“Giorgia Meloni si è presentata come mediatrice tra Washington e Bruxelles. La prossima settimana, nello Studio Ovale, il primo ministro italiano avrà l’opportunità di mostrare loro di cosa è capace”, scrive Politico, dopo l’annuncio ufficiale della visita del capo di governo italiano il 17 aprile prossimo. La premier di destra, sottolinea il sito, sarà il primo leader europeo a incontrare Donald Trump da quando, la scorsa settimana, ha annunciato dazi del 20% sui prodotti dell’Ue. “Considerati i suoi rapporti amichevoli con il presidente e con diverse figure della sua amministrazione, l’Europa difficilmente avrebbe potuto scegliere un’emissaria migliore”, rileva Politico. Secondo la testata, “convincere Trump a usare toni più concilianti dovrebbe essere la parte facile: tutto ciò che deve fare è rilasciare le giuste dichiarazioni sul commercio con l’America alle condizioni di Trump, un terreno che i suoi ministri hanno già preparato con impegno”.
Ma Meloni, evidenzia Politico, con Trump punta sicuramente più in alto che semplicemente uscire indenne dall’incontro, obiettivo che il leader irlandese Michael Martin si era prefissato un mese fa. “Il suo buon rapporto con l’amministrazione Trump conterà poco a livello nazionale se non riuscirà ad ammorbidire la sua posizione sui dazi, che ha già ammesso danneggeranno l’economia italiana”, prosegue il sito, ricordando che i sondaggi indicano un 63% degli italiani con un’opinione sfavorevole di Trump.
Il 17 aprile Meloni parlerà con Trump durante una visita ufficiale. Tra i dossier sul tavolo, ci sarà anche quello legato alla possibile eliminazione delle barriere tariffarie su scala industriale: ‘È questo il negoziato che deve vederci tutti impegnati e a tutti i livelli, che vede impegnati noi e che impegna me che sarò a Washington il prossimo 17 aprile e ovviamente intendo affrontare anche questa questione con il presidente degli Stati Uniti’.
La proposta ha attirato l’interesse delle realtà produttive italiane, che da tempo chiedono un alleggerimento degli oneri sulle esportazioni verso il mercato statunitense. Se il progetto dovesse avanzare, potrebbe rappresentare un cambio di passo rilevante nelle relazioni economiche bilaterali. La formulazione zero per zero richiama altri accordi commerciali di successo, in cui la rimozione simultanea delle imposte doganali ha generato benefici tangibili per entrambe le parti coinvolte.
Meloni ha ribadito che le economie occidentali sono ormai legate da una rete di interdipendenze che rende inefficaci, se non addirittura dannose, politiche di tipo protezionista. Le filiere più esposte rischiano un contraccolpo significativo, mentre per altri settori è ancora in corso un’analisi approfondita degli impatti potenziali e bisogna considerare poi il peso dei dazi sulle importazioni dei prodotti americani in Italia.
Meloni ha proposto un patto tra Governo e mondo produttivo, con l’obiettivo di reagire a una congiuntura che funzioni, basato su:
bilancio rigoroso;
investimenti selettivi;
tagli agli sprechi.
A Palazzo Chigi, davanti a Coldiretti, Cia e Confagricoltura, la premier ha presentato una strategia a tre binari:
negoziato con Washington;
revisione delle regole europee;
nuova gestione dei fondi comunitari.
La presidente del Consiglio ha poi aperto alla creazione di tavoli permanenti con le imprese, per individuare interventi rapidi e precisi da affiancare all’azione diplomatica.
Il Governo conta su 32 miliardi per mettere in sicurezza il sistema produttivo, tra risorse del Pnrr, fondi di coesione e Piano sociale per il Clima. Secondo Giorgia Meloni, almeno 25 miliardi potranno arrivare direttamente alle imprese, ma servirà un’intesa con Bruxelles e con le Regioni. A occuparsi del dossier sarà Raffaele Fitto.
A guidare il lavoro, una squadra ristretta: Tajani, Salvini, Giorgetti, Urso, Roccella, Lollobrigida, Mantovano e Fazzolari. Con loro, l’obiettivo è aprire tavoli stabili con il mondo produttivo per affrontare le crisi di energia, credito e accesso ai mercati.
Ulteriori fondi potrebbero arrivare da una revisione del Piano per il clima: la dotazione complessiva dell’Ue per il periodo 2026-2032 ammonta a 54 miliardi di euro e, come sottolinea Meloni nel suo intervento, “prevede per il nostro Paese circa 7 miliardi di euro complessivi” destinati alla riduzione dei costi energetici per famiglie e micro imprese.
Negli Usa, la premier porterà la “linea italiana”, ovvero quello della trattativa e non del “bazooka” europeo. Per l’esecutivo guidato da Meloni, il nodo dazi va affrontato con pragmatismo e senza allarmismi, che, come va ripetendo da giorni l’inquilina di Palazzo Chigi, rischiano di causare danni ben maggiori di quelli strettamente connessi con i dazi. La risposta alla ‘mannaia’ sulle merci europee, secondo il governo, passa anche per una de-regulation a livello Ue e per una sburocratizzazione del quadro normativo, intervenendo sulle “regole ideologiche” e “poco condivisibili” del Green Deal.
Parallelamente alla trattativa con gli Usa, infatti, per Meloni bisogna che la Ue elimini i dazi che si è “autoimposta”. “Da subito intendiamo attivarci per avviare un forte negoziato con la Commissione Ue per un regime transitorio sugli aiuti di Stato e una maggiore flessibilità nella revisione del Pnrr, nell’utilizzo dei fondi di coesione e nella definizione del Piano sociale per il clima”, afferma l’inquilina di Palazzo Chigi. “Se l’Europa pensa di sopravvivere a questa fase continuando a far finta di niente o a pretendere di iper regolamentare tutto – avverte Meloni nel suo speech – semplicemente non sopravviverà e abbiamo un problema più grande dei dazi americani“.