Italia sanitaria spaccata in due, tra Nord e Sud

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L’Italia da un punto di vista della sanità appare sempre più divisa in due, Nord e Sud. Se nel primo caso troviamo infatti ospedali e strutture sanitarie all’avanguardia, con medici motivati e competenti, nel secondo ci si trova spesso di fronte a strutture fatiscenti o assenti, con il personale medico che risulta essere insufficiente e sobbarcato da una grande mole di lavoro. A conferma di quanto detto è arrivato anche il report Quality of life in European cities realizzato dalla Commissione europea con il contributo di Istat per evidenziare la qualità della vita di 85 città dell’Ue. In Italia il divario tra i dati delle città del Nord e del Sud è netto, specie in tema di Sanità.

Uno degli aspetti del report della Commissione europea sulla qualità della vita nelle 85 città Ue interessa il livello di soddisfazione che i cittadini hanno nei confronti delle strutture sanitarie del loro territorio. Guardando il grafico riassuntivo dei dati emerge chiaramente con nella parte Settentrionale dell’Italia vi siano città che hanno delle percentuali di soddisfazioni paragonabili a quelli dell’Europa del Nord (fascia compresa tra il 75 e l’83 per cento), ovvero Bologna e Verona, così come che vi siano delle altre città dell’area in cui i servizi sanitari vengano giudicati soddisfacenti da fette della popolazione comprese tra il 64 e il 75 per cento (Torino).

Al Sud d’Italia la soddisfazione espressa dai cittadini in relazione alle strutture sanitarie locali cambia drasticamente rispetto ai buoni risultati conseguiti dalle città del Nord d’Italia. Napoli e Palermo, ad esempio, conseguono delle soglie di soddisfazione da parte dei loro cittadini molto simili a quelle che vengono espresse da cittadini dell’Europa dell’Est (valori registrati inferiori al 47 per cento). Va un po’ meglio a Roma, anche se il dato si conferma essere inferiore rispetto a quello delle città del Nord d’Italia e d’Europa. I dati della Capitale italiana sono in linea con quelli registrati in alcune città degli Stati dell’Europa dell’Est e della penisola Iberica, con la soglia di apprezzamento che oscilla in questo caso tra il 47 e

Il Pd ha preferito ripetere in campagna elettorale il mantra truffaldino sulla sanità allo sfascio (ma quando erano al governo loro per la sanità che hanno fatto?). Poi hanno scelto di evitare di parlare di Europa perché loro vogliono che l’Ue resti sui binari già percorsi fino ad oggi: un super-Stato burocrate che si occupa della misura delle zucchine allontanando sempre di più i cittadini dei Paesi membri ma che non ha una voce unica se c’è una guerra alle porte. Logica conseguenza: a sinistra non si parla di Europa ma si accusa il governo Meloni sulla sanità. Scoprendo che le liste d’attesa per gli esami diagnostici durano mesi o addirittura anni.

Il governo ha fatto un primo passo, con grande attenzione a non sforare sui costi. E proprio a questo si è attaccata in prima battuta l’opposizione. “Non ci sono i soldi”, è stata l’obiezione iniziale. E invece i soldi sono stati trovati, con l’aumento del tetto di spesa per le assunzioni di medici e infermieri dal 10 al 15% nel 2024 e la sua abolizione nel 2025. Per quanto riguarda le liste d’attesa il cittadino se non trova disponibile la prestazione in un centro pubblico potrà rivolgersi a un centro privato convenzionato pagando solo il ticket. E qui è scattata la seconda obiezione: il governo – hanno detto a sinistra – fa guadagnare i privati. Ma loro che cosa propongono, lagne a parte?

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