A Poggio Bustone il museo dedicato a Lucio Battisti: chitarre, lettere, foto inedite e quadri

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E’ a Poggio Bustone il piccolo museo che ricorda Lucio Battisti, nativo del paese in provincia di Rieti.  Ci sono anche le sue prime inseparabili chitarre, insieme alle lettere spedite alla madre, a una collezione di foto inedite, a quadri e altro materiale.

L’idea nasce qualche anno fa, dalla conoscenza con Andrea Barbacane, figlio dell’unica sorella del musicista, Albarita. «Mi sono appassionato alla storia di Lucio – dice il direttore del museo Giuseppe Bonomo – ho chiesto se ci fossero ancora suoi materiali in giro, così mi hanno presentato Andrea». Alfiero, il padre di Lucio, aveva lasciato un compito ai nipoti Andrea e Viviana, perché gli oggetti presenti nella casa romana della famiglia venissero fatti conoscere e svelassero l’anima autentica di un cantautore a volte dipinto come freddo o burbero, ma che invece era tutt’altro”.

Nato a Poggio Bustone il 5 marzo 1943, un giorno dopo Lucio Dalla, l’autore di Emozioni è morto a Milano il 9 settembre 1998. Ricoverato nella clinica San Paolo, è uscito di scena in perfetto silenzio, coerente con il suo carattere schivo, allergico alla ribalta e alle etichette. Certo era impossibile accostarlo ai cantautori “impegnati” dell’epoca, foraggiati dalla straordinaria macchina da guerra del Pci. E questo bastò per affibbiargli l’etichetta di fascista. Che Mogol ha smontato sorridendo in molte occasioni. “Noi cantavamo canzoni d’amore, mentre quella era l’epoca dei cantautori impegnati. Così eravamo diventati fascisti. Chi non scriveva le canzoni politicizzate non valeva niente e diventava fascista, anzi qualunquista. La canzone impegnata parlava di politica, noi raccontavamo la vita”.

«Lucio Battisti detestava i rossi. Il papà fu picchiato dai partigiani davanti a lui».

Su Lucio Battisti e la sua musica la cosa migliore l’ha detta Renzo Arbore: “Battisti fece una vera e propria rivoluzione. Non si ispirò, come qualcuno pensa, alla musica americana e inglese dei suoi tempi, ma cambiò il modo di scrivere le canzoni in Italia, rivoluzionando anche diversi giri armonici, inventando altre combinazioni sonore e un altro modo di incasellare il tutto insieme a Mogol. E tutti noi abbiamo goduto di quella splendida generazione frettolosamente da me personalmente allora chiamata beat…”. Sta in questo passaggio la rivoluzione avviata da Battisti che in qualche modo è paragonabile solo al precedente di Domenico Modugno, il quale introdusse seriamente lo swing nella musica pop italiana.

Battisti andò oltre, fece in Italia quello che avevano fatto i Beatles nel mondo anglosassone. “Un ricciolone timido e scontroso – ha scritto il suo collega più giovane Max Pezzali – ha cambiato per sempre la storia della canzone. L’ha fatto con un mix di soul, funk, rock e melodia per quanto riguarda la musica, e con l’immortalità delle liriche di Mogol per quanto concerne le parole. Fregandosene dell’opinione comune in quel periodo, secondo cui una canzone avrebbe dovuto necessariamente avere argomenti di protesta contro il potere costituito per poter assurgere a una dignità artistica”.

Ma Battisti può ispirare anche letture più “ardite”, a partire dai testi. E’ l’esegesi che fa lo studioso Marco Rossi affrontando le parole delle sue canzoni nelle collaborazioni con Mogol, Velezia e Panella. Arriva in proposito in libreria il suo ‘Volando intorno alla tradizione. Lucio Battisti fra musica ed esoterismo’. (Cinabro Edizioni, pp. 118, euro 16,00, con contributi di Francesco Tricarico e Mario Bortoluzzi), in cui sviluppando studi precedenti, Rossi propone una lettura tradizionalmente e spiritualmente orientata della produzione musicale del cantautore di Poggio Bustone. “Tutti sanno – precisa l’autore – che Lucio Battisti ha sempre scritto la musica delle canzoni; da ciò qualcuno potrebbe conseguentemente concludere che le parole, cioè i testi, siano esclusiva responsabilità letteraria e ideologica di Mogol: ma questa prospettiva però non tiene conto di parecchi decisivi aspetti della questione…”.

Tra questi, va rilevato il fatto che Battisti non è stato certo un artista e una personalità che si poteva adattare a firmare, cantare e incidere cose che non condividesse pienamente. Inoltre, la collaborazione di Mogol e Battisti, che si è protratta per più di quindici anni, era il frutto anche di un autentico rapporto di amicizia e condivisione ideale, di una profonda sintonia culturale e spirituale. “La verità – conclude Rossi – è semplice e chiara per chi non sia avvelenato da pregiudizi: Battisti e Mogol espressero, in modo magistrale, i medesimi contenuti, l’uno attraverso testi poetici, l’altro attraverso la prodigiosa vena creativa musicale”.

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