Pizzaballa: “la chiesa non può mediare ma facilitare il dialogo”

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E’ ipotizzabile, come è già avvenuto per l’Ucraina, un intervento diretto e ufficiale della Chiesa in Medioriente?

Sono due situazioni completamente diverse. Il compito della Chiesa non è quello di mediare. Il compito della Chiesa, oggi, è quello di creare gli spazi per la mediazione.

Quindi, in concreto qual è il ruolo che deve puo’ giocare e deve svolgere la Chiesa e la Custodia, in modo particolare?

La Custodia è la Chiesa e il suo compito è quello di aiutare, facilitare, creare occasioni, affinché il negoziato possa essere facilitato avendo una presenza capillare sul territorio. La Chiesa è presente in questo panorama ma non spetta alla Chiesa mediare perché è una situazione troppo complessa che coinvolgono dinamiche che esulano dai compiti della Chiesa.

Quindi occorre puntare tutto sul dialogo?

Certamente, in questo momento oriente e occidente hanno bisogno di essere uniti e di puntare, più che mai sul dialogo viste, anche, le tantissime tensioni, divisioni, guerre e violenze che stanno colpendo tutto il mondo e per combattere le divisioni c’è bisogno di unità.

La mediazione sulla quale si sta lavorando in Egitto sembra sfumare, si riuscirà ad arrivare al cessate il fuoco?

In Medioriente non vale mai la logica dell’out-out ma sempre dell’at-at, nulla è mai come appare e quindi bisogna sempre essere molto cauti nelle conclusioni immediate. Certamente il negoziato è, comunque, in salita è fuori discussione perché le due parti sono molto distanti l’una dall’altra anche se c’è una forte pressione internazionale, come tutti sappiamo, c’è anche molta stanchezza nella popolazione e ci sono, anche, molte durezze da parte di entrambi i fronti, mi auguro e speriamo, insomma, che prevalga un minimo di buon senso anche e soprattutto con la pressione internazionale e, in modo particolare, degli Stati Uniti.

Il Suo Medioriente, la terra nella quale Lei vive e opera da tantissimi anni in questo momento gronda di sangue, nonostante i ripetuti appelli di pace rivolti dal Papa, qual è la situazione, in questo momento laggiù?

Si, la situazione è davvero drammatica, si registra una violenza mai vista con questo tipo di intensità, negli ultimi decenni e con conseguenze di lungo termine nelle relazioni tra israeliani e palestinesi come sentimento di odio. Tutto questo è molto preoccupante, abbiamo bisogno di lavorare ad un cessate il fuoco.

Qual è il ruolo che deve svolgere la Chiesa in questo momento, in quella parte del mondo?

Il compito della chiesa è quello di cercare di essere luogo di incontro, facilitare il dialogo, creare occasioni affinché il negoziato in corso, molto faticoso, possa arrivare e portare a qualche conclusione. Oggi la Chiesa non deve mediare ma facilitare, perché mediare, in questo caso è molto complesso perché ci sono questioni militari e politiche che non appartengono alla Chiesa, per questo dobbiamo lavorare per creare un contesto perché le parti possano arrivare a comprendersi, questo si.

Anche ad est del mondo la situazione non è molto differente con il contesto russo-ucraino, insanguinato dalla guerra?

Si, certo, come Papa Francesco più volte ha detto, stiamo vivendo un periodo da terza guerra mondiale a pezzi e questi pezzi si fanno sempre più grandi e sempre più uniti e collegati. Noi abbiamo bisogno che la comunità internazionale operi per la cessazione di questi conflitti e aiuti a creare contesti politici e non solo affinché queste situazioni finiscano.

Come mai un pontefice decide di partecipare al G7?

Credo che oggi sia chiaro più che mai che l’economia, la politica, il mondo dei media da soli non aiutano a fare unità e ad avere una visione completa sulla vita dell’uomo, credo si essenziale il bisogno, anche, di uno sguardo spirituale. Il G7 è un contesto importante dove i Paesi più importanti del pianeta dialogano tra di loro su vari temi. Personalmente credo che sia importante che i politici, gli economisti e i vari responsabili dei vari ambiti della vita pubblica ascoltino anche una visione e un discorso spirituale. Perché una cosa è chiara, oggi, ed è che una gran parte di questi conflitti hanno anche una connotazione religiosa. Non bisogna dimenticare, poi, che Papa Francesco è un leader spirituale carismatico e la sua voce è una voce importante. In quel contesto il Pontefice coglierà l’occasione di ricordare al mondo che l’economia, la politica e il mondo dell’informazione sono voci importanti, ma senza una voce dello spirito che possa tenere unite tutte queste dimensioni si rischi di costruire case sulla sabbia e non ancorate sulle rocce.

Durante il prossimo G7, il Papa, verrà in Puglia e parlerà ai grandi della terra dell’intelligenza artificiale, come imposterà secondo lei il suo intervento il Pontefice?

L’intelligenza artificiale è una opportunità incredibile ma, al tempo stesso pone anche molte domande dal punto di vista etico sull’uso, sui limiti e sulle conseguenze che può avere sulla vita di intere popolazioni, quindi uno sguardo anche spirituale e religioso sulla figura dell’uomo, sulla centralità dell’uomo diventa molto importante e certamente Papa Francesco ce lo ricorderà. Perché questa grande opportunità può mettere in evidenza seri limiti sulle possibilità di relazionare la centralità della persona rispetto all’uso della tecnologia che può arrivare a raggiungere obiettivi che possono anche mettere in secondo piano la centralità dell’uomo.

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