Giorgia Meloni ci mette un attimo a capire che la notizia del passaggio prima inserito e poi cancellato sull’aborto nella dichiarazione finale del G7 arriva dai suoi avversari. Uno sgambetto diplomatico. Un segnale fragoroso, recapitato da Parigi e Berlino, che anticipa la battaglia delle prossime settimane.
Meloni e Le Pen si sono sentite telefonicamente valutando ogni possibilità che possa spingerle a centrare i propri obiettivi che possano terremotare la macchina europeista che – forte del blocco tra popolari e socialisti – corre in queste ore velocemente verso il tentativo di blindare il bis di Ursula von der Leyen. Meloni, creando una piattaforma con i lepenisti mette una pressione alla der Leyen per ottenere, per male che vada, un portafoglio di peso che vorrebbe affidare ad Elisabetta Belloni. Ma, al tempo stesso, vorrebbe “congelare” la candidatura di von der Leyen, attendendo l’eventuale vittoria dei lepenisti per imporre al vertice della Commissione un nome diverso, magari quello di Antonio Tajani. In questo schema, però, contano soprattutto i tempi. Le due leader hanno infatti bisogno di far slittare l’accordo su Ursula nel Consiglio europeo di fine giugno, convocandone uno straordinario dopo le legislative in Francia: l’8 o il 12 luglio, subito prima o immediatamente dopo il vertice Nato del 9-11 luglio a Washington.
Ma, se la presidente del Consiglio sceglie davvero il doppio forno con Marine Le Pen, provando a scardinare la maggioranza Ursula, allora la reazione delle altre Cancellerie continentali sarà durissima.
Bisogna spostarsi nel quartier generale di Ecr dove, silenziosamente, i meloniani stanno costruendo l’alternativa, su indicazione della premier. Meloni vuole giocare, come detto, su due tavoli. E ad uno dei due siede assieme a Marine Le Pen. Nelle ultime ore, i suoi emissari a Bruxelles – Nicola Procaccini, e Antonio Giordano – hanno iniziato una serrata trattativa con gli ambasciatori lepenisti. Discutono e limano i dettagli di una bozza di accordo programmatico ideale che tenga assieme Ecr e Identità e democrazia. Di fatto, un’agenda di tre o quattro punti su cui far convergere destra conservatrice ed estrema destra. In questa lista ci sono i dossier dell’immigrazione, dell’energia, lotta al green deal e un impegno conservatore in temi di diritti.
La premier si è trovata faccia a faccia con i leader europei tracciando con Macron, Scholz, von der Leyen e Charles Michel la linea derivante dal dossier della prossima Commissione. Con i quattro, poi, Meloni ha progettato anche incontri bilaterali, in quella che si preannuncia come l’avvio della trattativa vera e propria. La problematica è senza dubbio legata alla gestione di tempi affinché possano far slittare, come detto prima, l’accordo su Ursula nel Consiglio europeo di fine giugno, convocandone uno straordinario dopo le legislative in Francia: l’8 o il 12 luglio, subito prima o immediatamente dopo il vertice Nato del 9-11 luglio a Washington.
Cosa non facile imporre la frenata sui tempi. Il Cancelliere tedesco non sembra intenzionato ad accettarla, von der Leyen ha tutto l’interesse a stringere i tempi. E poi, la presidente del Consiglio deve fare i conti anche con un’altra difficoltà, in questa rincorsa all’estrema destra francese: Joe Biden. Per gli Stati Uniti, l’evoluzione filo atlantista e anti russa di Marine Le Pen non è così evidente, né lineare. Il sostegno a Kiev è per Washington una necessità strategica imprescindibile e l’opzione dei lepenisti al potere non lascia sereni. Non è escluso che Biden, faccia a faccia con la presidente del Consiglio, le consigli vivamente di lasciare perdere ogni possibilità di incontri strategici con la Le Pen.
