Antonio Di Pietro, è favorevole alla separazione delle carriere tra giudici e pm: ‘Io lo dico tenendo ben presente gli articoli 104 e 111 della Costituzione. La separazione delle carriere è solo la naturale conseguenza dell’art 111, una conseguenza di buon senso” spiega in una intervista al Corriere della Sera. “Prevedere che l’accusa e il giudice siano della stessa famiglia è un controsenso. Le carriere unite significa che giudice e pm fanno parte della stessa squadra, dello stesso ceppo. Ma così come in una partita di calcio l’arbitro e il giocatore non possono far parte della stessa squadra, anche nel nostro sistema processuale giudici e pm non dovrebbero percorrere la medesima carriera. Fino a prova contraria la riforma non modifica l’articolo 104 della Costituzione, secondo cui sia l’autorità giudicante sia l’autorità requirente sono totalmente indipendenti da ogni altro potere dello Stato. Anzi secondo me il pm avrà più poteri di prima. E comunque non è questione di riforma: la sudditanza al potere politico dipende solo dall’ animus del giudice o del pm”.
“Nel giorno dell’inaugurazione dell’anno giudiziario – chiede Di Pietro – anziché uscirsene dall’aula con la Costituzione in mano, li inviterei piuttosto a rileggersela meglio, la Costituzione”, “fin quando parliamo di un’associazione culturale, scientifica, allora il suo ruolo è apprezzabile per la competenza, le capacità al suo interno. Ma se assume un ruolo politico, come sta assumendo o ha già assunto, perfino con le sue correnti — destra, sinistra, centro, indipendenti — allora da organismo di cultura e di sapienza si trasforma in una Terza Camera della Repubblica, però senza contrappesi. Io non mi sono iscritto perché non volevo essere identificato, appartenere a questa o quella parte”.