A tenere banco il dibattito la riforma del premierato e l’eventuale referendum che non sarà «non su di me», precisa il presidente del consiglio, intervistata a “In mezz’ora”. «Non mi fa paura l’idea del referendum e non lo considero e non lo considererò mai un referendum su di me, questo non è un referendum sul presente dell’Italia ma sul futuro», ha affermato Meloni, parlando del possibile referendum dopo la proposta di riforma sul premierato. Alla domanda su cosa intendesse quando ha detto “O la va o la spacca” in riferimento al referendum ha spiegato che «era perché mi hanno chiesto ma “non pensa che possa essere pericoloso perché può portarle dei problemi se la riforma non passa?” Ma chissene importa, se la riforma non passa, vorrà dire che gli italiani non l’avranno condivisa ma da questo a dire se perdo il referendum mi dimetto, no, non ci stiamo capendo». Meloni ha quindi insistito che «io arrivo alla fine dei miei cinque anni e chiederò agli italiani di essere giudicata, quando avrò finito il mio lavoro. Tutto il resto sono speranze della sinistra».
Meloni ha ribadito che il premierato è una riforma che dà il potere ai cittadini di «scegliere da chi farsi governare e questo è un grande elemento di stabilità e non capisco l’opposizione della sinistra a meno che non pensi di non vincere mai più le elezioni…». Intervistata da Monica Maggioni ha ricordato qual è la vulgata che piace al Pd e ai suoi corifei: «Se invece si pensa ‘eh no perché la democrazia va bene ma se vince la sinistra’” non è la mia idea: “una cosa è costituzionale se è di sinistra; la democrazia va bene finché vince la sinistra non è la mia idea di democrazia ma purtroppo è quella che ormai ha la sinistra».
Sul fronte internazionale, «fermo restando che ci sono incognite, ritengo controproducente il racconto allarmante di una Europa sull’orlo di un conflitto ampio, irresponsabile chi alimenta questo racconto» dice ancora Meloni. «La deterrenza è l’unico rimedio, se si parla di via diplomatica è perché finora si è mantenuto equilibrio tra le forze”, ribadisce citando il motto latino ‘se vuoi pace prepara la guerra’. Poi sulle parole di Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, dice: «Credo che bisogna essere prudenti, ma credo pure che sia giusto che la Nato mantenga la sua fermezza».
Sulla questione mediorientale, invece, il premier afferma che «bisogna sempre ricordare chi è il responsabile di questa crisi in partenza. È Hamas che ha scatenato questo conflitto» e «spaventa l’assenza di empatia verso le vittime israeliane». Questo «racconta un antisemitismo latente che sta venendo fuori». Osserva Meloni: «Vedo che Israele rischia di infilarsi nella trappola costruita dai fondamentalisti”, che è «costringere» lo Stato ebraico “a una rappresaglia sul territorio di Gaza molto forte». Per il premier occorre “scongiurare l’ingresso israeliano a Rafah» ed è necessario che Israele «rispetti il diritto internazionale».
Infine, sull’inchiesta ligure, Meloni ha precisato la sua posizione: «Non ho avuto modo di parlare con Giovanni Toti e per me è molto difficile riuscire ad avere un’idea compiuta su questa storia. Quello che posso dirle a monte è che per il futuro mi piacerebbe, non per Giovanni Toti per qualsiasi italiano, che tra quando c’è una richiesta di misure cautelari e quando quella richiesta viene eseguita non passassero mesi perché se c’è il rischio di reiterazione di un reato allora bisogna fermare il rischio, non aspettare mesi e poi farlo in campagna elettorale anche perché tutto questo complica tutta la vicenda». Sulle dimissioni o meno di Giovanni Toti, «io penso – ha risposto Meloni a Monica Maggioni – che solamente Giovanni Toti oggi sia nella posizione di dare una risposta a questa domanda perché solo lui conosce la verità e siccome io l’ho conosciuto per essere una persona che ha avuto a cuore la sua regione e i suoi cittadini penso che lui sia nella posizione di valutare cosa sia meglio per i cittadini della regione. Io finché non ho tutti gli elementi non posso dare una risposta seria a questa domanda».