Bari – Neonato morto. Parla la super testimone

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Sulla vicenda del ritrovamento del neonato morto, trovato nella culla per bambini abbandonati posizionata all’esterno della parrocchia di “San Giovanni Battista”, in via Arcidiacono Giovanni, nel residenziale quartiere “Poggiofranco” di Bari, parla la donna, una ginecologa Rosalba Doria che abita di fronte alla culletta, che forse potrebbe aver sentito per l’ultima volta il bambino vivo, poco più di trentasei ore prima del suo ritrovamento e a poche ore dalla sua morte.

Dottoressa lei è passata di qui il 31 dicembre che cosa è successo, che cosa ha sentito?

Niente, io ho sentito dei lamenti che sembravano dei gattini, sembrava un gattino.

E che ha fatto a quel punto?

Mi sono anche avvicinata nella strada cercando di richiamare il gattino, ma non sono riuscita a identificare da dove venisse questo lamento. Però, diciamo, mi auguro ancora che fosse un gattino, devo dire la verità, questo è tutto?

Cosa, poi, l’ha indotta a pensare che si potesse trattare del neonato trovato morto la mattina del 2 gennaio scorso?

Soltanto a posteriori ho ricollegato questo, e quindi sono andata a fare una deposizione spontanea ai carabinieri proprio perché, magari, poteva essere utile per le indagini medico legali solo per questo.

Ovviamente lei non è certa?

Certo, spero di sbagliarmi, ancora oggi, spero di essermi sbagliata.

Si ricorda a che ora è avvenuto tutto questo, lo ricorda?

Potevano essere le 20,15 o 20,30 e faccio della sera della fine dell’anno e per strada non c’era nessuno perché a quell’ora erano già tutti a cena era la sera del 31 dicembre.

E lei?

Io aveva i miei pacchi, la mia spesa, le mie cose tra le mani.

Non ha pensato di verificare la natura e la provenienza di quei suoni?

Forse in un altro momento mi sarei, anche, soffermata di più però era tardi, non c’era nessuno per strada e niente. Sono andata via.

Com’erano questi lamenti, ricorda?

Guardi sembrava un gattino, un gattino abbastanza insistente diciamo, però non si riusciva a identificare da dove venissi, però non si riusciva a capire da dove venisse quel suono, perché io mi sono avvicinata ma non l’ho capito, questo è quanto.

Lei si augura che questa culla possa, magari, possa servire in futuro?

A cosa? Io, diciamo, spero che lo posizionino in luoghi idonei in una struttura idonea un presidio del genere per la tutela di tutti, soprattutto, dei bambini, insomma.

Secondo lei questo non è un luogo idoneo a ospitare una struttura del genere?

Assolutamente no, no no.

Perché, secondo lei questo non è un luogo idoneo a ospitare questo tipo di struttura?

E beh, perché si è visto quello che è successo, ci devono essere delle regole ben precise e deve essere garantito sia l’anonimato da parte dei genitori che, anche, l’immediato soccorso del bambino e qui, questo, non accade. Come si può ben vedere solo passando, in questa strada ci sono telecamere posizionate dappertutto, e quindi non è, affatto, garantito l’anonimato e per quanto riguarda l’incolumità del neonato si è visto quello che è accaduto, come è finita tristemente questa storia.

Dichiarazioni, queste che sono finite nel fascicolo di indagine condotte dagli uomini della squadra mobile della questura di Bari, coordinate dal procuratore aggiunto Ciro Angellilis e dal sostituto procuratore della Repubblica, Angela Morea e che supportano la prima ipotesi formulata in sede autoptica dai medici legali che ipotizzano che la morte del piccolo sia avvenuta circa venti ore prima del suo ritrovamento e che il piccolo sia stato lasciato vivo in quella culla all’interno della quale sarebbe vissuto, prima di morire per ipotermia, per circa cinque o sei ore.

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