Massimo Giannini archivia alla voce “propaganda”, la Cnn e il New York Times nel partito degli adulatori della premier italiana. L’editorialista di “Repubblica“ in prima pagina espone l’originale teoria dell’Italia succube degli americani, e lo scrive con toni cattedratici, non solo con il governo, ma anche con l’opposizione. E tra Meloni e Trump, per lui, c’è un feeling “barbarico”.
“Successo mediatico, senz’altro. Ma sul piano politico la rete resta vuota. È vuota sui dazi… è vuota sui rapporti Usa-Ue… è vuota sulla tregua in Ucraina… Compreremo più gas liquido dagli Usa, dopo averne già acquistato per 45 miliardi al triplo del prezzo di quello russo. E aumenteremo la spesa militare al 2% del Pil, anche se negli stessi minuti in cui la Sorella d’Italia lo annunciava a Washington, il ministro Giorgetti sbertucciava a Roma il collega Crosetto, avvertendolo che per caccia e cannoni non c’è un euro in cassa…”.
“La libera informazione e i centri del sapere da silenziare. Le forme di dissenso da reprimere. I diritti da limitare. Le minoranze da colpire. Al fondo, non c’è molta differenza tra la legge che esclude i figli delle unioni civili dai risarcimenti del ponte Morandi e la riforma di Orbán che abolisce le tutele costituzionali per la comunità Lgbtq. Tra un blitz sul decreto-sicurezza e l’arresto di studenti universitari critici con Israele. Tra le foto di clandestini imbarcati in catene sui cargo a El Paso e quelle dei migranti sbarcati in manette al cpr di Gjader. Tutto rientra nella stessa barbarie etico-politica praticata dal nuovo impero, di cui noi siamo fieramente provincia, guidata da vassalli felici o utili idioti. Ieri Giuseppi. Oggi Georgia”.
Ovviamente nitido il commento di Marco Minniti sull’incontro alla Casa Bianca tra Trump e Meloni: “La visita è stata un successo, sia sul piano politico che personale“. Quella espressa, sulle colonne del “Tempo“, da Marco Minniti, esponente del Pd ed ex ministro degli Interni. La sua analisi è scevra da pregiudizi politici e riesce a fornire una chiave di lettura obiettiva sulle potenzialità e i limiti del vertice tra Ue e Usa ottenuto grazie alle richieste pressanti della premier italiana.
Minniti elogia il ruolo ritrovato dalla diplomazia. “L’Italia si posiziona come punto di riferimento per il dialogo internazionale in una fase di grandi tensioni”, dice l’attuale Presidente della Fondazione MedOr. “La visita è stata un successo, sia sul piano politico che personale. Il vero risultato è proprio in questo: l’Italia, e con essa il suo Presidente del Consiglio, si sono affermati come un interlocutore speciale per Trump e la sua amministrazione. Un’interlocuzione non confinata al rapporto bilaterale, ma messa a disposizione dell’Europa, come testimonia la comunicazione costante con la Presidente von der Leyen e il fatto che, al rientro in Italia, fosse già previsto un contatto telefonico per valutare insieme i risultati della missione”, dice ancora Minniti al “Tempo“. “Ci siamo impegnati a raggiungere il 2% del Pil nella spesa per la difesa, aumentare le importazioni di gas naturale e a investire direttamente negli Usa. Tre impegni gravosi ma non incompatibili con il nostro interesse nazionale”.
Minniti elogia il profilo atlantista incarnato fin dall’inizio dal governo Meloni. “Ha saputo presentarsi con un duplice profilo: da un lato atlantista, convinta dell’importanza del rapporto con gli Usa, e dall’altro europeista, consapevole che tale rapporto transatlantico può essere gestito solo se c’è un’Ue coesa. Inizialmente Trump aveva puntato su un’Europa divisa, con ogni Stato membro pronto a negoziare individualmente. Un approccio, quello di Trump, fondato su una sorta di unilateralismo radicale. La Meloni ha beneficiato sia del fatto di condividere con Trump una visione conservatrice, sia di una personale capacità di creare rapporti umani, che giocano un ruolo importante nei rapporti diplomatici.
Gli Usa hanno voluto mostrare attenzione all’intera Europa, manifestando il dubbio che una strategia volta a dividere l’Unione potrebbe essere del tutto inefficace. L’Europa, pur tra molte difficoltà, ha dimostrato una capacità di reazione che spesso viene sottovalutata. La vera forza risiede nell’unità. Il rischio è quello che chiamo la ‘Biancaneve e i 27 nani’: con gli Usa nel ruolo di Biancaneve e i Paesi europei, presi singolarmente, troppo piccoli per contare. In questo contesto, la visita della Meloni ha aperto una strada”. E sull’Ucraina? “Sì è colta una differenza tra le due posizioni, ma è significativo che la Meloni abbia ribadito pubblicamente l’impegno dell’Italia a garantire la libertà del popolo ucraino, e affermarlo in un contesto così delicato ha un valore politico significativo. Purtroppo, le possibilità di una tregua appaiono oggi molto lontane”.