“Milano è in mano alla ‘ndrangheta”: è l’allarme lanciato dal procuratore capo di Napoli Nicola Gratteri nel corso del suo intervento al convegno tenutosi presso il Palazzo di Giustizia di Palermo, organizzato dalla Scuola Superiore della Magistratura, dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, nell’ambito del Programma Falcone Borsellino del ministero degli Affari Esteri. La malavita calabrese controllerebbe i supermercati e i locali più popolari del centro del capoluogo lombardo.
Che la malavita organizzata, con le radici nel Sud Italia, abbia esteso la propria influenza al di fuori dei confini regionali, diffondendo la proprio influenza nell’Italia intera e al di là dei confini nazionali, non è una novità.
Tuttavia, il suo potere viene spesso sottovalutato. È il procuratore capo di Napoli Nicola Gratteri a lanciare l’allarme, sottolineando come: “Oggi noi abbiamo tutti i supermercati nella cintura milanese che sono in mano alla ‘ndrangheta della Jonica”.
Gratteri svela i legami con la criminalità delle più grandi catene di alimentari della Lombardia, indicando la mano della ‘ndrangheta anche in “tutti i locali pubblici di divertimento del centro di Milano, dove vanno calciatori e attori”.
Anche le discoteche, i pub, i bar e i ristoranti più popolari e ben frequentati del capoluogo lombardo “sono in mano alla ‘ndrangheta”.
Ad agevolare l’infiltrazione della ‘ndrangheta calabrese nell’imprenditoria del nord Italia, rivela Gratteri, sarebbero state anche le strategie, attuate nel corso degli anni da magistratura e Commissione Antimafia.
“Ma anche Procure importanti del Nord Italia – ha affermato il procuratore – hanno fatto una strategia dicendo che non erano importanti le indagini di droga”.
Se la ‘ndrangheta detiene il controllo di supermercati e locali pubblici, infatti, è per la propria attività di riciclaggio del denaro ottenuto tramite la compravendita di stupefacenti dal Sud America.
Sottovalutare lo spaccio, spiega Gratteri durante il convegno ‘Le rotte e logiche del traffico internazionale di stupefacenti e le evoluzioni della criminalità organizzata transnazionale’, ha fatto sì che a Milano, negli ultimi 7 anni, “sono diminuiti del 70% i sequestri e gli arresti per droga”.
Allo stesso tempo, si sono interrotte “le indagini per il 74 Dpr 309/90”. Ovvero l’articolo del codice penale che contrasta il narcotraffico e punisce il reato di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti.
Il procuratore di Napoli Nicola Gratteri lancia l’allarme anche sul sistema carcerario italiano, parlando apertamente di “fallimento”. Un quadro “allarmante”, con i boss mafiosi che organizzano telefonate collettive da carcere a carcere, evidenziato dall’elevato numero di cellulari attivi nei penitenziari italiani.
In una intervista alla Stampa il procuratore di Napoli Nicola Gratteri fa un quadro allarmante del sistema penitenziario italiano, parlando in particolar modo dell’alto numero di telefoni cellulari usati abitualmente da boss mafiosi e criminali detenuti in carcere.
Nel 2023 sono stati trovati e sequestrati più di duemila telefoni nelle celle delle carceri italiane. Ma è solo la punta dell’iceberg: mediamente, sostiene Gratteri, in ogni carcere italiano ci sono un centinaio di telefonini attivi in ogni momento.
Ci sono detenuti di mafia, aggiunge il magistrato, che “organizzano incontri telefonici, anche collettivi e finanche tra carcere e carcere“.
In carcere entra di tutto, droga compresa, anche in grandi quantità. “Il traffico di sostanze stupefacenti dentro i penitenziari è diventato un vero e proprio business“, afferma Gratteri.
“È più facile oggi – spiega – gestire una piazza di spaccio in carcere, dove i detenuti di spessore hanno a disposizione una nutrita manovalanza di detenuti di minore levatura per la gestione, che in una singola città ove le rivalità tra clan ne riduce la loro potenzialità”.
Il magistrato calabrese, titolare di numerose inchieste contro la ‘ndrangheta quando era procuratore a Reggio Calabria, parla di “fallimento” del sistema carcerario italiano.
Perché i capimafia e i boss mafiosi, pur se inseriti nel circuito dell’Alta Sicurezza, riescono comunque a mantenere i rapporti con l’esterno, dare ordini e organizzare reati. E accrescere in questo modo il loro prestigio criminale, perché lo fanno da dietro le sbarre, in barba allo Stato.
Secondo Gratteri gli attuali strumenti per combattere il fenomeno non sono sufficienti. Ad esempio per quanto riguarda i telefonini propone l’uso dei jammer, in grado di bloccare i segnali dei cellulari.