Europa e l’effetto che fa la svolta a destra

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Se il Parlamento europeo  viaggerà con la maggioranza Ursula, trainata i da popolari e socialisti, è indubbio che qualcosa bisognerà concedere alle forze emergenti dell’ultradestra ed è altrettanto scontato che a cambiare saranno soprattutto gli equilibri all’interno del Consiglio europeo. È qui che i capi di governo prendono le decisioni più importanti in tema di fisco, bilancio, sicurezza, protezione sociale e politica estera. Al vento conservatore è necessario dare retta visto che risulteranno assenti le   teste di Emmanuel Macron e Olaf Scholz, mentre il verbo è stato sposato da Italia, Olanda, Ungheria e pare a breve anche da Austria e Belgio – allora è chiaro che viene meno anche la disponibilità di ciascun governo a concedere agli altri Stati membri ulteriore debito pubblico sovranazionale, come è stato per il Next Generation Eu e quindi per il Pnrr italiano. Scholz non farà sconti allo sforamento di bilancio della Francia, perché in casa propria ha da render conto ai post nazisti dell’Alternative für Deutschland; il belga Geert Wilders dirà «no» alle richieste di ammorbidire i vincoli che verranno da Giorgia Meloni e dalla sovra-indebitata Italia. Da non dimenticare  che Wilders aveva accolto il Next Generation Eu con il cartello: «Non un centesimo all’Italia».

L’Italia, assieme alla Francia, è destinata a entrare in procedura per deficit eccessivo, essendo i conti pubblici fuori norma e a settembre il Paese dovrà presentare un piano di risanamento serio, cioè dovrà trovare non meno di 10 miliardi l’anno per abbattere il debito. In questo caso ci sono solo due possibilità: alzare le tasse o tagliare la spesa, visto che altre variabili non sono contemplate dal nuovo Patto di Stabilità.

Se in autunno l’Italia non si atterrà alla legge di bilancio restrittiva, la Banca centrale europea non darà più l’attuale copertura al debito italiano. E questo potrebbe interrompere la lunga luna di miele con i mercati finanziari.

Quel che è certo è che queste elezioni non renderanno la lotta alla crisi climatica meno essenziale per le sorti del pianeta e dell’umanità. «Giuridicamente non è possibile tornare indietro su trattati già siglati, come nel caso del Green Deal, e non è possibile neppure ridiscuterne i contenuti. È però possibile dilatare i tempi di attuazione, ad esempio ritardando la messa al bando del motore a scoppio», spiega Alfredo Luis Somoza, docente di Scienze politiche all’Università Cattolica di Milano, che prosegue: «A differenza delle passate tornate elettorali europee, stavolta non è entrata in Parlamento una forza contraria al progetto Europa in sé, bensì una forza ondivaga, con piani non ben definiti, che intende rallentare la transizione ecologica fin qui apparecchiata attraverso deroghe e proroghe. Non mi attendo una rivoluzione a Bruxelles, bensì una Commissione rallentata e parlamentari pronti a difendere più l’interesse di singoli Paesi che quello collettivo. Ma la dipendenza europea dall’importazione di materie prime e dalle esportazioni è tale da compromettere seriamente la crescita economica dell’intera eurozona», osserva Somoza.

Scrive lo statistico Salvatore Morelli nel libro “Quale Europa” del Forum Disuguaglianze Diversità, edito da Donzelli: «Dalla metà degli anni Novanta la quota di ricchezza netta detenuta dall’uno per cento degli individui più ricchi è aumentata considerevolmente in quasi tutti i Paesi. Allo stesso modo, la quota di ricchezza del 50 per cento più povero si è ridotta in modo vistoso». E l’economista Elena Granaglia ricorda che «saranno questo Parlamento e la relativa Commissione a dover contrastare le tante disuguaglianze inique (personali, territoriali, di riconoscimento e di voce) e la povertà ereditate dal passato. Avere una base di condizioni di vita dignitose è importante in sé ed è indispensabile ai fini della sostenibilità politica dell’Ue e della vita democratica». Un augurio  per chi dovrà guidare l’Europa

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