L’aria che si respira tra Washington, Mosca e Kiev, a dire il vero, non è ancora quella di pace. Donald Trump ha ribadito nello Studio Ovale la sua linea sulla Russia e sulla guerra in Ucraina: niente sanzioni a priori, ma un messaggio chiaro al Cremlino. «Spero che non sia necessario, ma posso varare misure molto negative contro la Russia», ha detto il presidente americano, rimarcando che quanto fece durante il suo primo mandato fu «pesantissimo». Tuttavia, ha precisato: «Non voglio ricorrere a misure contro Mosca perché voglio la pace. «Ora dipende dalla Russia», ha dichiarato: «Non abbiamo ancora parlato con Putin, cosa pensa lo scopriremo molto presto».
A Kiev, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky non nasconde la sua posizione: l’accordo negoziato con gli americani a Gedda è ok: se la Russia lo rifiuta, Washington dovrà rispondere con «azioni forti. I nostri partner ci hanno promesso sanzioni contro la Russia e assistenza militare a noi».
Dall’altra parte del fronte diplomatico, il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha rivelato dettagli delle precedenti discussioni con la delegazione americana a Riad. «Ci hanno detto che vogliono relazioni normali con la Russia, ma basate sull’interesse nazionale degli Stati Uniti», ha spiegato. Tra le righe ha rimarcato però che Mosca non accetterà condizioni imposte unilateralmente. E poi: «Capiscono che anche altri Paesi hanno i loro interessi nazionali», ha proseguito, con un riferimento neanche troppo velato alla Cina e ad altri attori globali.
Mosca pare abbia messo le carte in tavola. Perché il Cremlino conceda una tregua di 30 giorni, servono tre condizioni imprescindibili: Kiev fuori dalla Nato, nessuna presenza militare straniera sul territorio ucraino e il riconoscimento ufficiale della Crimea e delle quattro province occupate – Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia – come parte integrante della Federazione Russa. Questo il prezzo del cessate il fuoco, secondo quanto riportato dall’agenzia russa Ria Novosti citando Reuters. Ma il portavoce russo Dmitry Peskov frena: «Non posso né confermare né commentare». L’accordo per la tregua sarebbe stato discusso tra funzionari statunitensi e ucraini martedì a Gedda, in Arabia Saudita. Ora la palla passa a Mosca: «Si terranno contatti tra Russia e Stati Uniti».
Mentre la diplomazia lavora nei palazzi, Putin si mostra sul campo. Indossando una tuta mimetica, il presidente russo ha visitato la regione di Kursk, ordinando ai suoi comandanti di «liberare completamente» il territorio ancora occupato da truppe ucraine. Una dichiarazione che è la prima risposta indiretta al piano di tregua. «Mi aspetto che tutte le missioni di combattimento siano portate a termine e che il territorio della regione di Kursk sia presto completamente liberato dal nemico», ha detto il leader russo al capo di Stato maggiore Valery Gerasimov. La televisione di Stato ha diffuso immagini del presidente all’interno di un punto di comando militare, mentre ascolta il resoconto delle operazioni secondo cui i russi avrebbero riconquistato oltre l’86% del territorio della regione. «La leadership di Kiev stava cercando di usare l’incursione nel Kursk per fermare i nostri progressi e portare via le nostre truppe dal Donbass. Il piano del nemico è completamente fallito», le parole di Gerasimov.
L’inviato speciale di Donald Trump per il Medioriente, Steve Witkoff, è entrato nello spazio aereo russo. Il diplomatico americano, partito dal Qatar dopo un incontro con i cinque ministri arabi, è atteso a Mosca per discutere dell’accordo di tregua. La Casa Bianca aveva annunciato la visita per questa settimana, segno che Washington intende testare le reali intenzioni del Cremlino. Varsavia getta benzina sul fuoco e chiede ufficialmente agli Stati Uniti il trasferimento di armi nucleari sul proprio territorio. Un deterrente efficace contro la Russia, a detta del presidente polacco Andrzej Duda al Financial Times.
La richiesta polacca, già ventilata nei mesi scorsi, si inserisce in una logica di rafforzamento dell’infrastruttura Nato a est. «I confini dell’Alleanza si sono spostati nel 1999. Ora deve spostarsi anche l’infrastruttura Nato a est. Per me questo è ovvio», ha affermato Duda. Una mossa che potrebbe cambiare radicalmente l’equilibrio della deterrenza nucleare in Europa.
Nel frattempo, la guerra nei cieli non si ferma. Dopo il silenzio, da Mosca arriva il no alla tregua. La proposta di cessate il fuoco di 30 giorni “deve essere modificata per tenere conto degli interessi della Russia, rappresenta solo l’approccio dell’Ucraina”. Queste le parole pronunciate dal consigliere diplomatico di Putin, Yuri Ushakov. A riportarle è Interfax. Un cessate il fuoco temporaneo “non è favorevole” a una soluzione “duratura” del conflitto. “Si tratta di misure affrettate che non contribuiscono ad una soluzione duratura”, ha detto alla televisione russa.
In corso – stando a quanto riferisce Mosca – ci sarebbe un “confronto disteso” tra Russia e Stati Uniti sulla proposta di un cessate il fuoco di 30 giorni in Ucraina, ma Mosca è interessata non a una pausa nei combattimenti bensì a “un accordo di pace a lungo termine“: sono queste le parole del consigliere del Cremlino, Ushakov.
Le sue dichiarazioni sono state rilasciate mentre si tenevano colloqui tra delegazioni di funzionari americani e russi. La tesi di Ushakov è che una pausa nei combattimenti rischierebbe solo di favorire il raggruppamento delle forze ucraine e non servirebbe dunque a porre fine al conflitto.