EUROPEE 2024 : il lato nascosto delle urne con trionfi filorussi

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Queste europee 2024 sono state elezioni creative. Ogni leader di partito ha creato nella lista  un personaggio che sia un portatore di voti.  L’Alleanza verdi sinistra si è inventata le candidature di Ilaria Salis e Mimmo Lucano. Matteo Salvini si è inventato il generale Vannacci: anche in questo caso l’operazione è riuscita perché il successo del militare ha funzionato, portando in dote alla Lega 500mila preferenze. Giorgia Meloni ha inventato la polarizzazione con Schlein, designando Elly ad avversaria privilegiata. La segretaria del Pd non chiedeva di meglio.

Antonio Tajani e Forza Italia si sono inventati la matrioska del voto: nella pancia degli azzurri c’era un altro partito, Noi moderati, e poi un altro, la Südtiroler Volkspartei in Alto Adige, e un altro ancora, i Riformatori sardi. E poi hanno stretto accordi al Sud per prendersi Sicilia e Calabria.

Giuseppe Conte non aveva assi nella manica, e nemmeno scartine, ed è sprofondato sotto il 10%.

Tutti parlano del trionfo di Giorgia Meloni, che è stata tra i pochissimi capi di Stato e di governo dei 27 a vincere le europee a differenza – per fare un paio di nomi – del francese Macron e del tedesco Scholz.

Il Cremlino per i risultati in Germania e Francia gioisce. L’avanzata di due forze ‘amiche’  come AfD e lepenisti sembrano giustificare l’esultanza russa. «Macron e Scholz sono aggrappati al potere con tutte le forze», dice l’ex presidente della Duma Vyacheslav Volodin: «Dovrebbero dimettersi e smettere di prendere in giro i loro cittadini, vittime del ristagno dell’economia, della crisi migratoria e coinvolti nella guerra in Ucraina, contraria ai loro interessi». «Non rispettabili Macron e Scholz, avete visto i risultati?», ironizza l’ex presidente Dmitry Medvedev. «Frutto della vostra inetta politica, dei vostri idioti provvedimenti economici e della vostra politica di immigrazione». Su toni analoghi le fonti ufficiali. «I partiti ostili alle sanzioni contro la Russia vincono le elezioni europee» era il titolo sul sito di Rt, diretta emanazione statale. Meno trionfale l’agenzia Tass: «I cittadini europei si sono espressi contro le politiche di Bruxelles, ma non saranno ascoltati» visto che sotto Ursula von der Leyen continueranno «misure impopolari» come le sanzioni e la procedura d’accesso dell’Ucraina alla Ue.

Da considerare che la vittoria di molti partiti filo-russi potrebbe non tradursi in conseguenze concrete, visto che in Germania, per esempio, alla sconfitta di Olaf Scholz corrisponde il rafforzamento della Cdu-Csu, grande favorita alle prossime elezioni politiche, che potrebbe rivelarsi molto più anti-russa della Spd, caratterizzata da rapporti spesso ambigui con gli ex compagni sovietici.

In Italia, il successo di una Giorgia Meloni atlantista e l’incertezza di due forze meno decise nell’appoggio all’Ucraina, come Lega e Grillini, non possono essere considerate per Mosca un successo. Si può dire lo stesso in Polonia: le due forze maggiori, Pis e Coalizione Civica, sono risolutamente anti-russe, anche se fa per la prima volta fa capolino a Bruxelles un partito più favorevole a Mosca, animatore delle proteste anti-ucraine, Konfederacja, con il 12%.

Tornando alla Meloni,  da notare che  ha perso 600mila voti rispetto al 2022, mentre la Schlein ne ha guadagnati 400mila. Senza il valore aggiunto della Meloni, oggi vedremmo FdI probabilmente quasi appaiato al Pd. Lo scrutinio, infatti, ha mostrato un altro elemento silenziato dai più: ovvero che nel Pd, per esempio, non ci sono differenze abissali tra le preferenze raccolte dagli eletti, perché la Schlein ha potuto candidare personalità forti e radicate nei rispettivi territori come Decaro in Puglia o Nardella a Firenze. Invece dietro la Meloni c’è un grande stacco dal resto di FdI. Infine c’è un altro grattacapo per la premier, ampiamente analizzato in queste ore: la stanza dei bottoni. L’amore di von der Leyen va innanzitutto a socialisti e liberali, altri compagni di strada saranno valutati caso per caso, veti reciproci permettendo.

Tra l’altro è  palesata la possibilità di cambiare gli equilibri del Governo  con un bel rimpasto per contare di più e ridimensionare gli alleati, in primis la Lega – in coalizione con la Le Pen e ostracizzata da von der Leyen, ma come noto un rimpasto di governo è sempre stato escluso dalla premier.

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