C’era una volta la Politica, quella la lettera iniziale maiuscola, ovvero: la scienza e l’arte di governare, cioè la teoria e la pratica che hanno per oggetto la costituzione, l’organizzazione, l’amministrazione dello stato e la direzione della vita pubblica. Un termine, un’arte, una scienza e (purtroppo oggi) un mestiere (molto spesso praticato da nullafacenti, non acculturati e non assennati) che etimologicamente affonda le sue origini nella notte dei tempi e trae spunto dalla concezione filosofica di Aristotele secondo cui “politica” significava l’amministrazione della “polis” per il bene di tutti, la determinazione di uno spazio pubblico al quale tutti i cittadini partecipano. C’è oggi, invece, il politichese che non è la diretta derivazione della politica. Sarebbe come dire che la Basilica è il femminile del basilico. Invece, sempre più spesso, in più parti del mondo e da diverse posizioni ideologiche si cerca di sostituire l’antica a nobile parola con la moderna sua pseudo derivazione. Ma da dove trae origine questa metamorfosi involutiva dell’arte della gestione della cosa pubblica? In realtà ci sono molti aspetti che concorrono a determinare tale situazione. Intanto, l’esperienza e la conseguente autorevolezza, poi la rappresentatività democratica e non da ultimo la totale deregulation che ha portato quella che una volta si chiamava “contrapposizione politica” ad evolversi in quello che oggi definiamo “scontro politico”. In primis ci sarebbe da chiedersi quanti rappresentati politici istituzionali dei giorni nostri prima di ricoprire il ruolo hanno maturato un’esperienza nella politica e nella pubblica amministrazione graduale partendo, come si dice in Europa (quando si elargiscono fondi), dal bottom up, ovvero dal basso verso l’alto. A seguire quanti nostri politici hanno lavorato almeno un decennio nella loro vita prima di dedicarsi a ruoli pubblici di rappresentatività? Un tempo si cresceva nelle istituzioni partendo da quelle locali e, soprattutto, c’era gente che si formava alle scuole di partito e nella vita con dei veri e propri mestieri. Ancora, quanti governanti o politici dei giorni nostri riscuoterebbe un consenso democratico grazie al quale sarebbero chiamati a svolgere un ruolo, rispetto, invece, a quanto succede con gli inciuci legislativi elettorali che hanno abolito, preferenze e proporzionale per imporci liste bloccate, sistemi maggioritari e premi di maggioranza? Oggi si viene eletti, ops!, pardon, nominati se sei nelle grazie della leadership del partito (di qualsiasi parte politica) in barba al principio di rappresentanza democratica del territorio che molto spesso i politici neanche conoscono ma dal quale, calati dall’alto, estorcono con il benestare normativo, una elezione che se svolta con le preferenze non li avrebbe visti raggiungere neanche l’obiettivo di ricoprire il ruolo di rappresentanti di lista in un seggio elettorale. Poi, c’è lo stile, i toni, i metodi, la strategia che oggi più che mai, grazie, anche, alla sudditanza mediatica hanno assunto contorni sempre più bassi oltre che nella forma anche nei contenuti. Non si può vivere democraticamente e civilmente in un contesto nel quale un giorno sì e l’altro invece pure si assiste allo stillicidio di una delegittimazione istituzionale dei poteri da tutte le parti. Questo vuol dire dichiarare e combattere una vera e propria incivile guerra alla democrazia. Ora potrebbe essere comprensibile (ma fino a un certo punto) la posizione di chi non ha sulle spalle il fardello della responsabilità storica di un retaggio culturale che ha gettato le basi della storia dell’umanità, ma nessuna logica spiegazione e giustificazione ha chi trae origine dalla nobile cultura che affonda le sue radici nella notte dei tempi. Ma forse neanche ce ne si rende conto purtroppo e questo favorisce la crescita e la diffusione del fenomeno decadentistico sia sotto il profilo intellettuale che etico, morale e culturale. E se i sistemi non cambiano, consegneremo, purtroppo, in eredità ai nostri figli e nipoti un fardello di letame valoriale difficile da sfangare.
Lo stallo della politica si trasforma nella stalla dell’etica
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