Al G7 l’aborto c’è, ma non si vede. E l’assenza della parola dalla bozza della dichiarazione finale scontenta Emmanuel Macron, che lo dice apertamente. Del resto era stata proprio la Francia a irritarsi per il mancato riferimento all’interruzione volontaria di gravidanza nella dichiarazione finale dei grandi della terra, in giornata la questione ha tenuto banco tra gli sherpa. Al momento è stato raggiunto un compromesso: quando manca ancora più di un giorno alla presentazione del documento finale, nella bozza c’è solo un riferimento alla tutela dei diritti riproduttivi della donna. Una definizione vaga, molto meno estesa di quella che avevano proposto Francia e Canada, che si presta a varie interpretazioni. E che, evidentemente, non mette in imbarazzo il governo italiano – che avrebbe voluto eliminare ogni riferimento al tema – ma non scontenta neanche gli Stati Uniti. Macron dice: “Mi dispiace, conoscete la posizione della Francia che ha inserito il diritto all’aborto nella Costituzione. Non è la stessa sensibilità che c’è nel vostro Paese. La Francia condivide una visione di uguaglianza tra uomo e donna, non è una visione condivisa da tutto lo spettro politico. Mi dispiace ma lo rispetto perché è stata la scelta sovrana del vostro popolo”. Parole non tenere, ma piuttosto dure, che potrebbero portare fuoco nei rapporti tra i due Paesi.
Il pensiero di Joe Biden in merito è stato espresso dal consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan: “Il presidente parla sempre di diritti umani, lo fa con tutti gli interlocutori e non mi aspetto che sia diverso nei prossimi due giorni. Il presidente non cambia il suo messaggio in base all’interlocutore e niente di tutto questo cambierà oggi”. Parole, queste, da tenere in conto. La bozza attuale della dichiarazione, per quanto non menzioni il termine, non cancella il tema: “Reiteriamo i nostri impegni espressi nel comunicato finale del G7 di Hiroshima per un accesso universale, adeguato e sostenibile ai servizi sanitari per le donne, compresi i diritti alla riproduzione”, si legge, al momento. La dichiarazione di Hiroshima faceva un riferimento esplicito al diritto all’aborto e alle cure post aborto. Verso sera sono le stesse fonti italiane ad ammettere che la parola aborto nella bozza non c’è. “C’è un esplicito riferimento – spiegano – un paragrafo rilevante, agli impegni assunti a Hiroshima, che quindi vengono tutti riconfermati. È del tutto evidente che quando si fa una nuova dichiarazione non si copia quello che è stato fatto l’altra volta perché si cerca di mettere le novità, le cose aggiuntive”. Quindi “non si troverà la parola ‘aborto’ perché è nella parte che viene richiamata”. Il riferimento, in pratica, sarebbe implicito.
Ma perché il governo si è impuntato sull’aborto? Probabilmente la presenza del Papa – che sarà al G7 per parlare di intelligenza artificiale – ha suggerito questa forma di prudenza. Lo conferma il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida: “Non so se a un G7 a cui partecipa anche il Papa fosse opportuno, se hanno scelto di non metterlo ci sarà un perché e una ragione più che condivisibile”, ha dichiarato, suscitando le proteste dell’opposizione. “Non ce ne facciamo nulla di una premier donna che non difende i diritti di tutte le altre donne di questo Paese. Una vergogna nazionale, chiedano scusa al Paese”, ha dichiarato Elly Schlein. Giorgia Meloni ha sempre detto di non voler toccare il diritto all’aborto, ma di voler “applicare bene la legge 194”. “Vogliamo – ha detto la premier, dare alle donne il diritto a non abortire, ad esempio per motivi economici”. La ministra per la Natalità, inoltre, ha invece più volte sostenuto che l’aborto non sia un diritto. E la scarsa apertura del governo rispetto all’interruzione di gravidanza è stata ribadita dalla norma che consente ai pro vita di accedere nei consultori. Misure, queste, che contrastano anche con il pensiero di molti degli elettori di centrodestra. Secondo un sondaggio commissionato dall’associazione Luca Coscioni a Swg, secondo il 62% di chi vota Fratelli d’Italia, il 61% di chi sceglie Lega e il 78% di chi vota Forza Italia l’accesso alla interruzione volontaria della gravidanza è da migliorare, anche per garantire autodeterminazione delle donne. Opinioni, queste, che a Borgo Egnazia non sono entrate