Bari – Si cerca la mamma del neonato morto

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Angelo è il nome che verrà scritto Sulla lapide che verrà riposta nei prossimi giorni su quel fazzoletto di terra sotto il quale, insieme a tanti altri bambini, è stato seppellito il corpicino del neonato trovato morto, la mattina del 2 gennaio scorso nella culla dei bimbi abbandonato all’esterno della parrocchia di San Giovanni Battista a Bari. A dare un nome a quel bambino, riprendendo le parole pronunciate durante l’omelia funebre dall’arcivescovo metropolita della diocesi di Bari e Bitonto, sua eccellenza, monsignor Giuseppe Satriano, sarà il sindaco di Bari Vito Leccese. La cerimonia funebre è iniziata ieri mattina, poco dopo le nove, con un’ora di anticipo rispetto a quanto annunciato, nel tentativo di schivare l’attenzione mediatica dei tanti cronisti, fotoreporter e cameraman che, da oltre quindi giorni, stanno raccontando questa triste storia. A occuparsi del funerale è stata l’agenzia di onoranze funebri di Roberto Savarese, l’uomo che casualmente ritrovò quel corpicino senza vita in quella culla fuori dalla chiesa. A effettuare il servizio sono stati i suoi collaboratori con Savarese che ha preferito evitare di farsi vedere al cimitero per non correre il pericolo della strumentalizzazione demagogica della sua presenza al momento della sepoltura. Assenti anche Don Antonio Ruccia, il parroco della chiesa di “San Giovanni Battista” e Vincenzo Nanocchio, il tecnico elettricista della culla che fino all’ultimo è stato tentato di partecipare ai funerali ma per ragioni di opportunità ha preferito non esserci, anche lui per non correre il rischio di essere strumentalizzato in un momento di forte dolore quale è quello che l’intera comunità barese sta vivendo negli ultimi diciassette giorni. In chiesa, per volere del vescovo, non sono state ammesse le telecamere, intorno alla piccola bara bianca, una ventina di fedeli e, accanto, il sindaco di Bari a rappresentare l’intera comunità. La piccola bara sulla quale c’era una piccola composizione di fiori bianchi e rossi è stata adagiata davanti alla Natività allestita sotto l’altare della cappella cimiteriale. Due neonati che, simbolicamente, si guardavano. Il bambinello del presepe e il neonato entrato per la prima e l’ultima volta in una chiesa. Tra loro monsignor Satriano che, durante l’omelia, ha richiamato l’attenzione dei pochi partecipanti al rito funebre sostenendo che “è tempo di dolore, di silenzio e di preghiera”, poi, rivolgendosi a quel neonato senza vita, con voce commossa, ha detto: “piccolo fratello, piccolo figlio d’uomo senza nome, angelo che hai toccato nel profondo le nostre vite, porto il dolore di una città e di una comunità ecclesiale, di tanti operatori sanitari e di tanti uomini e donne che hanno saputo della tua vicenda. Preghiamo per te, avvertendo nel cuore una sofferenza infinita. Possa questa preghiera riscaldare il tuo cuore. Possa questa preghiera essere balsamo di consolazione per la tua mamma, che per nove mesi ti ha atteso, tra tante fatiche e paure. Possa questa preghiera divenire per noi umile richiesta di perdono”. L’alto prelato ha, poi, concluso rivolgendosi, sempre, a quel piccolo corpo senza vita dicendo: “Avremmo voluto anche noi consolare il tuo pianto, ma non c’eravamo; avremmo voluto alleviare le fatiche del cuore di tua madre, aiutandoti a vivere, ma non siamo stati capaci di impedire la tua morte. Quanto dolore e quanta fatica, il cuore scoppia. Perdonaci, ma soprattutto perdonami piccolo fratello, per la mia incapacità di guardare oltre, per le mie omissioni. Dal cielo, dove sarai, come angelo di luce, donaci un tuo sorriso, consola il cuore della tua mamma e di chi ti ha voluto bene, intercedi per noi, perché liberi dal giudizio facile sugli altri, impariamo a ritrovare sguardi di comprensione e di bene. Provo a immaginare il tuo corpicino adagiato nella bara e avverto un desiderio, che penso sia anche di tanta gente: ti consegniamo alle braccia del Signore che saprà, col suo sguardo tenero e profondo, donarti pace e gioia sussurrando al tuo cuore: “non piangere”. Sì, è così che immagino Gesù accanto a te, proteso con la sua sconfinata tenerezza a cullarti, cantandoti una dolce ninna nanna”. All’uscita dalla chiesa monsignor Satriano, rispondendo a quanti gli chiedevano che nome avesse dato a quello sfortunato neonato, rispose dicendo: “chi sono io per dare un nome a questo bambino? Un nome lo potrà già aver ricevuto da sua madre prima che lo abbandonasse”. Al momento della sepoltura nella commozione generale di tutti, mentre le vangate di terra coprivano quel piccolo sarcofago bianco, il vescovo ha augurato a quel piccolo: “Riposa in pace piccolo fratello, piccolo figlio d’uomo senza nome, angelo che hai toccato nel profondo le nostre vite”. Per quello sfortunato bambino di pochi giorni di vita, monsignor Satriano ha composto una apposita ninna nanna che recita: “Amico mio, non temere più la notte, guarda quante stelle in cielo splendono per te. Le ho accese io perché tu non fossi triste e alla sera quando dormi ne accendo una in più. Ho visto un bimbo, che piangeva e mi ha guardato, mi ha guardato e mi ha sorriso, proprio come te. Amico mio non temere più il silenzio, senti quante voci ormai cantano per te, non piangere più tra le strade della terra, una strada bianca c’è, per venire da me”.

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