanocchio. Per loro il capo di imputazione è quello di omicidio colposo. Dopo i primi riscontri autoptici dall’esame del corpicino del neonato morto emergono alcuni fondamentali elementi che concorreranno al prosieguo dei risvolti giudiziari della vicenda.
Età e condizioni generali del bambino
Il neonato al momento del ritrovamento, è stato stabilito che aveva un mese di vita. Le sue condizioni di salute non erano ottimali, presentava degli arrossamenti cutanei simili a quelli provocati da insetti o da un inizio di scabbia. Il piccolo era malnutrito e disidratato e igienicamente poco curato con presenza nelle parti inguinali di residui di feci non pulite in maniera appropriata e indossava al posto di un normale pannolino un assorbente mestruale femminile.
Cause e datazione della morte e possibili tempi di permanenza nella culla
La causa della morte, così come emerge dall’autopsia, è quello della ipotermia, il piccolo il cui peso era di due chili e ottocento grammi, è morto di freddo. Secondo i medici legali la morte è avvenuta poco meno di ventiquattro ore prima del suo ritrovamento, ovvero più o meno all’alba della mattina di capodanno. Sempre secondo i primi esiti peritali di carattere medico legale il piccolo avrebbe avuto un’agonia durata dalle quattro alle sei ore. Cosa che fa pensare che lo sfortunato bambino era stato lasciato vivo in quella culla. Si tratta di un bambino di pelle bianca che è stato partorito al termine di una normale gestazione e forse non in una struttura ospedaliera. Potrebbe trattarsi di un bambino di origini caucasiche.
Sul fronte, invece, delle perizie di carattere tecnico e tecnologico effettuate sulla culla e sull’intera struttura emergono alcuni punti di criticità che hanno decisamente concorso al decesso di quel piccolo corpicino e nello specifico:
non hanno funzionato i sensori del tappetino
I sensori del tappettino, infatti, adagiato sotto il materassino della culla non hanno azionato i sensori di rilevamento del peso che avrebbero dovuto far scattare l’allarme. In sostanza alcune delle diverse lamelle metalliche installate sotto il tappetino sono risultate rotte e piegate, cosa che ha mandato in corto circuito il sistema e non ha consentito la partenza dell’impulso al commutatore telefonico.
Il malfunzionamento dell’impianto di riscaldamento
L’altro elemento di criticità riscontrato dal collegio peritale durante gli esami in loco e nei laboratori del politecnico di Bari è il mancato funzionamento del condizionatore nell’erogazione dell’aria calda. Il condizionatore, infatti, pur essendo entrato in funzione su sollecitazione dei due sensori installati sulla porta e sulla culla non eroga aria calda a causa di una perdita nell’impianto che non ha consentito la diffusione del calore in quel box.
A questi due elementi tecnici se ne aggiunge un terzo, ovvero il mai attivato impianto Wi-Fi di diffusione delle immagini che sarebbero dovute essere registrate all’interno della culla. Questo non funzionamento, in questo caso, è stato riscontrato che non può essere addebitato a una avaria meccanica o elettronica come meni precedenti due casi ma al mancato collegamento dell’impianto che pur era stato installato nella struttura, non si capisce bene per quale motivo o scelta.
Dalle perizie, poi, come, peraltro, mai smentito dalle parti in causa è emerso che i sistemi di allarme e protezione della struttura erano solo quelli legati ad un commutatore telefonico che avvisava il parroco della presenza di un corpo estraneo e nessun altro tipo di impianto o sistema alternativo di sicurezza che poteva in caso di inefficienza del sistema principale entrare in funzione come attività sostitutiva. Quindi in sostanza, un solo condizionatore, un solo impianto di allarme con un solo commutatore telefonico agganciato a una sola utenza telefonica e una sola batteria dell’impianto di allarme.