MATRIOSKA: UN ATTO DI FEDE SENZA DOGMI

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Siamo arrivati lì, al teatro Trastevere, all’ultimo momento, quasi come se fosse stato il destino a condurci. Io e Walter, amico di ballo e di vita, compagno di pista e di teatro. Il teatro, d’altronde, è solo un altro tipo di danza: un movimento dell’anima, una vibrazione dello spirito che si fa carne, suono, luce. E così, senza programmarlo, ci siamo trovati davanti all’ultima rappresentazione di “Matrioska”, lo spettacolo di Cinzia Cordella con la partecipazione di Gabriele Guerra e le proiezioni video di Paolo Ricci

Non sapevamo esattamente cosa aspettarci, ma una cosa era chiara: questo spettacolo ci riguardava. Riguardava noi, il nostro corpo come veicolo, la nostra danza come espressione di qualcosa di più grande. “Dio vuole danzare dentro di noi”, dice la Cordella, ma non parliamo di un Dio dogmatico, non di una religione. Piuttosto, di una spiritualità fluida, vicina a Giordano Bruno, a Spinoza, all’esoterismo e alla scienza sacra. La fisica quantistica incontra l’astronomia, il micro e il macro si fondono in una matrice invisibile che ci avvolge, ci muove, ci svela.

Eppure “Matrioska” non è solo un discorso intellettuale. È carne, respiro, whisky e sigarette fumate dal vivo sul palco. È un’esperienza vissuta e trasmessa senza filtri, senza recitazione nel senso convenzionale del termine. Più che uno spettacolo teatrale, è un rituale, una confessione, un atto di verità. La Cordella non rappresenta nulla: è. Il suo corpo diventa messaggio, vibrazione, energia che si irradia e ci invita a elevarci.

Se oggi non fosse stata l’ultima replica, io e Walter saremmo tornati. E avremmo portato altri amici, ma non tutti: solo quelli pronti. Perché “Matrioska” non è uno spettacolo per chi cerca risposte facili. È un richiamo per chi vuole sentirsi scuotere, per chi è disposto a guardarsi dentro senza paura.

Il messaggio è potente e semplice: non ci manca niente. Abbiamo tutto dentro di noi. La vita è la lezione più grande, e il senso dell’esistenza sta nell’immaginazione. E questo si percepisce in ogni elemento dello spettacolo, persino nella nudità della Cordella, che non è mai glamour né erotica, ma pura, necessaria, un’offerta sacra. Anche il sesso diventa divino, un ponte verso l’illuminazione, un richiamo alla pineale, la piccola pigna simbolica che torna sempre nella spiritualità universale.

“Matrioska” è moderno anche nel linguaggio scenico: le sequenze si susseguono con un ritmo che ricorda la fiction televisiva, rendendolo accessibile, attuale, immediato. È un inno alla bellezza e alla vita, un canto di resistenza contro il buio che ci circonda.

Oggi siamo qui, nella materia, per nostra scelta. E allora non possiamo limitarci a lamentarci. Dobbiamo danzare, dobbiamo vibrare, dobbiamo vivere.

Grazie, Cinzia Cordella. Per averci ricordato che la bellezza è salvezza.

Barbara Lalle (con Walter Scarcella)

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