Il caso dell’omicidio di Sofia Stefani, vigilessa di 33 anni uccisa lo scorso anno, ha rivelato dettagli inquietanti sulla natura della relazione tra la vittima e Giampiero Gualandi, ex comandante della polizia locale di Anzola Emilia, accusato del suo omicidio. Durante il processo, è emersa l’esistenza di un “contratto di sottomissione sessuale”, in cui Gualandi si autodefiniva “padrone” e Stefani “schiava”.
Sofia Stefani, ex vigilessa di 33 anni, è stata uccisa il 16 maggio 2024 all’interno del comando della Polizia locale di Anzola Emilia, in provincia di Bologna. Il colpo fatale è partito dalla pistola d’ordinanza di Giampiero Gualandi, ex comandante e principale indagato nel caso. Gualandi ha sempre sostenuto che si sia trattato di un tragico incidente durante una colluttazione, ma le indagini hanno sollevato dubbi su questa versione: sulla pistola erano infatti presenti solo le sue impronte, mentre quelle della vittima non sono mai state rilevate.
Le indagini hanno quindi permesso di portare alla luce la relazione extraconiugale tra i due, iniziata quando Stefani era ancora alle dipendenze di Gualandi, evidenziando un rapporto caratterizzato da un forte squilibrio di potere, con l’uomo che ricopriva un ruolo apicale nella struttura lavorativa della donna.
Nel corso delle indagini, gli inquirenti hanno trovato una pendrive contenente un documento che ha ulteriormente complicato il quadro: un contratto di sottomissione sessuale sottoscritto il 18 maggio 2023 tra Stefani e Gualandi.
Nel testo, redatto con riferimenti espliciti alle dinamiche BDSM, Gualandi si autodefiniva “padrone” e Stefani “schiava”, impegnandosi a dominare “l’anima della sua sottomessa, divorandola a suo piacimento”. Il contratto richiama anche elementi tratti dal libro Cinquanta sfumature di grigio.
Per l’accusa, questo documento rappresenta la prova di una relazione sbilanciata, in cui Gualandi esercitava un forte ascendente sulla vittima, descritta come vulnerabile dagli inquirenti. Visione diametralmente opposta invece per la difesa, che ha invece sostenuto che si trattasse di un “gioco erotico consensuale” tra adulti, privo di valore giuridico.
“Ci sono siti BDSM da cui si possono scaricare contratti di questo tipo. Era un gioco, non ha nessuna validità, nessuna efficacia giuridica, nessuna possibilità di condizionare comportamenti. Nella vita sessuale gli adulti possono fare quello che vogliono” ha spiegato l’avvocato Claudio Benenati, uno dei difensori di Giampiero Gualandi.
La difesa punta quindi sull’inammissibilità di un giudizio morale sul documento, mentre per l’accusa, come chiarito dall’avvocato Andrea Speranzoni, “in quel contratto i protagonisti sono un comandante e un agente, si colloca tutto nel contesto lavorativo di Sofia Stefani”.
Ci sono novità nelle indagini sul delitto di Sofia Stefani, la vigilessa di Anzola dell’Emilia uccisa all’interno di un ufficio del comando da un colpo partito dalla pistola dell’ex comandante Giampiero Gualandi. Secondo una prima relazione sull’esame autoptico depositata mercoledì 5 giugno, sulle mani della donna sarebbero presenti tracce utili agli investigatori.Su una mano ci sarebbe una ferita, sull’altra delle macchie nere che probabilmente corrispondono alla polvere da sparo. La relazione è stata depositata dal pm Stefano Dambruoso presso il Tribunale del Riesame, lo stesso cui si era rivolto Claudio Benenati, l’avvocato dell’ex comandante Giampiero Gualandi attualmente in carcere, per chiedere la liberazione del suo assistito.
