Atti relativi al caso Almasri inoltrati al Tribunale dei Ministri. Meloni indagata, Calenda: ‘Surreale’

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“In relazione all’indicato procedimento gli atti sono stati inoltrati al Collegio per i reati ministeriali del Tribunale dei Ministri”. E’ quanto si legge nella comunicazione di “iscrizione nel registro delle notizie di reato”, firmato dal procuratore Francesco Lo Voi, nei confronti della premier Giorgia Meloni, dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e del sottosegretario Alfredo Mantovano.

«Si segnala, al fine di fare chiarezza, il totale fraintendimento da parte di numerosi esponenti politici dell’attività svolta dalla procura di Roma, la quale non ha emesso, come è stato detto da più parti impropriamente, un avviso di garanzia nei confronti della presidente Meloni e dei ministri Nordio e Piantedosi ma una comunicazione di iscrizione che è in sé un atto dovuto perché previsto dall’art. 6 comma 1 della legge costituzionale n. 1/89. La disposizione impone al procuratore della Repubblica, ricevuta la denuncia nei confronti di un ministro, ed omessa ogni indagine, di trasmettere, entro il termine di quindici giorni, gli atti al Tribunale dei ministri, dandone immediata comunicazione ai soggetti interessati affinché questi possano presentare memorie al collegio o chiedere di essere ascoltati. Si tratta, dunque, di un atto dovuto». Così in una nota l’Associazione nazionale magistrati.

“Chiunque aiuti taluno a eludere le investigazioni della Corte penale internazionale è punto con la reclusione fino a quattro anni”. Parte da qui, dall’articolo 378 comma uno del codice penale, il favoreggiamento personale, l’indagine della procura di Roma sulla presidente del consiglio, Giorgia Meloni, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, quello agli Interni, Matteo Piantedosi e il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Alfredo Mantovano, sulla “liberazione di Osama Almasri”.

Un atto dovuto, è vero, dopo la denuncia dell’avvocato Luigi Li Gotti, difensore esperto ed ex sottosegretario del governo Prodi, che nei giorni scorsi aveva presentato una denuncia alla procura di Roma contro la premier e i ministri ipotizzando appunto il favoreggiamento personale. E anche il peculato. Ma anche un accertamento necessario sulla base di alcuni elementi di fatto messi in fila nell’esposto dell’avvocato. Sul favoreggiamento, l’ipotesi è che la scarcerazione di Almasri da parte della corte di appello di Roma sia arrivata per via di un “comportamento omissivo” che sarebbe stato messo in atto dal ministro della Giustizia.

Il procedimento è scaturito da un esposto presentato dall’avvocato Luigi Li Gotti, legale di lunga data dell’ex presidente del Consiglio Romano Prodi, e riguarda il rimpatrio del generale libico Almasri, che avrebbe coinvolto l’uso di un aereo di Stato per trasferire l’uomo dalla città di Torino alla Libia.

L’accusa si concentra su un aspetto cruciale: l’utilizzo di risorse pubbliche per operazioni di questo tipo, un argomento che ha suscitato reazioni politiche forti.

Le reazioni politiche alla vicenda
Il procedimento ha inevitabilmente sollevato un acceso dibattito politico. Se da un lato le opposizioni hanno subito colto l’occasione per criticare l’esecutivo, dall’altro c’è chi, come il leader di Azione, Carlo Calenda, ha espresso posizioni divergenti. In una nota, Calenda ha sottolineato come l’atto che ha portato all’indagine fosse legato a una “ragione di Stato”, motivo per cui il suo governo non dovrebbe essere accusato di un crimine in una vicenda che risponde a una logica di politica internazionale. “Che un presidente del Consiglio venga indagato per un atto che risponde evidentemente a una ‘ragione di Stato’ è surreale e non accadrebbe in nessun altro paese occidentale”, ha dichiarato Calenda.

Il leader di Azione ha inoltre criticato la gestione della vicenda da parte del governo, accusandolo di aver creato “un disastro” in merito al caso Almasri, e di aver dato informazioni fuorvianti agli italiani. La dichiarazione di Calenda rappresenta una posizione più moderata rispetto ad altre reazioni più estremiste provenienti dalle forze politiche di sinistra, tra cui figure come Fratoianni e Bonelli, che hanno immediatamente chiesto misure più dure.

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