L’incubo di decine di migliaia di studenti italiani potrebbe finire tra poco: le modalità di ingresso alla facoltà di medicina non richiederanno più il tanto agognato test di ingresso. Il testo è stato approvato all’unanimità dal Comitato ristretto della Commissione Istruzione del Senato che, però, non ha alcuna intenzione di eliminare il numero chiuso. Lo stress della selezione e delle graduatorie sarebbe, infatti, soltanto posticipato alla fine del primo semestre di lezioni, quando verrà chiesto agli iscritti di tirare le somme e fare i conti con il numero di esami sostenuti (secondo un preciso criterio ancora da prestabilire).
Certamente un traguardo, ma gli studenti non si sentono ancora di cantar vittoria. Per comprendere le loro ragioni, conviene cercare di capire perché, in primo luogo, sia nato il test di ingresso nel 1997. Fino al 1923, la prestigiosa facoltà di medicina è stata riservata ai diplomati al liceo classico e soltanto nel 1969 è stata aperta a tutti, indipendentemente dall’indirizzo di studio scelto fino al momento dell’iscrizione all’ateneo. Ecco che l’Italia si è ritrovata con un numero di aspiranti medici ben superiore al necessario, ma non solo: a quelle condizioni, diventava anche complicato assicurare un’istruzione di livello a tutti. Per questo, sotto input della comunità europea, molte università inserirono, spontaneamente, test di ingresso e numero chiuso per quasi tutte le facoltà scientifiche.
Una garanzia di accesso ad un’istruzione adeguata per tutti gli iscritti: ecco cos’è il numero chiuso, ecco a cosa serve quello che ad oggi chiamiamo TOLC Med. E per quanto gli studenti capiscano le necessità strutturali ed etiche del luogo che li ospita, da bravi futuri scienziati, mettono però in discussione le domande a cui vengono sottoposti ogni anno: taoismo, favole cadute nel dimenticatoio, premi calcistici e cinema. Giuseppe Remuzzi, medico e, ad oggi, Direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, dichiara di non essere in grado di rispondere a molte delle domande che mettono (giustamente, a detta sua) in difficoltà gli studenti. “Io preferirei che chi vuol fare il medico mi dica se, a suo avviso, c’è un problema etico nell’usare le cellule staminali embrionali; avrei chiesto qualcosa sul rapporto tra il pensiero di Galileo e i dogmi della Chiesa.” dice Remuzzi, concludendo il suo pensiero così: “Il medico deve essere colto, siamo d’accordo, ma se non sa che ‘piove sulle tamerici…’ come recita il verso di D’Annunzio, pazienza”.
Ecco quindi che si, gli studenti sarebbero felici di non dover più rispondere a domande esageratamente fuori contesto, ma la preoccupazione per il proprio livello di istruzione rimane. Anche perché medicina, più di altre facoltà, necessita una forte presenza degli studenti in aule attrezzate con, ad esempio, modelli anatomici. Per Alessia Conti, presidente del Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari, il TOLC Med va definitivamente superato, ma solo dopo ingenti investimenti alle infrastrutture: se tutti potranno iscriversi, quantomeno, al primo semestre di medicina, chi farà in modo che i circa 20 000 posti disponibili diventino più di 60 000? Sembra riceveremo risposte solo a partire dai prossimi test: quelli previsti per maggio e luglio rimangono invariati, conviene iniziare a ripassare D’Annunzio.