Romano Prodi a Sky Tg24 viene invitato a commentare la cerimonia di insediamento di Donald Trump a 47esimo presidenti degli Stati Uniti e della partecipazione di Giorgia Meloni all’evento.
“C’è un successo a breve della Meloni mentre la sinistra ha perso, i cosiddetti riformisti non hanno proposto riforma alcuna, non significa essere comunisti ma riportare quel minimo di giustizia che il mondo ha perso”. Prodi, ex premier e presidente della Commissione europea, a precisa domanda: “Ha fatto bene la premier ad andare a Washington?”, risponde: “Dal suo punto di vista ha fatto benissimo ad andare, sta giocando una carta anti europea, quella di aderire al rapporto bilaterale Usa-Italia, ma le va bene nel futuro questo? È un gioco al presente, quando si costituisce un minimo di azione comune europea il suo ruolo verrà ridimensionato. Si creerà una forte tensione con le istituzioni europee che non possono delegare la politica europea all’Italia”.
Agli Usa Prodi riconosce quella “forza talmente grande cui tutti si adeguano” ma non manca di osservare: Mi ha colpito molto che la prima reazione di Bruxelles sia stata, giustamente, nel sottolineare l’amicizia. Ma, per la miseria, si poteva anche dire che qualche preoccupazione c’è…. Ho ascoltato Trump con molta attenzione e siamo a un cambiamento globale del mondo. Mai avrei pensato che la democrazia fosse messa a rischio dagli Stati Uniti, non ‘interno’ ma aggressivo. Tra Panama, i dazi, i migranti e il Messico, quello e’ un discorso imperiale e gli Usa hanno tutta la forza per farlo”.
I passaggi sui dazi, sul neo-protezionismo americano, quello sulla volontà di “espansione” del territorio americano, il pugno duro contro l’immigrazione sul confine a sud, la voglia di cambiare il nome del Golfo del Messico, le volontà di controllo del canale di Panama, l’uscita dal green deal, disegnano la visione del mondo di Trump. All’elenco didascalico di Trump mancano due capitoli, sfiorati solamente: il rapporto con la Cina che ha toccato essenzialmente la vicenda TikTok e quello con la Russia. “Vorrò essere ricordato come Donald il pacificatore”. E dopo il discorso arrivano le reazioni dal mondo.
Giorgia Meloni era presente al giuramento, unica europea presente in platea che sembra essere uno dei punti di contatto col vecchio Continente. Viktor Orbán che non c’è ma che si fa sentire in una sorta di versione Occupy Bruxelles. Si è congratulato con il nuovo presidente americano Donald Trump, affermando che le forze nazionaliste, rafforzate dall’insediamento del magnate alla guida degli Stati Uniti, devono ora “occupare” Bruxelles. “Congratulazioni al Presidente @realDonaldTrump! Ora tocca a noi brillare! Tocca a noi occupare Bruxelles!”, ha scritto Orban su X. Così L’Unione europea con Ursula von der Leyen non può fare altro che inviare un messaggio di auguri rivolto al nuovo capo di Stato americano. Che è un po’ auspicio e un po’ speranza.
“L’Ue attende con impazienza di collaborare strettamente con lei per affrontare le sfide globali”, ha scritto Von der Leyen. “Insieme, le nostre società possono raggiungere una maggiore prosperità e rafforzare la loro sicurezza comune; questa è la forza duratura del partenariato transatlantico”.
Ma Trump ha già chiesto alle agenzie federali di studiare gli accordi commerciali con i vari Paesi e capire dove sarà più conveniente colpire con i dazi. Canada, Cina, Messico e Unione Europea sono avvertiti.
Per la Cina c’è il vicepresidente, e il Paese si prepara all’imprevedibilità di Donald Trump alla Casa Bianca, con i temuti dazi fino al 60% sul made in China. Ma all’attenzione di Pechino non è sfuggito che il tycoon sta dando il via al suo secondo mandato partendo dal dragone con spunti d’interesse. Per motivi d’immagine soprattutto interna, Xi Jinping non poteva accettare l’inedito invito del tycoon, presentarsi di persona nella platea di Capitol Hill e omaggiare the Donald. Ma il leader cinese non ha disdegnato l’iniziativa, vista come il riconoscimento che il nuovo inquilino della Casa Bianca lo vede sì come avversario, ma anche come interlocutore privilegiato. Un messaggio apparso più chiaro dopo la telefonata tra i due leader di venerdì scorso, quando il tycoon ha scritto su truth che “il presidente Xi e io faremo tutto il possibile per rendere il mondo più pacifico e sicuro!”. Xi, invece, ha elencato venerdì a Trump i suoi punti: la necessità di convivenza pacifica, la questione Taiwan (rivendicata da Pechino e linea rossa dei legami con gli Usa), il nodo commerciale con la minaccia dei dazi americani e lo scontro tecnologico, punti caldi tra le gravi difficoltà dell’economia mandarina. Il caso Tiktok “mette alla prova la serietà usa di cooperare”, ha scritto il China Daily in un editoriale. Pechino ha incassato una prima vittoria: la popolare app della cinese Bytedance ha resistito al bando del 19 gennaio, grazie a Trump. E ha citato, attraverso il suo ministero degli Esteri, “un processo decisionale aziendale indipendente” dopo che il tycoon ha proposto di assicurare il 50% di proprietà statunitense di tiktok. Una possibile apertura in un negoziato non semplice.