Negli ultimi dieci anni il numero degli studenti esonerati dalle tasse universitarie è aumentato in modo significativo, principalmente grazie all’ampliamento della cosiddetta “no tax area”. Tuttavia, l’impatto sulle iscrizioni sembra essere stato limitato.
L’espansione della no tax area. Uno dei dati più rilevanti che emerge dall’analisi dell’andamento delle esenzioni universitarie è il raddoppio del numero di studenti che non pagano tasse grazie alla crescita della soglia ISEE per l’esonero totale. Dal 2016, con l’introduzione della misura che ha fissato una soglia di reddito più alta per ottenere l’esenzione, il numero di beneficiari è passato da circa 143 mila a oltre 577 mila nel 2022/2023. Una crescita esponenziale che ha ridotto il peso economico degli studi universitari per molte famiglie italiane.
Questa misura si affianca ad altre forme di esenzione, come quelle per studenti con disabilità, per merito o per situazioni di particolare disagio sociale. Tuttavia, il grosso dell’aumento è legato proprio alla no tax area governativa, che ha favorito l’accesso all’università per migliaia di giovani.
Iscrizioni incentivate, ma con risultati limitati. Uno degli obiettivi principali dell’estensione degli esoneri era incentivare le iscrizioni universitarie, ma i numeri suggeriscono che l’impatto sia stato marginale. Se da un lato sempre più studenti hanno potuto beneficiare dell’abbattimento dei costi, dall’altro il tasso complessivo di immatricolazione non ha registrato aumenti proporzionali. Questo fa sorgere interrogativi sulla reale efficacia della misura nel contrastare il calo demografico e il disinteresse crescente verso gli studi universitari.
Conseguenze per le università. Se da un lato l’esenzione dalle tasse universitarie rappresenta un aiuto concreto per le famiglie a basso reddito, dall’altro ha un impatto non trascurabile sui bilanci degli atenei. Le università italiane, infatti, ricevono finanziamenti statali per compensare le minori entrate derivanti dalle tasse degli studenti esonerati. Tuttavia, questa compensazione potrebbe non essere sufficiente per garantire risorse adeguate a migliorare la qualità dell’offerta formativa.
In particolare, gli atenei del Sud Italia, che registrano una maggiore quota di studenti esonerati, potrebbero risentire maggiormente della riduzione delle entrate, rendendo ancora più difficile la loro competitività rispetto alle università del Nord. Ciò potrebbe accentuare il fenomeno della mobilità studentesca verso le regioni più ricche, aumentando le disparità territoriali nel sistema universitario italiano.
Verso un ripensamento del sistema?. La crescita degli esoneri solleva interrogativi su quale sia il giusto equilibrio tra accesso gratuito agli studi e sostenibilità del sistema universitario. Se da un lato garantire la possibilità di studiare a chi ha meno mezzi economici è un principio sacrosanto, dall’altro bisogna assicurarsi che le università dispongano di risorse adeguate per mantenere standard formativi elevati.
Una possibile soluzione potrebbe essere una revisione del sistema di finanziamento degli atenei, con una maggiore differenziazione delle risorse in base agli effettivi bisogni degli studenti e alla qualità dell’offerta formativa. Inoltre, politiche di orientamento più efficaci e incentivi basati sul merito potrebbero contribuire a rendere il sistema universitario italiano più attrattivo e sostenibile nel lungo periodo.
Valentina Alvaro