‘Repubblica’ scrive che la ferita consiste in un taglio che potrebbe essere stato provocato o dal mirino o dallo scarrellamento della Glock d’ordinanza di Gualandi. Questi dettagli potrebbero andare a favore di Gualandi, che ha sempre sostenuto che il colpo sarebbe partito accidentalmente durante una colluttazione nel contesto della quale i due avrebbero cercato di strapparsi l’arma a vicenda, fino all’affermarsi della tragedia della morte della 33enne.
L’ipotesi non è definitiva: gli elementi ottenuti dovranno essere confermati da altri esami e da una perizia balistica. I due potrebbero aver lottato all’apice di una lite dovuta alla volontà di Gualandi di interrompere la relazione clandestina con Sofia Stefani, che invece avrebbe voluto continuare a frequentarlo.
Un altro collega di Giampiero Gualandi infittisce il mistero della pistola usata dall’ex comandante giovedì 16 maggio, quando da uno degli uffici di piazza Giovanni XXIII, dove ha sede il comando dei vigili, dopo una presunta colluttazione è partito il colpo che ha trasformato il tutto nell’omicidio di Sofia Stefani. Diciamo “un altro” perché sempre un collega recentemente ha fatto notare che Gualandi non era obbligato a portare l’arma, in quanto nella Casa Gialla svolgeva ruoli amministrativi. Come sono andate le cose?
Come detto in apertura, un collega aveva riferito a ‘Pomeriggio Cinque’ che Giampiero Gualandi non aveva l’obbligo di portare la pistola. L’ex comandante, infatti, aveva incarichi amministrativi per i quali non era necessaria la pistola. Pistola che, tra l’altro, non doveva essere pulita da Gualandi in quanto – sempre secondo il collega intervistato dall’inviata di Myrta Merlino – di questa pratica era incaricata una ditta esterna.
Giampiero Gualandi avrebbe maneggiato la pistola anche giorni prima dell’omicidio di Sofia Stefani, anche se non aveva l’obbligo di portarla. Come riferisce l’edizione di Bologna del ‘Corriere della sera’, un altro collega ha riferito agli inquirenti che Giampiero Gualandi avrebbe preso la pistola dall’armeria quattro giorni prima dell’omicidio.
“Mi è sembrato strano perché non aveva motivo di prendere l’arma, ma non gli ho chiesto nulla”, ha riferito l’uomo. Riepilogando: non solo Gualandi non aveva l’obbligo di circolare armato, né il dovere di pulire l’arma: l’ex comandante avrebbe preso la pistola dall’armeria nei giorni precedenti all’omicidio.
La perizia balistica
Venerdì 24 maggio il pm Stefano Dambruso e la procuratrice aggiunta Lucia Russo hanno assegnato la perizia balistica ai Ris di Parma, nelle persone del maresciallo maggiore Luigi Desideri e del maresciallo Lorenzo Talamelli. L’intento, soprattutto, è quello di verificare se sull’arma ci siano anche le impronte di Sofia Stefani. Giampiero Gualandi, infatti, ha riferito che anche la 33enne avrebbe toccato l’arma durante la colluttazione. Se così non fosse, crollerebbe la pista della lite finita in tragedia.
La telefonata prima di arrivare al comando
Un altro elemento al vaglio degli inquirenti sono i dispositivi elettronici. Al telefono di Gualandi, infatti, poco prima del fatto sarebbe arrivata la telefonata dal numero di un signore anziano. Secondo gli investigatori – aggiunge ‘Corriere della sera’ – Sofia Stefani potrebbe aver incontrato l’anziano per strada mentre raggiungeva il comando per avvertire l’ex comandante del suo arrivo, dal momento che Gualandi non rispondeva alle sue chiamate.
L’autopsia
La mattina di venerdì 24 maggio è iniziato l’esame autoptico da parte della dottoressa Valentina Bugelli, incaricata dalla Procura di Bologna.
La Procura ha stabilito un termine di 90 giorni per la consegna dell’esito dell’autopsia.