La Corte giustiziata

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Grande subbuglio è in atto presso la Corte dei conti in tutta Italia, per la riforma legislativa in itinere, avente come primo firmatario l’onorevole Foti, neo Ministro per le politiche di coesione al posto di Fitto, che anziché promuoverne il buon andamento e l’efficienza, come enunciato in vuoti assunti, appare in realtà e sempre più come lo scardinamento vendicativo nei confronti di una magistratura, avente profonde radici nella Costituzione anche sostanziale, ma odiata perché mette le mani in tasca a chi non si dovrebbe.

Alcuni personaggi politici, più animati da intenti punitivi per fatti personali o ravvicinati di responsabilità amministrativo-contabile, forse per questione di incultura non sembrano soppesare il ruolo invero cruciale affidato a tale magistratura, che sta al cuore del patto sociale, consistente nel controllo e certificazione della fedeltà e correttezza dei bilanci e dei conti pubblici, oltre che nell’accertamento delle responsabilità dei pubblici amministratori per il caso di danni da cattiva gestione delle risorse pubbliche.

L’Associazione dei magistrati della Corte, di fronte a tanta insensatezza e sfrontatezza di proposizioni legislative arrogantemente unilaterali, irragionevoli e dirompenti, e priva di interlocuzioni politiche adeguate, si dimena impotente tra assemblee pubbliche, intenzioni di scioperi e dimissioni, e stato di mobilitazione permanente, ora proponendo la revoca dell’autorizzazione dei magistrati incaricati presso uffici di diretta collaborazione del Governo, ovvero cercando di ispirare emendamenti contenitivi, ora mettendo all’indice colleghi anziani che avrebbero svenduto e fatto mettere la Corte in liquidazione, ora approntando argomenti e strumenti per rivolgersi successivamente alla Corte Costituzionale, per trovare giustizia e più giusti equilibri.

In effetti, il progetto di legge in stato avanzato promuove misure volte, senza infingimenti, a devitalizzare le funzioni giurisdizionali della Corte; disarticolare le funzioni requirenti drasticamente riducendo e gerarchizzando le Procure; disancorare l’organizzazione della Corte su base regionale sganciandola e distanziandola dall’assetto territoriale dello Stato; congelare i magistrati in ruoli di controllo, giurisdizionali o requirenti; forfetizzare il danno erariale facendo accollare la quota residuale alla fiscalità generale; trasformare la Corte in un parerificio preventivo (Corte Faq) a salvacondotto del buono e non buono operato dei dirigenti pubblici; movimentare tout court un numero enorme di magistrati ed impiegati in modo scriteriato e senza alcuna riflessione sulle implicazioni organizzative, logistiche e di funzionalità, il tutto ad invarianza di spesa.

Tutto questo smantellamento e disarmo, peraltro, mentre in diversi luoghi la realtà viaggia in senso opposto suggerendo maggiori presidi. Uno tra i tanti per esempio in Calabria dove, dopo circa venti anni di truffe e doppi o multipli rimborsi di prestazioni sanitarie, di cessione di crediti improbabili, di rilievi e mancate parifiche per mancata certezza dei dati contabili, non si è ancora chiusa l’operazione di ricostruzione del bilancio e della spesa delle ASL e sanitaria in generale, a pesante discapito del diritto alla salute e dei servizi e delle cure alla popolazione locale. Persino Catone il cosiddetto censore chiamò Scipione l’africano a rendere il conto delle spese sostenute per la guerra punica, per presunti sperperi, pur a guerra vinta.Il provvedimento di riforma tende a curare i sintomi, non guardando alle cause, ma tenendo sotto scacco e condizionamento il sereno operato di un intero apparato di magistratura speciale, accusato di pochi o inconcludenti giudizi di responsabilità, quando il messaggio chiaro che negli ultimi anni arriva dai ranghi politici è quello di non disturbare i manovratori, specie in tempi di attuazione del PNRR. Aspetto che sembra non sfuggire all’osservazione attenta ed implacabile del Presidente della Repubblica.

Di fronte a tanta approssimazione, non sarebbe forse stato più lineare e trasparente dire che non si vuole più mantenere una forma di responsabilità amministrativa e contabile dei pubblici dipendenti, volendo ricondurla a fattispecie comuni ? oppure modificare sostanzialmente la tanto intollerata normativa sui dissesti dei bilanci degli enti locali ed il trattamento delle responsabilità conseguenti, che pur il parlamento di altre stagioni ha approvato, inclusa la sanzione associata di ineleggibilità che tanto fastidio dà ? oppure rendere più effettivo il potere riduttivo delle sanzioni erariali, e introducendo la figura di un GIP realmente garante a presidio della serietà e consistenza delle indagini di responsabilità erariale ?

Di certo tante cose dovevano essere approfondite, anche se per l’Associazione e le rappresentanze sindacali del personale bisogna interrogarsi meglio sull’attualizzazione storica del ruolo e della funzione di questa Corte, e in specie se la si vuole davvero funzionante ? se il bilancio pubblico e la sua gestione è davvero e ancora un bene e un interesse della collettività, alla luce della Costituzione ? ovvero se sia privo di senso proseguire senza un chiaro razionale di fondo e condiviso, ricercando assetti alternativi ?

Per alcuni autorevoli giuristi e benpensanti, in quanto magistratura amministrativo-contabile specializzata in economia pubblica, sarebbe stato il perfetto giudice naturale in materia tributaria. Per altri la responsabilità dei pubblici dipendenti potrebbe essere trattata come una materia specializzata del giudice ordinario. Chissà…

Insomma, per l’Associazione tutto sarebbe da reistruire, nella ricerca di un modello più funzionale e razionale.

Rimane il fatto che se lo scopo ultimo recondito è quello di disarmare, la riforma dovrebbe comunque preservare il diritto acquisito dei magistrati della Corte di optare per la permanenza in funzioni giurisdizionali, se del caso in altri ambiti giudiziari da sempre e perennemente considerati carenti, ovvero di incentivarne parte, i più delusi e smarriti da un cambiamento avvertito come reazionario e ritenuto inaccettabile e incostituzionale, a lasciare con un pensionamento anticipato.

Ma il messaggio che passa e rimane da parte del Governo non ci sembra dei più esaltanti, mentre Cavour si rigira nella tomba.

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