Chiusa l’indagine a Imperia della tela di De Boulogne portata illecitamente nel Principato di Monaco: Sgarbi sapeva tutto

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I pm di Imperia hanno chiuso l’indagine su Vittorio Sgarbi per la vicenda dell’esportazione illecita a Montecarlo del dipinto da 5 milioni attribuito a Valentin de Boulogne sequestrato l’11 giugno 2021 nel principato di Monaco. Le chat inchioderebbero il critico, che sapeva tutto della tela portata senza permessi nel principato nascosta in un furgone.

Come riporta Il Fatto Quotidiano, la stessa compagna di Sgarbi, Sabrina Colle, l’aveva detto più volte: “Speriamo si riesca a venderlo altrimenti ‘è una rovina’”. L’aveva pure scritto all’amico e impresario d’arte Gianni Filippini e – sentito Sgarbi – erano partite vorticose trattative sul prezzo: da 5,5 a 4 milioni, ma anche 1,2, secondo i diversi canali di vendita tentati, tra banche svizzere e facoltosi collezionisti sparsi tra Europa, Africa e Stati Uniti. Il critico, la compagna Colle e l’impresario sono tutti imputati nell’indagine per esportazione illecita.

L’inchiesta era partita nel 2019 da Siracusa ed era stata trasferita a Imperia nel 2021. Quella giornalistica condotta dal Fatto con Report ha poi fornito contributi decisivi al suo sviluppo, tanto che ora corre spedita verso la richiesta di processo. Entro maggio dovrebbe concludersi anche quella avviata dalla Procura di Macerata per riciclaggio di opere d’arte legata al famoso “Manetti” con la candela, il dipinto che si sospetta rubato al Castello di Buriasco nel 2013, terzo filone dell’inchiesta giornalista.

Il sottosegretario che si è dimesso a causa delle incompatibilità – ma avendo già in tasca la candidatura a Bruxelles – così poco se ne cura da aver scelto come “mandatario elettorale” proprio Sabrina Colle, coimputata in due delle tre indagini a carico, contando quella per evasione fiscale alla Procura di Roma. In Italia il problema sono sempre stati i candidati “impresentabili”, con la coppia Sgarbi-Colle pure i garanti dei candidati lo diventano. Gli elementi a loro carico raccolti a Imperia, ora a disposizione delle parti, sembrano piuttosto pesanti.

I due incaricati del trasferimento ricevono precise istruzioni e riferiscono ogni fase della missione. Dai messaggi si evince la consapevolezza di quanto fosse delicato il carico. Prima di partire, il trasportatore monta sul furgone “mobili, scatole e cazzate”. Il 25 febbraio 2020 l’opera, 97 cm per 133, viene prelevata presso la casa del critico per essere portata l’indomani a destinazione, impacchettata secondo le indicazioni di Filippini. Aconsegnarla è Alessandro Bertazzini (non indagato), il tenutario della collezione Cavallini-Sgarbi.

In serata, racconta sempre Il Fatto Quotidiano, i due fanno sosta a Ventimiglia, presso l’hotel Villa Eva. Il Valentin ha dormito benissimo e sta bene, assicura lei. Spiega che con l’autista si sono accordati di usare la strada che collega La Turbie a Monaco dove “non sono previsti controlli”. Sono stati fermati a Menton ma… “qualche minuto di chiacchiere… e ce la siamo cavata”. “Per fetto”, la risposta di Filippini.  Nel viaggio si ragiona dei pochi soldi pattuiti rispetto al valore della merce e dei relativi rischi. Il 2% di 5,5 milioni fa 110mila euro, il 3% 165mila, è il “pensiero della sera”. Il compenso gira invece attorno a 3mila euro “cash”.

La signora Setzu pretende la fattura, ma da Sgarbi&c. non è arriva un bel nulla, tanto che la garante lamenta di aver anticipato di tasca propria 300euro di spese. L’opera viene consegnata a Montecarlo la mattina del 26 febbraio con una “simil bolla” di accompagnamento ma senza un certificato dell’Ufficio Esportazioni del Mic: l’ulterio re elemento che prova l’espor tazione illecita. Il 24 febbraio 2021la Setzu riceverà dalla segreteria dell’allora deputato “un expertise a firma di Sgarbi” che confermava l’attribuzione al De Boulogne. Dopo la consegna, la signora mantiene i contatti con la Colle che le rappresenta la necessità di venderla perché Sgarbi aveva delle “situazioni da definire”.

La richiesta di vendita della proprietà era di circa 1.200.000, spiega la donna. Meno dei 5,5 iniziali, ma ben più dei 10mila euro con cui risulta fosse stato acquistato nel 2014, tramite un autista di Sgarbi, a una famiglia bergamasca in difficoltà ignara del tesoro appeso nel salotto. Le cose da “definire” potevano essere debiti da ripianare. Vero è che in quelle settimane Sgarbi&c. sondano tutta una serie di operazioni di cui il Valentin è il pezzo forte, ma non l’unico. I messaggi si rincorrono a metà febbraio 2020.

Filippini: “Sabrina, forse ho una persona che potrebbe acquistare il Valentin. È un miliardario sudafricano che si chiama Dick Enthoven. Gli chiedo 2,5 milioni trattabili. Che dici? Chiedilo a Vittorio”. In un messaggio del 4 maggio rilancia: “Ciao Sabrina hai novità per il Valentin? Con Mirella ti stai sentendo? Invia un contratto per certificare che l’opera è in deposito e la proprietà è tua”. Spiega poi di aver inoltrato la scheda del dipinto a una società d’investimenti a New York per sondarne l’interesse all’acquisto. Viene anche ventilata un’operazione più ardita. Un modo per mettere a frutto opere del valore di 18 milioni di euro da utilizzare come “collaterali per fare cassa” o per costituire un fondo, vendendo in modo parcellizzato le azioni e generando così un “rendimento mensile”. L’operazione salta perché Sgarbi ha paura a spostare le opere. Laconico il commento della Colle: “Speriamo si riesca a vendere il quadro altrimenti è una rovina”.

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