La premier, Giorgia Meloni, in vista del Consiglio Europeo del 20 e 21 marzo, scaramanticamente acquista fiumi di Acqua Santa…

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Negli ultimi anni, la spesa militare è tornata al centro del dibattito politico internazionale, Matteo Renzi commenta la situazione. Le crescenti tensioni geopolitiche e il ritorno di Donald Trump sulla scena politica americana hanno riacceso la discussione sul ruolo dell’Europa nella difesa comune.
La premier Giorgia Meloni, da parte sua, spinge per un aumento degli investimenti nella difesa, sostenendo la necessità di rafforzare le capacità militari nazionali. Dall’altro, a livello europeo, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, promuove una strategia che punta su un forte intervento economico per consolidare le forze armate del continente.

Non tutti sono d’accordo con questo approccio e Matteo Renzi, ex presidente del Consiglio e attuale leader di Italia Viva, ha espresso un punto di vista critico sia nei confronti della linea di Meloni che di quella di von der Leyen. Nel suo nuovo libro, ‘L’Influencer’, Renzi analizza da un suo punto di vista le strategie di difesa dell’Unione Europea proponendo un’alternativa basata sull’innovazione e la ricerca.
Secondo lui, von der Leyen ha già dimostrato i suoi limiti con il Green Deal, trasformando un’iniziativa potenzialmente positiva in un problema per l’industria europea: «Non mi fido di Ursula von der Leyen. Non la ritengo capace di guidare l’Europa in un passaggio così delicato».

Renzi sostiene la necessità di un’Europa più forte militarmente ma, d’altra parte, sottolinea che il vero investimento da fare è sulle idee e sull’innovazione tecnologica: «Per me il cuore di tutto deve essere l’investimento in ricerca. Perché grazie alle risorse liberate per la ricerca militare sono nate le più grandi scoperte degli ultimi decenni, da internet al farmaceutico agli smartphone». Secondo i dati da lui riportati, gli Stati Uniti investono oltre 90 miliardi di dollari l’anno in ricerca e sviluppo sulla difesa, mentre l’Europa si ferma a soli 9 miliardi. Questo squilibrio, secondo Renzi, impedisce all’Europa di competere a livello globale e di sviluppare tecnologie all’avanguardia.

Per Renzi è necessario aumentare la spesa per la difesa, ma soprattutto rimodularla, destinando una parte significativa alla ricerca: «Senza aumentare le spese militari ma solo rimodulandole con la stessa proporzione degli americani, potremmo triplicare e arrivare a quasi 30 miliardi di dollari. Il che significherebbe ricadute straordinarie per i giovani talenti e per la quotidianità dei cittadini europei».
Per Renzi serve investire in difesa, ma ignorando le proposte della Meloni e della la von der Leyen.

In vista del Consiglio europeo del 20 e 21 marzo, il governo italiano sta lavorando per mantenere l’unità della maggioranza, evitando di scontentare gli alleati e senza fare passi indietro rispetto alla posizione già espressa a Bruxelles. La premier Giorgia Meloni si sta preparando per il suo intervento alle Camere, previsto per oggi e domani, dove presenterà una risoluzione di maggioranza che approverà le comunicazioni relative al summit. Un passaggio cruciale, visto che la premier dovrà affrontare temi primari senza creare fratture all’interno della coalizione di governo.

Meloni, nei suoi interventi, ribadirà il sostegno dell’Italia a Kiev, ma non mancherà di sottolineare l’importanza dei negoziati in corso e il ruolo degli Stati Uniti nella proposta di pace. Inoltre, si prevede che tocchi il tema degli investimenti secondo il programma InvestUe e la questione del riarmo e della difesa europea, evidenziando la contrarietà dell’Italia all’invio di truppe.

Matteo Salvini, leader della Lega, ha già chiarito la sua posizione, chiedendo un aumento degli investimenti per la sicurezza interna piuttosto che per il riarmo europeo. Anche Antonio Tajani, ministro degli Esteri, ha sottolineato l’importanza di mantenere l’unità transatlantica e di coordinarsi con gli alleati per affrontare le sfide internazionali. La convinzione che il centrodestra troverà una sintesi è condivisa da Maurizio Gasparri, capogruppo di Forza Italia, che ha espresso la necessità di una politica di difesa e sicurezza per l’Europa, puntando su autonomia e solidarietà euro-atlantica.

