Vaticano – Padre Ibrahim Faltas al summit sui diritti dei bambini, voluto da sua Santità Papa Francesco: “amiamoli e proteggiamoli”

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Nella sfarzosa cornice della sala Clementina, lui “frà telefonino” appellativa attribuitogli dopo aver ricevuto una telefonata dall’allora Pontefice “San Giovanni Paolo II”, forte della sua immensa esperienza di pace rivolta, soprattutto, in favore dei bambini in particolare della Terra Santa, ha lanciato un accorato e vibrante grido d’aiuto. Una voce, un pensiero espresso alla presenza di autorevoli rappresentanti del mondo moderno convocati a Roma da Francesco. Per questa ragione pubblichiamo integralmente l’intervento del francescano vicario custodiale di Terra Santa, padre Ibrahim Faltas.

“Buonasera a tutti voi, al Santo Padre, a Sua Maestà, alle Eminenze, alle Eccellenze presenti. Ringrazio Papa Francesco per l’invito a questo importante summit perché condividere e confrontarsi sulle necessità vitali dei bambini è il primo passo sulla via della pace, della verità e della giustizia.

Sono un frate francescano, Vicario della Custodia di Terra Santa che da 800 anni custodisce i Luoghi Santi e le Pietre vive che li abitano.

Vivo da 36 anni la bellezza e le difficoltà della Terra Santa, terra benedetta ma da sempre martoriata.

Sono direttore delle nostre scuole e conosco  i bisogni e i sogni dei bambini e dei ragazzi che vivono in Terra Santa. Sono le stesse difficoltà e gli stessi bisogni delle giovani generazioni che nel mondo vivono situazioni di conflitti e di tensioni ma in Terra Santa i bambini e i ragazzi spesso vivono le stesse condizioni dei loro genitori e dei loro nonni alla loro età. La guerra iniziata sedici mesi fa ha portato morte e distruzione e ha moltiplicato in particolar modo la sofferenza dei bambini palestinesi e dei bambini israeliani.

A Gaza hanno sofferto la fame e la sete, il freddo e il caldo, la mancanza di cure e la mancanza di istruzione. Sono mancati i bisogni essenziali, sono mancati i diritti essenziali. La tregua e la tanto desiderata pace potranno dare sollievo alle necessità fisiche e materiali dei bambini ma sarà difficile cancellare i traumi visibili e invisibili che hanno lasciato cicatrici sul corpo e nella mente nei bambini. Molti di loro hanno perso i genitori, i nonni, i fratelli, hanno perso punti importanti di riferimento e di sostegno per la loro crescita e per il loro sviluppo.

Tanti bambini sono nati in questi sedici mesi: la vita che si fa strada e splende fra le macerie della guerra sia vero segno di speranza, quella speranza che non delude e che apre il cuore!

I bambini morti in sedici mesi sono stati tanti e tanti non hanno avuto la possibilità  di curarsi e di salvarsi.

Per il secondo anno consecutivo i bambini non possono andare a scuola perché le scuole sono state distrutte.

39.000 ragazzi l’anno scorso non hanno potuto affrontare l’esame di maturità e sarà così per tanti altri ragazzi anche quest’anno. Ho parlato con alcuni di loro per cercare di capire come aiutarli a distanza e ho sentito la loro sofferenza perché non vedono il loro futuro, stanno perdendo la speranza del futuro ma nello stesso tempo pensano ai loro coetanei che hanno perso la vita e il futuro.

È il futuro di una terra che la guerra ha contaminato e avvelenato. La guerra distrugge le vite ma anche la natura, l’aria, l’acqua, gli elementi essenziali per la vita dei bambini.

“Lasciate che i bambini vengano a me” è l’invito di Gesù, che spesso sento come un invito personale. Gesù chiede agli adulti del suo tempo di fare spazio, di aprire la strada ai bambini.  Chiede agli adulti di ieri e di oggi di poterli accogliere e di poterli ascoltare. Nell’immagine più classica lo vediamo seduto perché per parlare e per ascoltare i bambini bisogna mettersi al loro livello. I bambini guardano il mondo con gli occhi della verità e la verità inizia dal basso e dalla semplicità. I bambini ci guardano,  siamo un esempio e un modello di vita, sta a noi esserlo in modo positivo o negativo.

Oggi Gesù chiede a noi di proteggere i bambini e, attraverso loro, di proteggere il futuro dell’umanità. È nostra responsabilità aiutarli a crescere serenamente e a sviluppare i loro talenti, a rendere possibili le loro aspirazioni. È un impegno, è una responsabilità che dobbiamo avere ad ogni livello. Ogni persona deve sentire la responsabilità di proteggere i bambini partendo dalle situazioni vissute  più da  vicino come la famiglia e la scuola per arrivare alle responsabilità di chi amministra istituzioni, città, nazioni, organismi internazionali.

La pace, bene essenziale, è il diritto principale dei bambini. Hanno diritto a conoscere il Bene con una educazione alla Pace, che è anche educazione al rispetto della vita e del prossimo. I bambini devono essere allontanati da qualsiasi cultura che incita all’odio, alla prepotenza, all’ignoranza dei diritti umani.

“Lasciate che i bambini vengano a me” sono parole di Gesù che sento come l’esortazione di Papa Francesco a dare più attenzione e più cura ai bambini, a tutti i bambini del mondo israeliani e palestinesi, russi e ucraini, di ogni nazionalità, di ogni credo religioso.

Penso che, come uomini e donne di buona volontà, sentiamo questo bisogno, ma la forza e lo stimolo a continuare a sperare viene dagli appelli di Papa Francesco.

Grazie, Santo Padre. Nel suo ospedale, il Bambino Gesù, tanti bambini che provengono da zone di guerra ricevono cure e protezione. Quei bambini rappresentano quel Bambino che nella Notte Santa di Betlemme portò pace e salvezza al mondo intero. Per questo e per tanto altro e con la stessa semplicità del cuore dei bambini, Le dico solo: Grazie!”

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