Il drammatico scontro alla Casa Bianca fra i presidenti americano e ucraino ci fa vedere almeno due scuole di pensiero nell’interpretazione dei fatti fornito dai giornali: quanto l’aggressività di Trump e JD Vance fosse una reazione spontanea alle osservazioni di Zelensky, frutto della loro scarsa esperienza diplomatica di personaggi mediatici, o quanto fosse stato uno spettacolo premeditato, resterà probabilmente un mistero.
Che sia stata una strategia ucraina o una sceneggiata preparata in stile MAGA, resta il fatto tragico di un litigio, con una cacciata dalla Casa Bianca, surreale e drammatica, senza precedenti. Giuliano Ferrara è soddisfatto perché Zelensky ha fatto quello che i leader europei prima di lui non avevano saputo fare: ha detto di no al presidente Usa e glielo ha detto in faccia.
Le due visite di Macron e del premier inglese alla Casa Bianca che hanno preceduto Zelensky, sono stati due viaggi diplomatici del Vecchio Mondo. Ma la diplomazia non è solo ipocrisia, è soprattutto soluzione politica dei conflitti e non credo ci si possa rallegrare di questa profonda rottura, a meno di non fare il tifo per la guerra. Certo, Trump aveva ed ha il chiaro dovere di non mettersi a bastonare in pubblico il rappresentante di un Paese in guerra da tre anni, che rappresenta una nazione martoriata. È legittimo che Trump ritenga sbagliata la strategia dei neo-con di Joe Biden che ha infilato l’Ucraina, e il mondo, in una strategia di vittoria finale illusoria: ed è forse vero che è stato eletto per cambiare quella strategia e per riaprire un dialogo con la Russia. Con brutalità ne scrive Maurizio Belpietro sulla Verità: «Si è finanziata una guerra per procura, la difesa della democrazia con il sangue degli ucraini, ben sapendo che nessuno, non gli americani ma nemmeno gli europei, era disposto a versarne una sola goccia. Così, mille giorni dopo, siamo di fronte alla realtà».
Dal 1874 l’elefante è il simbolo dei conservatori americani oggi guidati da Donald Trump che lo rappresenta con i suoi modi ruvidi e movimenti bruschi, che usa senza delicatezza e discrezione. Trump si è mosso bruscamente in una cristalleria rappresentata dall’Europa e dall’Ucraina strapazzate in diretta tv. Venti minuti di rissa, poi la cacciata senza precedenti: ‘Torni quando sarà pronto’.
Dal Corriere della Sera al Giornale fino ad Avvenire, l’analisi è unanime: lo ‘show’ a favore di telecamere dei media internazionali alla fine dei conti è stato un assist allo ‘zar’ russo.
“Questo round ha un solo vincitore, Putin” scrive l’editorialista del Corriere e grande conoscitore degli Usa, Federico Rampini. “La rissa verbale e la «cacciata» di Zelensky dalla Casa Bianca. Il mancato accordo sui minerali. La cancellazione della conferenza stampa. Peggio non poteva andare. L’Ucraina rischia di perdere il suo alleato più importante, insostituibile. L’Europa vede avverarsi i timori più cupi: le alleanze sono fungibili per Trump. Dopo aver mollato Kiev al suo destino, tocca all’asse atlantico?”, si chiede Rampini.
In un solo colpo la Casa Bianca aveva in mente di ottenere il sostanziale controllo delle preziose “terre rare” ucraine e il pieno mandato a negoziare la pace con Putin. Né l’uno, né l’altro. Il litigio tra il tycoon spalleggiato dal suo vice JD Vance e il leader ucraino Zelensky dice che la porta della Casa Bianca non è più aperta come un tempo. In Ucraina, dopo tre anni di guerra, le immagini che arrivavano da Washington hanno innescato uno psicodramma collettivo. Tra chi preconizza la reazione immediata e soddisfatta di Putin, e chi spera in chissà quale asso nella manica per Kiev”.
«L’Ucraina non è una sola persona, è milioni di persone. Senza gli Stati Uniti non potremmo stare in piedi», dice Oleksyj Goncharenko, deputato della minoranza”.
Sallusti chiude con una riflessione e un auspicio: “Non sappiamo se Zelensky sia un novello Leonida che alle Termopili, a capo di trecento spartani, provò a fermare la potente armata persiana, o, viceversa, un «comico mediocre», come lo ha di recente definito il presidente americano. Chiunque egli sia, che piaccia o no, è il capo di un popolo da tre anni in guerra, che per la sua libertà ha già pagato un enorme prezzo in vite umane e che per questo meriterebbe un grande rispetto. Insomma, speriamo che Trump ottenga la pace attraverso un processo di pace, non un processo all’Ucraina”.
Gli italiani si schierano dalla parte dell’Ucraina. Lo scontro avvenuto nello studio ovale della Casa Bianca tra il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha scatenato un’ondata di reazioni sui social. In Italia il sentiment generale, legato allo scontro è nettamente negativo, un chiaro riflesso di un malcontento crescente verso la gestione della crisi ucraina da parte degli Stati Uniti.
Gli utenti si sono mostrati preoccupati per il tono scontroso di Trump che ha cercato di ridimensionare la figura di Zelensky, accusandolo di non essere grato per il supporto ricevuto. Molti commentatori hanno espresso indignazione di fronte a quella che percepiscono come un’imboscata politica orchestrata per mettere in difficoltà un alleato fondamentale in un periodo critico. Frasi come “Zelensky è un eroe” e “Trump mostra il suo vero volto” sono comuni, evidenziando un forte sostegno per l’Ucraina. Le emozioni che emergono maggiormente sono tristezza (50%), rabbia (20%) e paura (10%).
Zelensky, invece, può godere di un sentiment positivo del 73%, accompagnato da emozioni come fiducia, sostegno e speranza. La maggior parte degli utenti esprime un desiderio collettivo di riformare l’approccio verso la diplomazia internazionale. Nel complesso, il tono dei commenti riflette una crescente ansia per il futuro delle relazioni internazionali tra Usa e Ucraina, ma anche tra Usa ed Ue.