La crisi ucraina e i dubbi della Meloni

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Dopo il match tenutosi venerdì nella stanza ovale della Casa Bianca tra Trump e Zelensky e la riunione a Londra dei maggiori Paesi UE allargata a Turchia e Nato , si possono ricostruire gli eventi. Il punto centrale è la possibilità di rinfrescare la relazione con Washington, passaggio essenziale per dare concretezza al progetto di mettere sul campo una forza militare europea ,in grado di frenare le intemperanze e le velleità di espansione territoriale del Cremlino. Gli sforzi di Macron e Starmer di ottenere qualcosa da Trump, come ad esempio un mese di tregua per dare respiro agli ucraini, non hanno sortito alcun effetto. All’ interno di questa cornice europea , la nostra Presidente del Consiglio, che sembra avere solide relazioni con Trump, è vista come figura in grado di giocare un ruolo importante. Ma la condizione è quella di sposare l’ iniziativa anglo- francese , in una posizione che almeno inizialmente, le assegnerebbe il ruolo di gregaria, funzionale sicuramente allo scopo, ma non da protagonista come ci vogliono far credere alcuni giornali di area centrodestra. Del resto la stessa Premier ha mostrato scarso entusiasmo sul modo con cui si sta affrontando la crisi euro-atlantica. In primis, l’ Italia ha preso le distanze dalla grottesca quanto ridicola retorica trumpiana, non ha voluto accreditare la tesi che l’ aggressore sia Kiev e non Mosca. Il governo italiano ha preso le distanze da questa impostazione, al netto del Vice Presidente del Consiglio, Salvini, che aderisce con l’ entusiasmo di un bambino al nuovo corso della Casa Bianca e non nasconde le sue simpatie per Vladimir Putin. Giorgia Meloni insiste nel ricondurre quel che ancora rimane dello spirito euro-atlantico all’ interno della Nato, che attualmente sembra un’ illusione, ma realisticamente sarebbe l’ unica strada da seguire. All’ interno dell’ Alleanza Atlantica si potrebbero risolvere i problemi dell’ aumento delle spese militari per dar maggior forza in termini di sicurezza all’ Europa in vista di un eventuale dispiegamento di forze militari in Ucraina. Ad un attento sguardo alla nostra politica interna emerge che le sortite filo trumpiane e antieuropeiste di Salvini , ad oggi, non costituiscono una minaccia per la stabilità del governo, anche perché i parlamentari leghisti sono meno di un terzo dei parlamentari di maggioranza. Se poi consideriamo che in momento in cui la Casa Bianca minaccia di applicare dazi altissimi alle merci europee e quindi italiane, gli imprenditori del Nord non gradirebbero la crisi dell’ esecutivo, almeno a breve, per cui Salvini sarebbe completamente isolato non solo dagli elettori, ma persino, come già sta accadendo, dai suoi stessi colleghi di partito. Le contraddizioni all’ interno della maggioranza esistono e sono evidenti, ma almeno apparentemente, sembra che Giorgia Meloni riesca a gestirle. Ma anche a sinistra le cose non vanno meglio: per un PD che tiene salda la sua posizione europeista , ci sono i 5 Stelle che continuano a chiedere il disarmo dell’ Ucraina , anche se la politica pro Cremlino non è così sfacciatamente manifesta come quella di Salvini, ma alla fine l’ effetto è lo stesso.

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