Secondo l’Europa, l’Italia non ha recepito le indicazioni sull’eliminazione della plastica monouso in maniera corretta. È dal 3 luglio del 2021 che piatti, posate, cannucce, stick per palloncini e bastoncini di cotone non possono più circolare nel mercato europeo e l’Italia si è adeguata presto a rispettare le decisioni prese a Bruxelles, ma a quanto pare non basta.
Più dell’80% dei rifiuti trovati in mare sono di plastica e nello specifico, rientrano nelle categorie di prodotti sopracitate. A queste, si aggiungono anche dispositivi igienici, salviette e packaging di ogni sorta. Ecco il problema italiano: siamo leader mondiali nella produzione ed esportazione di plastica da packaging. Rispettare a pieno le direttive europee, puntando al riciclo e, possibilmente, ad un connubio di acquisto sfuso e riutilizzo di materiale da imballaggio, intaccherebbe la prestigiosa “packaging valley” emiliana, un settore da 6 miliardi di euro l’anno e 22 mila posti di lavoro in 222 aziende diverse.
Sono le dichiarazioni dell’assessore allo sviluppo economico dell’Emilia Romagna Vincenzo Colla, in risposta alle recenti modifiche della norma del 2021: riutilizzo prima del riciclo, senza minimamente tenere in considerazione nuovi tipi di plastica, non importa quanto sostenibile sia il processo di produzione o biodegradabile la sua composizione. Colla ci tiene infatti a sottolineare come il settore italiano, più di ogni altro competitor mondiale, stia investendo in ricerca e nuove tecnologie per conciliare industria e salvaguardia ambientale.
Ad ogni modo, Bruxelles ha inviato una lettera di costituzione in mora a Roma, avviando ufficialmente una procedura di infrazione contro l’Italia, che non avrebbe rispettato le norme previste. Hanno concesso due mesi per inviare una risposta concreta alla commissione la quale, se non si riterrà soddisfatta delle spiegazioni fornite, procederà oltre nell’iter legale.