Meloni a Stramer sul vertice dei volenterosi: ‘No alle truppe in Ucraina, no al debito per il riarmo, si al sostegno di Donald Trump’

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Oggi e domani Meloni è attesa al doppio passaggio, Camera e Senato, per le comunicazioni in vista del Consigli europeo del 20 e 21 marzo. La posizione italiana, anticipata ieri al tavolo dei volenterosi da Meloni, confluirà nella risoluzione di maggioranza che sarà messa ai voti in Parlamento. Meloni andrà al vertice europeo portando dietro le tre condizioni, non negoziabili, già messe agli atti al summit di Londra.

Sono tre le condizioni, non negoziabili, che il presidente del Consiglio pone, in una telefonata a Keir Stramer, dove anticipa la riunione, in call, del tavolo dei volenterosi. Meloni anticipa un ‘no’ all’invio di truppe in Ucraina, ‘no’ al debito per finanziare la spesa per il riarmo e il sostegno all’iniziativa di Donald Trump per arrivare a una pace «giusta e duratura» tra Ucraina e Russia.

Meloni si siede virtualmente al vertice di Londra dei volenterosi ponendo i suoi paletti. La premier chiede poi la garanzia che non ci sia, fino a quando non si concluderà la trattativa tra Zelenski, Putin e Trump sulla pace, nessuna forzatura o fuga in avanti da parte di Regno Unito e Francia sull’invio delle truppe. Garanzia che non arriva. Francia e Regno Unito su questo punto alzano un muro, respingendo di fatto la richiesta di Meloni. Macron e Stramer non rinunciano a un’azione politica e militare di pressione sulla Russia per arrivare a un’intesa sulla fine della guerra.

Russia, a continuare a inviare aiuti militari all’Ucraina e a inasprire le restrizioni all’economia russa per indebolire la macchina da guerra di Putin e portarlo al tavolo delle trattative. E abbiamo concordato di accelerare il nostro lavoro pratico per sostenere un potenziale accordo. Passeremo ora alla fase operativa. I nostri militari si incontreranno giovedì di questa settimana nel Regno Unito per elaborare piani solidi e concreti per sostenere un accordo di pace e garantire la futura sicurezza dell’Ucraina» – annuncia Starmer, che precisa: «Il sì ma della Russia non è una risposta sufficiente, e tutti quanti noi eserciteremo una pressione collettiva su Mosca».

Le posizioni tra Italia, Regno Unito e Francia restano distanti. Il capo del governo non vuole smarcarsi dalla linea di Trump, semmai affiancarsi come Europa. E soprattutto non arretra sul no all’invio di truppe. Francia e Regno Unito intendono spingere invece su quest’ultima opzione. La partita politica di Meloni, di sponda con Trump, senza smarcarsi da Regno Unito e Francia, è solo all’inizio. Sullo sfondo l’appuntamento di giovedì delle forze militari del tavolo dei volenterosi. Appuntamento che sarà disertato dai vertici della Difesa italiana. L’Italia potrebbe valutare un impegno militare solo esclusivamente sotto la regia dell’Onu.

Da quando la Russia ha iniziato il suo attacco su larga scala, l’Inghilterra ha messo in campo il suo complesso militare-industriale a supporto dell’Ucraina nel Mar Nero, e fin da subito sono stati inviati al governo di Kiev gli aerei di sorveglianza elettronica RC-135, per rilevare segnali di comunicazione. Successivamente, sono stati ingaggiati anche i potenti droni marini (Magura V5) e i missili da crociera (Stom Shadow). E, a partire da settembre 2023, sono probabilmente gli inglesi a dirigere la «Black Sea Attack Network» (operatori di droni, pianificatori, tecnici, ufficiali e advisor sul campo), che ha colpito il quartier generale della Marina russa a Sebastopoli, e poco a poco affondato e danneggiato ben 23 navi da guerra. Al punto tale da «distruggere quasi un terzo della flotta nel Mar Nero», come ha rivelato l’ex segretario per la difesa Gran Shapps.

Di fronte a questi attacchi, non è mancata la risposta del Cremlino: utilizzando come esca alcune vecchie navi arrugginite, è riuscito a smantellare il network militare anglo-ucraino tramite le attività di segnalazione, e di lì, la battaglia navale, dal Mar Nero si è spostata a quello Mediterraneo. A conferma di ciò, negli ultimi mesi una serie di esplosioni sono state registrate a bordo di petroliere russe (o di navi da trasporto che hanno fatto scalo nei porti russi). Prima, la nave cargo Ursa Major è stata affondata tra la Spagna e l’Algeria, nel dicembre 2024, poi, a febbraio, le petroliere Seajewel, al largo di Savona, e Grace Ferrum, a poche miglia dalle coste della Libia, hanno subito un pesante attacco – con buchi negli scafi sotto la linea di galleggiamento – portando alcuni analisti della sicurezza a suggerire che le navi siano state prese di mira da mine antiuomo.

Se non fosse un caso, il filo conduttore di queste operazioni potrebbe rientrare nella guerra asimmetrica, il cui obiettivo, portato avanti da inglesi e ucraini, sarebbe quello di interrompere il trasporto clandestino di petrolio russo nonché dissuadere armatori e operatori del settore.

Gli ucraini, con il supporto degli inglesi, non sarebbero nuovi a queste azioni di sabotaggio. Non a caso l’ultimo attacco è stato compiuto tramite la manipolazione di visori da pilota di droni che sono esplosi in faccia ai soldati russi. E a questo punto, non sarebbe nemmeno da escludere un legame tra questa sequenza di affondamenti e il naufragio del superyacht Bayesian – avvenuto a largo di Palermo nell’agosto 2024 – che vedeva a bordo il magnate della tecnologia britannico Mike Lynch, il quale, tramite la sua società di cybersecurity Darktrace, avrebbe disattivato i sistemi anti-drone e le comunicazioni dell’esercito russo, consentendo ai droni ucraini di penetrare le difese russe nell’offensiva di Kursk.

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