Mameli con “L’Italia non s’é desta” battuta da Cotugno e Rivale con “affacciati alla finestra, sarà quel che sarà”

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Davanti alla decisione del presidente americano Donald Trump di censurare la Corte Penale Internazionale, che ha suscitato le reazioni di buona parte del pianeta, l’Italia, attraverso il suo governo e per esso la presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni resta alla finestra. Una decisione che può assumere due significati diretti. Il primo di manzoniana memoria rievoca il controverso “Don Abbondio  … un vaso di terracotta, costretto a viaggiare con molti vasi di ferro”, ovvero una posizione dal lontano ricordo del possesso di midollo spinale. Il secondo significato, per usare un ossimoro, che assume le sembianze di un assordante silenzio, sa, per dirla in burocratese di “silenzio assenso”. Delle due l’una e di quella l’unica cosa certa è che il Bel Paese, almeno in questo momento, non ritiene, per motivi ancora ignoti ai più, di assumere una posizione in difesa di un organismo internazionale i cui primi vagiti li ha espressi, proprio nella città eterna. La Penelope nazionale che fa fare all’Italia la parte della Nazione che da un lato tesse la tela della costituzione di un organismo e dall’altro disfa quella realizzazione stando alla finestra mentre, da qualche parte, si tenta una delegittimazione. Come per l’omerico accostamento, nella cui opera storico-letteraria, la tela di Penelope fu un celebre stratagemma, narrato nell’Odissea, ideato da Penelope, la moglie di Ulisse che, per non addivenire a nuove nozze, stante la prolungata assenza da Itaca del marito Ulisse, aveva subordinato la scelta del pretendente all’ultimazione di quello che avrebbe dovuto essere il lenzuolo funebre  del suocero Laerte. Per impedire che ciò accadesse, la notte disfaceva la tela che aveva tessuto durante il giorno, anche in questo caso oltre all’essenza dell’accostamento v’è pure l’aderenza di una cornice di non certo trascurabile conto come l’oggetto al centro dell’operato che per Omero era un corredo funebre e che per l’Italia, oggi, suona di funeraria scelta nel panorama del contesto geopolitico internazionale. C’è una differenza, però, nel pindarico accostamento tra i due fatti è ed quello che la triste moglie era legata ad un valoroso eroe e alla sua fedeltà rispetto alla scelta iniziale di non maritarsi con altri. Nel nostro caso, invece, certo non si può parlare di fedeltà nuziale alla Cpi e men che mai accostare la scelta ad un valoroso personaggio di epica memoria. Ad onor del vero va detto che Meloni non è certamente Penelope, ovvero una protagonista di un’opera culturale di millenaria memoria e men che mai, si potrebbe pensare di paragonare Trump a Ulisse, quantomeno per l’eroicità delle rispettive gesta e la longevità culturale delle loro nature. Per questo il paragone, ci rendiamo conto è alquanto azzardato, ma sicuramente calzante dal punto di vista esclusivamente metaforico. È pur vero, però, purtroppo, che la storia non si scrive con i se e/o con i ma. Per questo una cosa pare certa, oggi, ed è quella che se il Goffredo nazionale oggi dovesse essere chiamato a una reinterpretazione attualizzata del suo provvisorio inno che, poi, è diventato il nostro nazionale, forse non avrebbe scritto “l’Italia s’è desta” e con tutta probabilità il verso sarebbe diventato: “l’Italia alla finestra”. Lungimirante precursore musicale dei tempi nostri, a tal proposito e alla luce dei fatti delle ultime ore, è stato il Toto, senza accento, nazionale che di identità nazionale se ne intende, che dopo aver scritto “L’italiano”, canzone famosa in tutto il mondo, incisa da Cutugno nel 1983 e presentata nella 33esima edizione del Festival della Canzone Italiana di Sanremo (edizione, manco a dirlo, vinta da Tiziana Rivale con la profetica “Sarà quel che sarà”), l’anno dopo ha chiusi il cerchio presentando sullo stesso palcoscenico la “Serenata” che nel punto più orecchiabile della canzone diceva: “affacciati alla finestra bella mia”. Canzoni, versi, strofe che come per magia sembrano segnare le gesta della politica dei giorni nostri. Una situazione questa che, per usare una citazione molto cara oltre Tevere, ci riporta all’Apocalisse(ciascuno la intenda come vuole), quando si legge: “Così, perché sei tiepido e non sei né freddo né caldo, io sto per vomitarti dalla mia bocca”. Del resto, per restare in tema assoluto con assonanza musicale, dietro l’angolo c’è pur sempre lo spettro del singolo “soldi”, interpretato, sempre nella città dei fiori dal cantautore e paroliere italiano (guarda caso di origine paterna egiziana) Mahmood. Un song, per dirla all’inglese che oggi pare essere il tormentone preferito di Elon Musk, anche lui, ironia della sorte, sudafricano, però con cittadinanza canadese e, poi, naturalizzato statunitense.

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