La verità di Crosetto sull’esercito europeo
“L’Europa non può avere un suo esercito, i trattati europei lo escludono”, spiega il ministro della Difesa, Guido Crosetto: “Le forze armate europee sono come le forze della Nato, che non ha un suo esercito vero e proprio, ma è la somma delle forze armate dei Paesi che la compongono e, pertanto, anche un futuro esercito europeo non potrà che essere formato dalla somma degli eserciti italiani, tedeschi, francese e spagnolo. “Forze di Paesi diversi che riescono a operare insieme avendo un centro unico di comando e controllo”, ha spiegato il titolare del dicastero della Difesa.

Crosetto, poi, ha detto che qualora si arrivasse ad “una tregua” nel conflitto in Ucraina e “fossero accettate truppe Onu” sarebbe “sicuramente una notizia positiva, una garanzia di stabilità e sicurezza. Questo è l’auspicio, ma discuterne prima sarebbe come pensare di arredare una casa di cui non facciamo noi il progetto. Un progetto che deve essere nelle mani di Trump, Zelensky e Putin i quali delineeranno prima le condizioni per la tregua e, poi, un percorso di pace. Tali condizioni, probabilmente, prevederanno anche l’eventuale possibilità di utilizzare contingenti internazionali per garantire la pace”, ha detto Crosetto che, poi, ha ricordato: “Come abbiamo sempre detto negli anni, qualora ci fosse un impegno Onu noi prenderemmo atto di questa cosa e decideremmo. Nelle missioni di pace Onu l’Italia c’è sempre stata ma è una decisione che dovrà prendere il parlamento se ci sarà la necessità di farlo”.

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, prende una posizione prudente: “Non si possono prendere decisioni su i ‘se’. Vediamo come andranno i colloqui, poi valuteremo l’esito dei i colloqui”. E, poi, più esplicitamente, ha dichiarato: “Vediamo come andrà la telefonata Trump-Putin”. Tajani ha ribadito il sostegno italiano all’Ucraina e ha assicurato: “Continueremo a garantire la sua sicurezza ho detto quali sono le proposte poi vedremo quali sono i risultati ma commentare un colloquio che ancora non c’è stato mi pare veramente privo di qualsiasi fondamento”. Il ministro degli Esteri ha, infine, detto che al tavolo delle trattative dovrà esserci l’Ucraina e dovrà parteciparci anche l’Unione europea e ha concluso: “Non è così semplicistico e fare una un’analisi della situazione”. Tajani ha annunciato anche che l’Italia ha chiesto “di organizzare un incontro Europa-Stati Uniti per sciogliere tutti i nodi che possono trovarsi nel percorso”. E, poi, ha specificato i termini della proposta: “Io credo che si possa per esempio organizzare un riunione del Quintetto, magari anche in Italia, con Italia, Germania, Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, per fare una valutazione della situazione. Il nostro obiettivo è quello sempre di tenere unito l’Occidente, perché se l’Occidente si divide, si indebolisce e si rafforzano le autocrazie”.

Questo in sintesi è quanto, c’è da aggiungere una sola cosa, visto che la premier da scaramantica quale è ha deciso che a Palazzo Chigi servisse se non una forte e bella benedizione, un po’ di acqua santa. Per questo ha ordinato un bel po’ di acqua santa, in precisione la bellezza di 100 mila bottigliette da mezzo litro.

Prezzo scontato a 0,23 euro a bottiglie per un totale di 23 mila euro più Iva. Le etichette di Acqua Santa di Roma scelte dalla Meloni e dai suoi sono Egeria e Tullia e la fornitura deve servire a spegnere la sete di Palazzo da qui a fine del 2026, e il prezzo offerto dalla società dei Mari è scontato: 0,23 euro a bottiglia più Iva. In tutto quindi la fattura biennale approvata ammonterà a 23 mila euro oltre all’Iva, assicurando l’Acqua Santa al governo per due anni.

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